I Quando i due lumi in voi fiso drizzai I donna bella e gentil, foste il Sol mio, e I'aer fu I'imaginar con ch'io luce e sembianza dentro al cor tirai. 5 E il reflesso de' possenti rai cosi\ infiammommi il gia\ mosso desio, che tutti altri pensier posti in oblio, la mente e I'esca in foco e amor lasciai. Da questo incendio a voi dritta se', venne 10 e in voi poso\ I'alma levata a volo, ne/ sa piu\ ritornar, ch'arso ha le penne. Or morto dal piacer ch'a morte involo spero, s'al vostro il mio valor convenne, ch'alfin due vite avro\ da un morir solo. II Se I'alma mia quando la tesi a voi 2 arse le penne in cosi\ bell'oggetto, come mai piu\ mi tornera\ nel petto? Madonna i' ve la die\ perche\ I'aveste, 5 pensando che s'io fossi a voi si\ grato che la vostra mi deste, i' diverrei beato. Ne/ il mio primo morir mi parra\ grave se dopo un duro stato, 10 viver due vite fia tanto soave. Pero\ ch'io dentro a voi saro\ perfetto e voi sarete in me sommo diletto. III Se il viso e gli atti e le parole e i guardi 3 son di donna gentil segno verace, s'Amor in cor gentil ne/ in altro giace e vi e\, pero\ che sorge o tosto o tardi; 5 se forza e\ al fin ch'ancor s'infiammi e tardi quanto piu\ puo\ chi I'alma altrui disface, voi di spirto real, voi la mia face, non sentirete gli amorosi dardi? Forse che no, parendo a voi che poco 10 agli occhi vostri mia virtu\ risplenda, si\ ch'io svegliar in voi non possa il foco. Ma s'io non son, se me da voi non prenda, che in me non e\ ne/ vigor ne/ loco, vostra virtu\ non mia, di me v'accenda. IV So che mi dite, se in non pari amanti 4 vero amor non si trova, -- -verso me saettar sospiri tanti misero che ti giova?-- 5 Ma so ben anco chi donar si vanti cio\ che sorte e natura e il ciel dispensa. E perche/ ~mor e\ quei che ricompensa I'una con I'altra parte, e mentre le comparte, 10 pur che il piu\ basso il segua, da si\ di se/, che i diseguali adegua, ricorro a voi che sete Amore istesso. E s'ho tanto di voi ch'a voi m'appresso, giusto e\ giungere il vostro al mio desiro, 15 e se giungere desiro ai vostri i miei soggiorni, giusto e\ ch'a voi quel ch'e\ di voi ritorni. V Non come a me vo che a me gli occhi alzate ma come a voi, perch'io di voi pasco il desio. Non pur voi sete il fin di quel ch'io bramo, 5 ma perche/ io bramar possa con speranza, ne/ la vostra sembianza m'affigo si\ che intieramente I'amo. E il bel ch'a sue belta\ mai sempre avanza al mio imperfetto chiamo. 10 E se il calor d'una scintilla n'aggio ritratto il cor dal natural viaggio, voi sol tanto desio che me pongo in oblio. Poi che d'ogni pensier torbido e basso 15 I'anima e\ sgombra e in parte v'assimiglia, si purga e si consiglia se da se/ debbia a voi torcere il passo, 6 e ardimento al transformarsi piglia. Qui convien s'in voi passo, 20 che me per esser voi,da me disciolga. E s'averra\ giamai ch'Amor vi colga, mentre che a voi m'invio vostro e\ I'amor, non mio. VI Altra luce non ho che i lumi cari, 7 con che voi donna fate ch'io il meglio del miglior descerna e impari. Da divina beltate 5 vengon quei lumi chiari, senza cui non potrei sguardi girar se non turbati e rei, a zi essendomi avari de la grazia di lor cieco sarei. 10 Non veggo io no, vostri son gli occhi miei. L'angelica armonia che da le rote de le parole v esce, mi tien d'ogn'altro suon I'orecchie vote. E con tal forza cresce, 15 che i pensier mi percuote in guisa ch'io ritengo la rimembranza sua, che mai non spengo. E sentendo altrui note, per ben sentirle a voi sola ne vengo. 20 Non odo io no, vostro e\ I'udir ch'io tengo. Mi detta il cor quanto ho da voi compreso, poi che di voi m'avete col riguardar e ragionar si\ acceso, che solo quel che sete, 25 quel da me vien inteso, ne/ cosa alcuna fia ch'atta a farmi piegar la lingua sia. La qual da I'alto impreso fermo concetto mai non si desvia. 30 Non parlo io no, vostra e\ la voce mia. ' Pero\ se da voi nasce cio\ ch'io veggo, odo, e parlo, e prima e poi, s'io vi dispiaccio, voi non piace a voi. VII Alma leggiadra e bella, 9 che di te I'opre adempi e gli intelletti, in me riguarda i visi tuoi perfetti. Vedi quanto splendor di te si sparga, 5 quanto io dentro e di fuor prender ne soglia. Vedi si come tua virtute e voglia, con tutto che s'allarga, in me si pieghi e accoglia. Mira che a te me percotendo riede 10 la tua belta\,qual voce che rimande gli ultimi accenti quando I'aria fiede. Mira ch'ella ver te si volta e spande e meco t inamora. Se veder vuoi talora 15 miei no, ma tuoi, ma gloriosi aspetti, te, che vorrai te sempre, in me refletti. VIII Veggo madonna, e la mia forza miro, 10 quella m'adesca, e m'ammonisce questa. Di la\ col sangue acceso ardir si desta, di qua tutto m'agghiaccio e il pie/ ritiro. 5 Cosi\ tra sproni e fren mi scoto e giro, a un tempo il cor va inanzi e adietro resta. E scarsa la virtu\, la voglia e\ presta, e mentre spero e temo, ardo e sospiro. In tanto ecco il desio pronto e vivace, 10 che lo spirto d'amor punge e lusinga. Tal che ragion non che vilta\ soggiace. Ma non fia gia\, che in vano ei mi sospinga, se la belta\ de' pensier miei rapace, di se/ tanto mi dia,ch'a se/ mi stringa. IX Benche/ colei che con virtu\ mi scorge Il dal volgo e dal profondo, tanta baldanza a la mia voglia porge, che d'ogni grave pondo 5 si disgombra e risorge, pur la memoria de I'usato incarco fa che quando ella e\ al varco, ove aprir penso il petto al mio conforto, se'n vada col pie/ parco 10 e faticoso e torto; come ch'addosso aver I'antica salma si creda ancorche le soggioghi I'alma. Ma io mi fo gran torto non essendomi accorto, 15 che la mia forza estende Amor che da I'amato amor apprende. X Tempo saria ch'a la mia donna gissi 12 per dispiegarle omai gli alti volumi, in che con penne di pensiero affissi cio\ che mai lessi e scrissi 5 ne' suoi leggiadri lumi. Debb'io girmene pria che mi consumi, o consumarmi con speranza verde, che in un punto si perde a un suo disdegno piu\ che morte oscuro? 10 Che tardi piu\, che fai? Vattene via sicuro, che poi teco I'hai verra\, che s'ella in te se stessa miri, te seco per aver se stessa tiri. XI Sento gelar tutte le parti estreme 13 e di stupor colmarsi le palpebre. Sento il fiato racceso e angustie crebre in tuon, che invece di parole geme. 5 Sento che manca al refriggerio speme e cresce angoscia al giorno mio funebre. Sento al vostro apparir I'antica febre con che amor ne' miei polsi, e bolle,e freme. Vien questo ardor da quella chiara lampa 10 che piove/ giu\ dal piu\ superno chiostro in que' begli occhi onde il mio core avampa. o del lume del mondo unico mostro, se del mio incendio voi sete la stampa, arder debb'io,non voi del foco vostro? XII Perche/ tanto temer pria ch'i' la vegga? 14 S'or I'alma non e\ forte che sara\ poi vicina a la mia morte? Morte non gia\, ma vita 5 fia tutto quel,che mi verra\ da lei, si\ che pur dovrei ricovrar la virtu\ del cor smarrita e vestirmi oramai di tale aita, che le mie fide scorte, 10 che meco han da vegghiar, non fosser morte. XIII Benche/ di voi gran parte aver mi fidi, 15 non perche/ voi le abbiate in me cosparse, - che cosi dolce foco mai non m arse ma perche/ v'ebbi in cor,da ch'io vi vidi; 5 se pero\ veggo qual amor s'annidi in quelle luci, e di ch'onor sian sparse, e che vi parlo, son le voci scarse, ancor che dentro al petto i' frema e gridi. La divina belta\, ch'in voi lampeggia, 10 dinanzi al pigro ingegno mio che langue e\ quasi ardente face a un debil gelo. Onde s'io penso alzar tal peso al cielo, temendo che travia cader i' deggia, con la parola mi s'agghiaccia il sangue. XIV Poi ch'io son giunto al vostro almo conspetto 16 per narrarvi I'istoria del mio caso, nel cor sfavillo, e balza il cor nel petto, e scoperta I'altezza del soggetto, 5 che la mente ricusa, I'impeto de I'ardir tronco e\ rimaso. Lo spirto che vien spinto da la fiamna, che il caccia, trova fredda la lingua e la via chiusa 10 per la tema che il foco asconde e agghiaccia. E a la fin e si vinto che resta nel formar la voce estinto. XV De la belta\,che gli occhi abbatte e lega, 17 de la virtu\ che il contemplarla avanza, e de la sola d'ogni ben sembianza, la voce a voi per ragionar si piega. 5 Ma il passo nova intenzion le niega, che insieme il voler dir ch'e\ in me costanza, fede, gioia, dolor, dubbio e speranza, la lingua intrica si\,che non si spiega. Gia\ ne la tema mi perde I'inopia. 10 Or vuol Fortuna che il desio mi sorga tanto, che sol m'abbia a smarrir la copia. Vari concetti la mia mente ingorga, e se qualche parola a i sensi appropia, qualche sospir ma non parole sgorga. XVI Quanto laudare e riverir vi deggia, 18 e quanto si richeggia a I'alma mia diventar preda vostra, da voi chiaro nel viso si dimostra, 5 in cui forza e\ ch'io veggia dolcezza e maesta\ cosi\ congiunte, che quanto I'una mi promette pace, tanto I'altra mi sface. Il cor salito da diverse punte 10 maraviglie, scongiuri, e prieghi, e festa, e ramarico desta. E se'I desio di favellar mi tocca, a pena apro la bocca, che questo e quell'affetto inanzi corre 15 e ne/ questo ne/ quel si puo\ disciorre. Cosi\ ogni accento aggroppasi e trabocca e in pezzi alfin precipitato scocca. XVII O quante volte questa voce ho tesa 19 per ferirvi quell'alma ch'ha de la mia la palma! O quante volte al primo assalto e\ resa! 5 Mentre I'elezion resta sospesa e studio in arme assai vassene il tempo, e per esser a tempo benche/ standomi in forse entro I'impresa e vario si\ nel cominciar che manco, 10 pero\ che ne la voglia forte e impigra ma di partito alcun non provist'anco trovo la lingua disarmata e pigra. XVIII L'affetto che vorria ch'io fossi voi 20 non contento che in voi le luci porga, e che pcr gli occhi dentro al cor vi scorga, affanna frettoloso i moti suoi. 5 E ben che Amore e servitu\ fan poi che del dovervi riverir s'accorga, non e\ pero\ che piu\ che mai sorga, ond'io tremo, e confusi siam tra noi. In questa passion si perde il senso, 10 e il soverchio voler e\ cagion ch'io a pena il fiato fuor del petto porte. Quindi e\ quel tanto ardor, che quando i' penso parlando di scoprirvi il foco mio, son pria che nascan le parole morte. XIX L'ardente carita\ che I'alma lega, 21 cosi\ la voglia dentro al foco intrica, ch'alquanto a gran fatica di mezzo al cor si piega. 5 Ma se formarla con la voce i' voglio, tanto spirto non coglio, ch'esprimer possa detti interi e accolti, si\ che non escan fuor tronchi e disciolti. XX Allor che la Fortuna m'e\ si\ destra, 22 . che il viso di madonna m assicura, contemplo con la vista intenta e pura I'una e I'altra del ciel chiara finestra. 5 L'alma ch'abborre la prigion terrestra, e che da quella angelica figura rapir si sente a si\ nobil pastura, da I'intimo del cor mi si scapestra. E vagando ne va per I'allegrezza 10 dentro a quei novi e tanti paradisi de la piu\ che infinita alma bellezza. Qui se parlar i' vo, perche/ conquisi sono i concetti de la gran vaghezza, trovo gli spirti dal parlar divisi. XXI Lieta nel suo bel volto I'anima se ne vola. E se per proferir qualche parola le accenno che ritorni, 5 precepitata in quei dolci soggiorni lascia la lingua sola, e privo il ragionar d'ogni discorso che ritener si puo\ non e\ in gran corso. XXII Raccolto un poco in me s'io ben contempio 24 quanto de I'amor vostro incerto i' sia, e come i senta ognor la fiamma mia, tutto d'affanno e di terrore m'empio. 5 Ne/ I'incendio e\ pero\ tant'aspro e empio ch'assai piu\ grave doglia non mi dia I'imaginarmi che se foste ria vera morte sarebbe il duro scempio. Ed e\ questo pensier cosi\ possente, 10 che forza e\ che dal male il peggio tiri, e come se il provasse il rappresente; si\ che nel favellarvi s'io sospiri piu\ che parlar, fa il duol le voci lente, le parole ritien, manda i sospiri. XXIII Questi che rendon fe/ de' miei martiri 25 non son formati accenti; e se pur sono, dal cordoglio e\ cosi\ stretto il lor suono ch'e\ dal cor inteso. 5 E quando ad altri e\ teso, or scoppio or mormorio par di sospiri. XXIV Spesso da me dinanzi a voi si giunge 26 per dirvi come Amor m'incende e strugge; ma giunto che vi son gli spirti sugge or I'oggetto, da cui mia forza e\ lunge, 5 or copia, che soverchi sensi aggiunge, or troppa voglia che nel cor mi rugge, or I'allegrezza donde I'alma fugge, or duol che col pensarvi sol mi punge. E se pero\ vi par ch'io vi percota 10 gli orecchi in suon, che voi non intendete, vien che la voce e\ dal pensar rimota. Ma se il sembiante mio ben scoprirete, che me, non men che voi di fuor dinota, in me voi stessa e il mio pensier vedrete. XXV Questo color di non potermi udire, 27 perch'io non possa aprire I'animo in chiara voce, non vi scusa. Ch'avendo da me stesso tutta esclusa 5 e in voi reposta I'alma in cui si vede con la mia pura fede tutto cio\ ch'io vo' dire, e\ in voi donna virtute da sentir anco le parole mute. XXVI Se la voce interrotta e la favella 28 da i gran sospiri offesa voi di pieta\ rubella non avete anche intesa, 5 ne 'I mio cor che v'entro\ ne i dolci rai, donde non s'e\ giamai per tempo alcun partito, legger potete cio\ che sta scolpito. XXVII Cosi\ vivo e\ I'amore, 29 cosi\ il dolor atroce, che da questi occhi fore, traluce a tutte I'ore, 5 che non pero\ mi noce tanto I'afflitta voce, che quel ch'e\ dentro al core, non gridi e non si mostri madonna a i guardi vostri. XXVIII Dipinto porto ne la fronte il foco 30 e insieme espresso il duol, ne/ perch'io taccia o fatto sia gia\ da i singulti roco I'affetto e il pensier mio pero\ s'asconde. 5 Che a gli occhi di ciascun si\ ben risponde e piu\ di quella che m'incende e agghiaccia, che chi mi vuol nel cor mi vegga in faccia. XXIX La lingua che non e\ dal cor diversa 31 mossa da lui non spiega altro concetto, che quel che forma I'amoroso affetto, che non la vuol ne/ finta ne/ perversa. 5 I' che faro\, poi ch'e\ madonna aversa a le parole che mi porge il petto e brama ragionar d'ogni soggetto fuor che di quel che la mia mente versa? Ardo, e piu\ m'arde assai I'ardor s'io tacci'o; 10 se parlo, temo cio\ ch'io dica o pensi e per sfogar I'inchiusa fiamma, agghiaccio. Iniquo amor ch'apri le labra e i sensi, ond'e\ che col tuo spirto a lei non piaccio, ne/ giovo a me co' miei sospiri accensi? XXX Sol godo allor che del mio foco parlo 32 si\ ch'altro non mi piace. Ma se movo la voce a nominarlo d'udirlo a voi dispiace. 5 E perche/ ho in odio quel che vi e\ in dispregio questo mio ben non pregio. E se da me si tace pensando al pensier vostro mi dispregio. E da si\ caro pregio 10 guerra ho di qua, di la\ non trovo pace. Ben mi consola Amor, che men soggiace quando piu\ affanno il prema, con dirmi che vi toglie onesta tema I'ascoltar la mia face. 15 Pur mi convien ch'io tema che 'I saper ch'egli e\ lusinghier fallace vieta che 'I cor sia ne i sospetti audace. XXXI Forse ch'ella nol crede. 33 E se le giuro che il mio amor e\ tale che come e\ in lei sdegno e beltate uguale cosi\ teng'io par al martir la Fede, 5 il giurar mi vale. Forse ch'ella sel vede. E se non mi risponde, ne/ pur il viso a tempo rasserena, dentro nel cor nasconde 10 la pieta\, che da gli occhi non balena. Forse ch'ella m'affrena. E il soverchio desio tempra e corregge. E poi che la sua voglia e\ la mia legge non percio\ m'odia o strazia 15 ma vuol che sia mio fin sua ascosta grazia. Cosi\ la mente sconsolata e vana 34 vari consigli ognor prende e rifiuta, qual persona non sana che spesso loco muta, 20 e per spesso mutar loco non sana. XXXII Amor che vede che narrar non posso 35 a la mia donna i miei desiri ardenti da la pieta\ commosso a confortar mi vien con questi accenti. 5 Tu pur discerni e senti a gli occhi a i risi a le parole a i gesti, che in tutto non ti sdegna. Con quegli inganni accortamente presti che il mio vigor t'insegna 10 prender partito a i passi omai dovresti. Cangia color e forma, seco parlando forma altra donna altro amante altre facelle, altro voler da lei per altro fine. 15 Che il fiammeggiar de le gelate brine, il variar de le due vaghe stelle, " quel di ch'ella sospiri, ' 36 o s'allegri, o favelle, ti mostreran come s'apponga o inchine 20 a cio\ che tu desiri, e s'avran pace o tregua i tuoi martiri. XXXIII S'io non credeva a quel che disse Amore, 37 temendo di camin si\ breve e erto, per lungo, ma sicuro, avrei scoperto, qual fosse stato di madonna il core. 5 Se non si commoveva al mio calore e a i mille segni del mio petto aperto, forse di sua durezza fatto certo troncato avrei la strada al primo errore. Or altri le proposi - e ben m incresce 10 per provar come il foco in lei s'accampa, non pensando trovarla d'altri accesa. E a I'improviso sospirar,ch'e\ presa d'altri mostro\. Chi nera polve mesce per non vista favilla spesso avampa. XXXIV Alfin cangiato e\ Amor che si\ m'attrista 38 in amaro e pungente e incende il sangue e in modo il cor trafige che riposarsi mai non puo\ ne/ sente. 5 Da la palude tenebrosa e trista, da la profonda Stige, gelido acuto serpe m'entra nel sen per cui strisciando serpe. E I'anima tremante che s'afflige 10 stringe e dal petto sterpe. Ahi lasso! ahime\! che gli occhi a terra fige e il viso discolora la mia - debb'io dir piu\ dolce - nimica, quando avien ch'io le dica 15 quel che I'averle detto - ohime\ - m'accora. D'altri arde e pensa e il pensier nutrica, 39 ahi! che ben me n'aveggio. A lei lucido e vago e\ il foco altrui, atro e noioso il mio: che piu\ far deggio? 20 0 maligno venen, qual son, qual fui? XXXV 0 maligno venen, ch'apri la via 40 a varie nove teme e la chiudi a la speme e cibi il cor d'eterna peste ria; 5 0 morte occulta! 0 trista gelosia: Come tosto sei corso a le mie vene! Com'hai svegliato opinion perversa che con I'imaginarsi I'altrui bene il mio distrugge e versa? 10 Come facesti la ragion sinistra e de' miei danni al suo fallir ministra? Quel che mi s'attraversa nel parlar seco, ancor che sia disposta di non darmi risposta, 15 veggo ch'e\van sospetto e che piu\ sente il petto, ch'e\ piu\ caldo d'amore, I'improviso agghi acciar che fa l orrore. XXXVI Questo sentir ch'io vengo inutil pondo 41 e che dal petto il cor se ne va via, e che si vuol partir la donna mia, quando i' sperava piu\ d'esser giocondo. 5 Lasso, che far debb'io? Se mi nascondo per non veder partenza cosi\ ria, che diran gli occhi miei? Di lor che fia, che mossi e accesi son dal cor profondo? Ma se pur con fatica a lei mi porto, 10 per seguir la sua traccia, uscendo fora lo spirto mio, qual rimarra\ la salma? Se resto,e non la veggo, i' resto morto, se vo a vederla andar, se n'andra\ I'alma. Ahi! che se sto, se vo, convien ch'io mora. XXXVII S'io sto, chi mi dara\ la cara vista, 42 che mai non si racquista? S'io vo, chi riterra\ lo spirto mio, che in lei non vada e me ponga in oblio? 5 0 dura dipartita che da me vorra\ far mia dolce Vita. XXXVIII In questo dubbio di lasciar la vita 43 Vita mia dolce, fin che qua vi veggio con qualche atto o parola,od altro,i' cheggio che ristoriate mia virtu\ smarrita. 5 Per me non basto a procacciarmi aita, voi vedete il mio meglio, e i' provo il peggio. Se gran cosa da voi sperar non deggio, una ben lieve fia da me gradita. I' non I'avro\, voi non la scoprirete, 10 nol sapra\ alcun. Non e\ segno d'inchiostro. Non detti o fatti o cenni. E che volete? Questa, se mai m'aggiunge, i sensi oppressi levar puo\ al ciel. Questa e\ che il pensier vostro nel vostro esser lontana a me v'appressi. XXXIX Non scrivendo o parlando 44 o messaggier mandando, o col far alcun opra, donde I'animo vostro si discopra 5 voi bear mi potete. E cio\ sara\ se quando lunge da me sarete, de I'amor mio pensando vicina col pensier vi mi farete. 10 Se il mio pensier mover potesse il vostro, come a voi forte e tutto e\ ognor I'invio, non saria il pensier vostro altro che il mio. XL Pria ch'ella parta,i' pur lasso t'addocchio, 45 tra quei romor d'amaro e dolce claustro, o assai piu\ che lo stellato plaustro, piu\ che il carro d'Elia, felice cocchio. 5 Con lo spirto mancar sento il ginocchio. Ahi che I'alma mi cava un crudel Austro! Ahi ch'ella parte, e il fugitivo plaustro seguo col cor, poi che non puo\ piu\ I'occhio. E la sua faccia gia\ da me partita, 10 perche/ non mi s'agghiaccian queste membra, col tenace pensier m'ho gia\ rapita. Dunque se n'ando\ seco la mia vita, e la mente costei sempre rimembra. Chi dira\ ch'io restassi e ch'ella e\ gita? XLI Con voi, quando partiste, 46 I'anima mia sen venne, e I'occhio si\ s'attenne al'imagine vostra, 5 che tutta la ritenne, tal che a la vista mia sempre la mostra. Son pero\ dubbi i casi, se ve n andaste voi, s'io qui rimasi. XLII Aventuroso piu\ d'ogni altro fiume, 47 che Gange e Nilo, e quel ch'ha I'oro esteso ne I'ocean, poi che da te s'e\ preso dal suo beato carro il dolce lume. 5 De I'intelletto ognor batto le piume e sopra I'acque tue col volo teso, lascio ch'a terra il mio caduco peso dal mio vigor lontan, sol si consume. Fiume felice, se il pensier mi mena 10 sempre tra le tue rive e\ a cotal verso, ne/ per seguirti mai perde la lena, e se in acqua mi cangio perch i verso dal cor di pianto cosi\ larga vena, perche/ non son ne I'umor tuo converso? XLIII Poscia ch'in acqua transformar mi deggio, 48 si\ mi lagrima il cor, si\ mi si strugge, e I'alma da me fugge per tener dietro a la veloce nave 5 che m'ha rapito il viver mio soave, perche/ non vengo I'onda, che il mio dolce tesoro abbraccia e porta? Bacierei sempre or I'una or l'altra sponda. E se mai fosse porta 10 la bella man da lei, la bella man che si\ con gli occhi i' chero, con che efficace umor me la trarrei! E se chinasse il viso a i guardi miei - ah che tanto non spero! 15 qual per toccarle il viso i' mi farei? XLIV Aventuroso piu\ d'ogn'altro legno, 49 se ben Argo si noma e quella barca che porto\ a Roma il trionfal Monarca, mentre hai del mondo il mio dolce sostegno, 5 sospiro in van si\ prezioso pegno, - qui va - dico - qui posa, qui si scarca - noto ogni passo che da te si varca, teco son, teco sto, teco ne vegno. Quanto esser lunge puoi, qual e\ quel punto 10 in che t'imbocchi in mar, qual aura spiri, e altre cose tali in mente porto. Deh legno, in te foss'io con lei congiunto senz'altri, e mai non si vedesse il porto, e I'onda avesse dolci eterni giri. XLV Uscendo il mar da I'alvo 50 allaghi tutta la terrestre sfera si\ che alcun non sia salvo, sola costei non pera, 5 e sopra il legno ch'ella fa beato, abbia me solo e sempre. E con soavi tempre vada in questo e in quel lato. E con allegra fronte, 10 che mai non si distempre, si cerchi a tutte I'ore vario sol, vario ciel, vario orizzonte. E in ambidue viva un medesimo core, e il corso nostro guidi il nostro Amore. XLVI Se I'acqua al ciel ne gisse 51 e dal ciel giuso ruinando a terra la terra d'ogni intorno ricoprisse, e sommersa ogni terra, 5 altro che ciel e mar non si vedesse edella in questo leggiadretto legno me seco sempre avesse, o che dolce diluvio, o che bel regno! XLVII Abissata la terra, 52 non piu\ d'aratri e greggi, o di negoci e leggi, 5 o d'oro accumulato, o d'erger marmi, non di Muse o pittura, o d'altri studi industri, o poco chiari, o illustri, sia al mondo alcuna cura. 10 Che pur ch'io seco in sempiterni lustri - o che dolce ventura! l'onde solcassi, il cor d'altro non cura. XLVIII L'immenso pregio di bellezza e onore 53 solca con la dolce aura I'onde crespe, mentre che intanto I'amorose vespe si hanno tolto a ferirmi gli occhi e il core. 5 E ecco che Nettun pien di furore, perche/ il mio ben con la sua nave incespe, fa che I'irato mar vie piu\ s'increspe, e che il regno d'Amor sia contra Amore. Ah me, qual flutto impetuoso e truce 10 percota, copra, immerga e tiri al fondo, pria che toccar suo leggiadretto piede. Ma non sofferse il ciel che tanta luce per si\ lieve cagion perdesse il mondo, e al lume nostro il suo bel sol ridiede. XLIX Si\ bella, si\ gentil si\ ricca preda, 54 non fe dovunque il mar le braccia stendah s'occorreva gia\ mai - ma me piu\ tosto la terra dentro a se\ trangugghi e prenda 5 che avesse al fondo questa nave posto. Il sol ch'ella portava era nascosto in sempiterno a i miseri occhi nostri, s'a questo occaso giva. Or ch'e\ giunta l'oliva, 10 parra\ che si dimostri con faccia piu\ gioiva, che quel che splenda da i soperni chiostri. L S'e\ ben tornata a gli occhi miei la luce, 55 che mi lascio\ tra tenebre rivolto, fruir non posso quel leggiadro volto, che cosi\ rado a la mia vista luce. 5 Pero\ che novo caso mi conduce a tener il pensier mai sempre volto a un dubbio, ch'esser non mi puo\ disciolto, perche/ cresce cagion che tema adduce. I' temo di partir per gravi cure. 10 Ne/ temo cio\, da me si teme e spera, che vadan I'ossa e il cor qui si rimagna. Ch'ella sia giunta e ch'io partir procure! Se questo avien sapro\ prima ch'io pera come il corpo da I'alma si scompagna. LI Chi crederia ch'altri sapesse mai 56 inanzi al suo morire il modo in che si mora? E pur nel mio partire 5 da i vostri dolci rai, inanzi a I'ultim'ora sapro\ che sia perire. Che sia lasciar la vita che non e\ ancor finita. LII Dunque dal dolce mio caro conforto 57 debbo allungarmi in si\ lontana parte. Ahi ch'a pensarvi sol di parte in parte li spirti co i sospir da me trasporto. 5 Partomi, e nel partir cotante porto smosse nel cor, che il cor si lagna e parte, qual antico arbor svelto, che per arte far non si puo\ che non sia tosto morto. Tanto son vostro che piu\ mio non sono. 10 E pero\ Vita mia, non senza voi ma resto senza me, se v'abbandono. Altra speme non ho,se non che poi rimembrando di quel ch'io ragiono, I'alma prenda da i vostri i giorni suoi. LIII Lunge ch'io sia da voi dolce mia Diva, 58 come fia mai che senza vita i' viva? La miglior parte mia, che con voi resta, allor che sara\ desta 5 da la memoria de' begli occhi vostri, converra\ che mimostri e rappresenti quella bella imago di ch'io son tanto vago. Cosi\ fra voi e me fien messaggieri 10 gli acuti miei pensieri, da cui quel nutrimento si procaccia, ~~ ~~~ ~~~~ ~ appaga contemplando tra me la vostra faccia. LIV Quanto piu\ da' begli occhi m'allontano, 59 o vivo sol de la mia morta luce, tanto piu cerco in vano di ristorar la virtu\ stanca e afflitta, 5 col ramentarmi del bel viso umano. Che se fin qui riluce quella belta\,che tutte I'altre avanza, quella che porto dentro al cor descritta, non pero\ mi conduce 10 la forte rimembranza de la vostra sembianza, I'alto splendor, che si conforta e luce. Ne/ pero\ fa ch'io guardi la desiata forma, 15 ch'or in pianto il pensier solve e transforma. 0 occhi miei dolenti, o cieche viste, quanto, lasso, perdero\ i vostri sguardi quando da I'alma mia vi dipartiste? LV Che non si vinca Amor se non si fugge, 60 o se la mente ed altro non si piega, ahi che la prova fatta a caso il niega. Ben i' partii ma non pero\ lasciai 5 la donna ch'al partir meco sen venne, si\ la sua effigie dentro al cor portai. E se ritrar mai volsi I'anima inamorata e le sue penne volger altrove non pero\ le sciolsi, 10 ma ne' lacci d'amor sempre le involsi. Augel ben preso i vanni in vano spiega, e nel battersi piu\, via piu\ si lega. LVI Beato fiume che il tuo corso stendi 61 dove madonna e la mia vita alberga, e dove fai che in alto I'onda s'erga e dal bel lume piu\ chiarezza prendi, 5 mentre la terra furioso fendi, pria che I'effigie in tutto duol disperga, mira come il mio sguardo in te s'immerga, mirami il viso e le parole attendi. Chinati allor che le sarai da presso 10 e dopo aver baciato quella sabbia, che forma de' bei pie\ I'aurata strada, dille nel suon di mormoranti labbia il fedel vostro con che angoscia vada: ecco il suo volto nel mio seno impresso. LVII L'invidia ch'ebbi a I'acqua, 62 che a voi ratta sen'giva mi mosse da la riva a mirarla si\ fiso, 5 che dentro col pensier vi pinsi il viso. Giunta che sia dinanzi al guardo vostro, vedrete al mio sembiante come e\ viva la doglia che da voi partendo mostro. LVIII Ne I'onda che correva 63 a colei, ch'al partir mi trasse il core, tocco e spronato dal desio ch'io aveva di riaver quel che mi tolse Amore, 5 tenni si\ intenta questa faccia trista che vi lasciai la vista. E s'alcun forse per camin la incontra, dira\: - ben ha costui la sorte contra poscia che la partita 10 che fa da la sua donna e\ senza vita -. LIX Se quando me n'andai, 64 la vita vi lasciai, che meraviglia se me morto segna I'imago, che convien che a voi ne venga, 5 poi che dal volto mio la prese I'onda, che verso il vostro, ahime\, va si\ seconda? LX Chi vide I'infelice aspetto mio, 65 di che il troppo desio di riveder madonna,l'acqua tinse, e per pieta\ le ciglia e il cor non strinse, 5 le ciglia d'uom dimostra e ha il cor di sasso. Quel che nel fiume i' lasso ombra non e\, ma spirto cosi\ vivo, che chi nol sente e\ ben di senso privo. LXI Chi mi guardo\ ne I'acque, 66 dove rimase la sembianza mia, ch'a madonna s'invia, e il caso non gli spiacque, 5 di tigre e d'orso nacque. Ma chi fu mai da fiamma amorosa arso o da qualche favilla Amor comprende e gli occhi suoi tra queste rive stende, giurar potra\, ne/ d'un sospir fia scarso, 10 ch'ai segni del mio viso da lei partendo, i' son da me diviso. LXII L'intenso e ardente Amore, 67 che mi distrugge il core, dentro a le gelide onde manda la faccia mia, si\ che risponde 5 al guardo di chiunque la rimiri, e par che sia scolpita e foco spiri. Seco I'affetto sta si\ affisso e caldo, ch'e\ nel freddo liquor cocente e saldo. LXIII Se tanto spirto avesse 68 la mia presenza,che giu\ I'onda porta, ch'a madonna dicesse che per venir a lei mia vita e\ morta, 5 la morte, che mi da\ I'empia partita, gioconda mi saria piu\ che la vita. LXIV Non e\ mestier che parli 69 I'effigie mia che sopra I'onde ombreggia. Perche/ s'occorre che costei la veggia, anco vedra\ che si ritenne I'alma, 5 e a pena mi lascio\ I'afflitta salma. LXV Madonna, se vedrete 70 la mia prima figurai che I'onda chiara e piana raffigura, riconoscere a pena la potrete. 5 Ma se piu\ tarda sete, si\ che i vostri occhi volti siano in su I'acqua a i miei discolorati e scarni ultimi volti, che con aspetti rei 10 avranno i flutti sottosopra volti, impossibili vi fia che voi scerniate piu\ quel ch'io mi sia. LXVI Aura che spiri in quella parte, in quella 71 che tien di me la miglior parte in forza, penetrandomi al core,o soffia e ammorza (ma Borea nol faria) I'empia facella, 5 o quel ch'esser piu\ puo\, fa che si svella il poco di vigor ch'ho ne la scorza, e portandolo a lei, l'alma sua sforza, tal che pietosa sia non men che bella. I nostri spirti in un col tuo contempra, 10 e unisce e uguaglia e ferma si\ I'affetto ch'ambidue regga una medesma tempra. Ma se desperi il fin di questo effetto, infiammati a I'ardor che mi distempra, e il foco mio spingi al suo freddo petto. LXVII Si\ e\ grave I'incendio che m'avampa, 72 che I'aria ben che fresca non mi scampa. E si\ debil lo spirto e\ del mio core che I'aria non puo\ far ch'ei venga fore, 5 e seco vada ne la donna mia. . Adunque dal mio ardore I'aria raccesa sia, e a lei del foco qualche parte dia. E faccia si\ che invoglie 10 a riscaldarsi le gelate voglie. LXVIII Se con lor fieri turbi 73 ne/ I'Aquila ne/ I'Austro ti disturbi, aura si\ inanzi movi I'ali tue accese da i sospiri miei 5 che madonna ritrovi. E con susurro grato, poscia che tu sarai congiunta a lei, del mio misero stato, e di cotanti omei, 10 falla ben certa, com'i' ben vorrei. Scotiti nel suo seno non men di gel che di bellezza pieno. Dalle di questo ardor sol una dramma, e agghiacci poi se puo\, ne la mia fiamma. LXIX I' veggo che da poggi e per campagne 74 le selve e I'acque e I'aura mi seconda, e che tanta pieta\ quinci m'abonda, . che forza e\ che il mio duol vi s'accompagne. 5 Se piango, un ruscelletto meco piagne, e se sospiro,l'aria i boschi sfronda; poi se dico: - ardo - e io par che risponda, un stuol d'augei volando, e che si lagne. Ma farei anco amor da soli ardenti 10 piovere, e germogliar marmorea soglia, arder il ghiaccio, e raddolcire i venti, se quale affetto il cor mova e raccoglia mostrar potessi al volto o con gli accenti. Contanta e\ in me I'affettuosa voglia. LXX Move pieta\ le pietre, 75 e spetrar non potra\ quel cor soperbo, che sotto si\ begli occhi e\ cosi\ acerbo? In colle non e\ sasso, o in selva foglia, 5 acqua in fonte, erba in prato, o fiera in speco, che la mia cruda doglia meco non senta, e non sen'dolga meco, questo mi giova. E invita a contentarmi in vita 10 e a conforto sperar da chi m'addoglia. Ma quel che poi mi noce, quel che poi de I'atroce essilio mio ne la memoria serbo, d'ogni sostegno mi recide il nerbo. LXXI Poi che tu meco e io con te ragiono 76 e ambi per camin solinghi siamo, dimmi Amor, dimmi il ver, si\ come i' I'amo quanto sai, cosi\ grato le sono? No. 5 I' non chiedeva Amor, si\ tristo sono, che questo non e\ quel che intender bramo. Piu\ tosto taci. E pur forte ti chiamo. Rispondi. In grazia a costei sono? No, no. Ahi ch'al fiero sembiante e al guardo torto 10 quando i' partii micidial fu I'ora. Non me n'accorsi la\, qui ben I'ho scorto. Amor sentiim quest'antro. Se m accora I'odio suo, che fara\ senza conforto chi in tale stella s'inamora? Mora. LXXII Sotto gli alti dirupi, 77 fin che per cingi cupi convienmi gir, si\ che la via ritardi, Amor, fa ch'io dentro a la mente scriva 5 quel che giovar mi puo\ per la mia fiera. Che potra\ piu\ chi ha dubbi sguardi? Guardi. E se da speme si ravviva? Viva. Ma se la grazia mai non spera? Pera. LXXIII Novi consigli Amor, nove risposte 78 da queste cave grotte, in ch'han le fide lor stanze riposte i pensien e gli oracoli e la notte, 5 ti cheggio pria ch'al monte i' dia le spalle, e cominci a scoprir I'aperta valle. Che de' far un che donna osserva? Serva. E qual fia I'alma che lei serva? Serva. LXXIV Non e\ si\ come cruda, bella? Bella. 79 Non e\ si come bella, cruda? Cruda. Se cruda o bella e\ piu\ non si sa? Si sa. S'or nol so, quando il sapro\ poi? Poi. 5 Esser non puo\ che crudelta\ sia quella che I'infinita sua bellezza chiuda piu\ tosto un di\ sara\ da lei divisa, Amor, s'acuti fieno i dardi tuoi. Temprali Amore, a queste alpestre coti, 10 e il core alpestro in fin di qua percoti. LXXV - Se al fin del ragionar, che teco fei, 80 de i rimbombi de I'aria non m'avidi, si\ che verso di me parean tuoi gridi, Amor, dove ho lasciato i sensi miei? 5 - Dove senza partir partito sei, dove il tuo core e io facemmo i nidi, dove risplendon que' bei lumi fidi, ch'altr'occhio non puo\ dar se non di lei. - Qual son se I'alma e\ seco? - Qual colore 10 ch'e\ senza luce e pur color si serba. - Si\, ma che giova? - Ancor lucer potrebbe. - Quando cio\ fosse, ahime\, tardo sarebbe, che indarno arriva il sol, s'estinta e\ I'erba. Mai non s'estingue il sempre verde amore. LXXVI - Amor, com'esser puo\ che si mantenga 81 senz'alma questo corpo? Ond'e\ ch'io mi sostenga, s'ognor languisco e torpo? 5 - Benche/ il tuo spirto a lei sola s'attenga, si\ che tu ne sia senza, pero\ la sua presenza, che col possente imaginar t'hai preso, sostien de la tua spoglia il grave peso. LXXVII - Ma se la bella guancia che mi notrisce il cor, m'e\ si\ da lunge, come fin qua m'aggiunge? Come a i miei sguardi fin di la\ si lancia? 5 - L'ingorda voglia tua, che senza che vi pensi ognor invola il ben che la consola, ti fa presente la sembianza sua. - Ancor che il dolce viso 10 de la mia donna m'appresentin gli occhia non son pero\ si\ sciocchi, che non s'aveggan ch'e\ da lor diviso. Ben la veggon discosta, ma non voglion veder cio\ che si vede. 15 Che/ quel che non si crede, per confortarci imaginiamo a posta. LXXVIII - Perche/ I'alma non manca? - 83 - Perche/ pur si rinfranca pensando al dolce sguardo. - Che/, se piu\ lunge, piu\ m'agghiaccio e ardo? 5 - La viva imago de la bella donna a le parole, e gli atti e a la gonna, ne la tua mente tutta via soccorre. E quanto peggio stai, piu\ ti soccorre. E questa e\ tale aita, 10 che crescendo il morir, cresce la vita. LXXIX Scogli tremendi tenebrosi chiostri 84 ruinati sentier per aspra traccia rivi ch'eterno pricipizio caccia, strepitanti profondi gorghi e mostri, 5 non mi spaventan si\ gli orrori vostri, ne/ quest'aspetto fier si\ a me minaccia, che, s'e\ ben lunge, quella bella faccia un Paradiso a gli occhi miei non mostri. Se sta lontana e col pensar la guardo, 10 che saria poi sequa d'intorno e dentro ( e cio\ pur fosse) si trovasse meco. Fendasi questa roccia e questo speco, e il mal del mondo appaia, ch'ella un guardo m'affidera\ dal Regnator del centro. LXXX Tenebre e fiamme e gridi 85 e sciagure e tormenti, disperati dolor tra pianti e stridi, ombre in eterno pallide e trementi, 5 e de la vera morte il vero aspetto, mover nel mio conspetto non potrian mai spaventi, se con occhi ridenti soprarrivasse quel beato viso, 10 che e\ un dolce e chiaro Sol di Paradiso. LXXXI Dolci, soavi, amorosetti colli, 86 fiumi queti, tranquilli e chiari laghi, stagni, isolette, boschi ombrosi e vaghi, momoranti ruscei ritorti e molli, 5 con che diletto rimirar vi volli, che contento fia mai di ch'io m'appaghi senza quegli occhi del mio fin presaghi, che fanno i miei pensier si\ tristi e folli? Se imaginarmi sua gentil figura 10 si\ non m'aita ch'io conforto prenda, ch'averria se crudel me la pensassi? Converso in antri oscuri e ardenti sassi sarebbe tutto il bel de la natura; e\ una sembianza piu\ che Inferno orrenda. LXXXII Se questa bella piaggia non m'aggrada, 87 perche/ del mio bel sol la veggo priva, che mi val ch'io descriva I'angeliche bellezze 5 al mio intelletto a starvi dentro avezze, e che qua, la\, pingendo ognor le vada al'occhio mio, ch'ogn'altro obietto schiva? Misero me, se come i' la coloro bella e gentil, cosi\ spietata e ria 10 la figurassi ne la mente mia, a qual divin ristoro si\ rivocar potria I'astratto spirto, ch'io per stupor non fossi orrido e irto? LXXXIII Se ben non era a la mia donna presso 88 mentre ch'i' giva nel paese mio, mi parea che prendemmo ed ella ed io viver da un'aria e da un terreno istesso, 5 e che dentro del cor le andasse spesso per dritto calle il mio sommo desio, e agli orecchi come i' ben desio, il mio parlar di lei, senz'altro messo. Or I'alpe vi e\ di mezzo. Ah dura costa'. 10 E il sol, la luna, I'aura, I'erba e i rivi, e quel di che natura a ognun fa parte, sembra che da diverso ciel derivi, si\ che mi par ch'io sia tutto in disparte. Ah duro sasso, che il mio ben discosta! LXXXIV Colui che porta il sempiterno sasso, 89 sotto non vi e\ si\ lasso, ne/ in tanta noia I'have, che a me non sia piu\ dispettosa e grave 5 quest'alpe, che mi vieta il mirar verso quella parte lieta, ove sta senza me la vita mia, se chi mi tiene il cor senza me stia. LXXXV Ne/ quegli che mezzo arso 90 sostenta il monte sopra il petto sparso sente si\ dura incarco, ch'io assai piu\ non sia carco 5 de la noiosa vista di questa alpestre roccia, i' non diro\ scortese, ma dispietata e trista, che la natura fe' perche/ mi noccia. 10 Questa vie piu\ m'attrista quanto m'asconde piu\ I'almo paese, ove al partir perdei col cor la vista. LXXXVI Perduto ho quel paese, 9 e col paese gli occhi, e con gli occhi la vita. 0 miseria infinita, 5 che d'una in altra par che mi trabocchi. 0 disperata sorte, che balzi il viver mio di morte in morte. LXXXVII Cosi\ sentimmi abbandonar la salma 92 per la pieta\ ch'io di me stesso presi, che quando qua da la montagna scesi, poco manco\ che non mancasse I'alma. 5 Ma la forza d'Amor, che come palma, piu\ si sollieva sotto i gravi pesi, spirto mi diede, e fece ch'io compresi quanto ella fosse gloriosa e alma. Passi i Rifei, dal litto Lusitano, 10 o di Siviglia, il novo globo giri; siano piu\ mondi, e io nel piu\ lontano; le distanze, madonna, e i martiri, far non potran gia\ mai ch'io,benche/ in vano, con voi non sia, con voi non viva e spiri. LXXXVIII Non e\ si\ denso velo, 93 se fosser monti sopra monti imposti, ne/ si\ remoto cielo, che possa far nascoati 5 e lontan que"bei lumi, che ne/ mari, ne/ fiumi, ne/ paesi longinqui faran gia\ mai che non si sian propinqui. I' gli ho si\ affissi a gli occhi, 10 ch'a ogni sguardo ch'io scocchi, parmi che' quel splendor mi fenda il viso, che in vita mi mantien, poi che m'ha ucciso. LXXXIX S'ogni vista ch'io scopro e\ varia e nova, 94 ovunque I'orme de i miei piedi i' stampi, lingue, gonne, costumi e tetti e campi, perche/ il pensier in me non si rinova? 5 Se I'alma sempre cerca e sempre trova quel vivo ardor de gli amorosi lampi, onde convien ch'eternamente avampi, clima e vita mutar, lasso, che giova? Benche/ fortuna lei da me divide, 10 desio perpetuo ognor me la congiunge, ne/ per stato cangiar mai si recide. Il core e\ trasformato in sua sostanza. Cavimi il cor (non basta ch'ella e\ lunge) chi di mente vuol trarmi sua sembianza. XC Ben la mia mente ognor si veste e spoglia 95 di quel che parte e vien senza mio danno. Ma quei pensier che stanno si\ dentro a me, che pria ch'io me ne scioglia 5 mi converra ch io mora, mai di me, senza me, non andran fora. E ricever potra\ questa mia spoglia diverso caldo e gelo, e variato cielo, 10 e sentir I'alma disusata voglia, e cangiarsi costumi e sorte e pelo; ma quella, che divenne il mio intelletto, se non n'esco io, non m'uscira\ dal petto. XCI Se come la mia mente e\ sempre volta 96 a dietro piu\, quanto piu\ inanzi i' vado, e passi o rupe o valle o ponte o guado, dal contrario camin non e\ mai tolta; 5 cosi\ la vista gisse a quella volta, e queste vie lasciasse a lor malgrado, e la mia lingua, che si\ poco aggrado senza madonna, seco fosse sciolta; quanto il viaggio va, sia dritto o torto, 10 cieco e muto non solo esser torrei, ma d'ogni senso manco e piu\ che morto. 0 ben felice quattro volte e sei, e al par di chi la vita eterna e\ scorto, chi a tutto il mondo more e vive a lei. XCII Non penso,o veggo, o parlo, 97 se non mando a voi sola il pensier e la vista e la parola. Par ch'esser mi devreste men vicina, 5 poi che la strada e\ maggiormente lunga, ma quanto piu\ il camin da me v'allunga, tanto il desir a voi m'avicina. E se tenendo i miglior sensi intorno, I'anima mia dal corpo pellegrina 10 esser potesse un giorno, e girne dritta a voi; qual da Gadde a gli Eoi di cotal morte ha piu\ felice vita? Se il mio spirto per far da me partita, 15 e dirizzar le piume al vostro dolce lume, cosi\ da me s'invola, al ciel qual alma piu\ beata vola? XCIII Or dopo tempo e affanno acerbo e lungo, 98 dopo aver tanti gridi al ciel dispersi, e cantato piangendo, e pianto in versi, al fin nel loco destinato aggiungo. 5 Ne/ da i sospiri miei percio\ m'allungo, ch'omai nel mio spirar si son conversi, ma tocco da pensier gravi e diversi, il cor trafisso doppiamente pungo. Amor risveglia e aguzza il mio desire. 10 Onor vol ch'io la mente ad altro avvivi. Debito ha I'uno e I'altro voglia accesa. Amor con tutto cio\ porge a I'impresa e parole e soffrenza e schermi e ardire. Non e\ valor ch'a quel d'amanti arrivi. XCIV Amor mi rese la favilla estinta, 99 e dove il suo martire i' non potea soffrire, I'alma feroce al fine fe' doma e vinta. 5 Da i colpi, non di lui, ma di fortuna, poi m'insegno\ schermire, e mi die\ tale ardire, che mie sventure esposi ad una ad una. E non pur sol e luna, 10 ch'ho fastidito con noiosi accenti, ma udi\ ben ella i gravi miei lamenti. Dunque avend'io a depor con la mia lingua dinanzi a gran soggetto la soma ch'ho nel petto, 15 si\ che ogni parte acconcia e si distingua, prendero\ il modo che m'infuse Amore 100 di spiegar il concetto a quel real conspetto, quando i sensi addattati mando\ fore 20 con riverenza e onore. E se I'impresa ch'ora tratto e\ greve, ne/ pero\ il peso del mio amor fu lieve. Se al primo ingresso non fien le risposte si\ come e\ il mio disegno, 25 me n'andro\ con ritegno temprando a poco a poco le proposte. E quando pur vorro\ che restin ferme, sottigliero\ I'ingegno, mostrando quanto e\ degno, 30 che mia ragione omai s'accetti e ferme. Mi sovverra\ che inferme 101 eran mie voglie, e che le fila sciolsi, e che poscia placar madonna volsi. Scoperti i tempi al mio voler nimici, 35 e i mezzi, o non possenti, o di valor, ma attenti ad altre trame, ad altri fini e amici, e visto guai per me sian finti e veri, gli occhi o gli orecchi intenti 40 saran, ne/ a schifar lenti questi e quei di dimani e d'oggi e d'heri. Tali aveva i pensieri, allor ch'io riparava i duri incontri, di che non fia che i piu\ dogliosi i' scontri. 45 Non e\ questo quel cor, quel spirto audace, che nel piu\ acerbo stato, 102 quando piu\ trar il fiato non poteva, mi fe' pronto e vivace? E benche/ il foco mio dir mi vietasse 50 con volto disdegnato, i' me le posi al lato, tal che fu forza alfin che m'ascoltasse. Non sara\ mai ch'io lasse quest'altro carco, e ch'io non riesca, 55 se ne la mente Amor l'arte rinfresca. Canzon, tu non puoi tormi da que' begli occhi suoi, ne/ mi consola quel ch'imparai ne I'amorosa scola. XCV La virtu\ di fermezza 103 e d'alma generosa, I'arte del favellare e del pararsi, ben e\ leggiadra cosa, 5 e ben dal giorno ch'arsi Amorm'ha mostro come debbia usarsi. Ma si\ a la donna mia lontana i" penso, che ad altra cura, ancor che gloriosa, mal si puo\ torcer I'invecchiato senso. XCVI L'amor che porto a la gentil mia dama 104 grado e\ a I'amor de l'altre cose degne. Ma tanto a se/ mi chiama, che par ch'ogn'altro amor ribatta e sdegne. 5 Quando convien che regne non la ragion, ma chi valer si sente, non da\ loco al compagno il piu\ possente. XCVII Poi che I'imaginarmi il suo bel viso, 105 e ritrarlo dal cor, dov'e\ scolpito, non puo\ far ch'io non sia da lui partito, i' mi proveggo di miglior aviso. 5 L'aspetto suo ne la mia mente inciso, pria ch'io la notte a riposar sia gito, si\ col pensiero a consolarmi invito, che da gli occhi mi par poco diviso. Qual, come, quando e ove mai la vidi, 10 cio\ che mi disse mai scorro da lunge, e altre vie, che lei dipinger ponno. E qui dormendo, ecco i suoi fiumi fidi; ecco che vien, ma non si\ tosto giunge, che il sogno mi si muta, o parte il sonno. XCVIII Quando per ristorar li spirti stanchi 106 i' son per chiuder gli occhi, cosi\ mutando vo pensieri e fianchi e si\ vaneggian miei desir non sciocchi 5 dietro la lunga traccia di questa lor nimica, che poi serrando i lumi, me la veggo davanti e dolce e amica. Ma fortuna che vuol ch'io mi consumi, 10 me I'avicina quasi entro le braccia, e poi da me la scaccia, cosi\ con gran fatica risvegliato e deluso rimango piu\ che pria tristo e confuso. XCIX Non cosi\ tosto la palpebra copre 107 queste mie luci inebriate intorno a quella che nel mio lontan soggiorno sempre vagheggio e miro, 5 ch'ella con guardi e risi mi si scopre, e con si\ fatti accenti, che mi par giunto al fin d'ogni desiro. Ma le saette e i venti, e i rapidi torrenti 10 non precipitan si\, com'ella fugge. E in cambio suo cerberi, idre e chimere, alpi, nubi, giganti e aspre fiere, con subito terror mi son presenti. E la mutazion tanto mi strugge, 15 che tra tai branche e denti bramo del fiato mio I'ultima uscita, per non star senza la miglior mia vita. C Del pianger quasi tutta notte fioco, 108 e del lagnarmi che discosto i' sia si\ da la donna mia, tra sospiri, che son d'ardente foco, 5 e lagrime, che il cor agli occhi invia, caddi co i sensi, e mi resto\ legata la mente, ma non si\, ch'indi non gissi con le imagini errando, ove mi parve. E in quella m'apparve 10 la si\ forte da me pianta e bramata, con dirmi: - Che t'afflige? Che piu\ vuoi, se gli acri accenti tuoi, che porto tuttavia ne I'alma fissi, m'han spinta qua? Se tanto meco poi? 15 Qui dolce parla, qui dolce sospira, qui pietosa mi guarda e poi s'adira. E rasserena a un tratto con suoi raggi, e con atto e con parole da schiarir gli abissi. 109 20 Deh perche/ il sol spunto\, perch'ella sparve? Come e\ crudel chi noi altri governa? Deh fosse estinto il giorno, e sempiterna la notte, che m'adduce cosi\ leggiadre e disiate larve? 25 O ombre fuggitive, o presta luce, come per voi perduto ho la mia luce? CI Quella ch'e\ il mezzo e\ il fin de' pensier miei, 110 e piu\ li doma e volve, quanto soggiorno men da presso a lei, ma si mostra in su I'alba e allor si solve 5 I'alma gioiosa; e io comincio a dire: - Madonna,il mio languire, e la fede, e I'affanno, che del mio amor sicuro indizio fanno, e la vostra pietade, 10 ch'aguaglia la beltade, la virtu\, gli alti pregi, per voler poi seguire, dopo tanto martire, a me pur tratta v'hanno.- 15 Ma par ch'ella con sguardo empio e feroce, e con turbata voce, m'interrompa e dispregi, come ch'io sia di sua presenza indegno. Ill Il sangue si ritira, i' manco vegno, 20 e piu\ prendendo orror che maraviglia con angustioso fiato alzo le ciglia. Mi consola trovar falso lo sdegno, ma trovar, che la mente, ch'e\ svegliata di sua vista mi spoglia 25 senza lasciar ch'io prenda frutto alcuno, piu\ m'afflige che il crederla sdegnata. Che/ di vederla in si\ lungo digiuno si\ famelica voglia il cor e I'occhio serba, 30 che/ se ben I'ira fosse tanto acerba, che mi dovesse dar morte spietata, per vederla torrei vederla irata. CII Perch'io dar possa a la virtute stanca 112 qualche ristoro ad ogni voglia mia, e I'effigie di lei piu\ non mi dia il sogno, che non viene, o giunto manca. 5 Credendo averne la vittoria franca, tutto gioisco che dipinta sia, ma quando me le appresso, il guardo, pria che la cominci a rimirar, si stanca. E perch'ardo di sdegno ch'altri volse 10 imitar quel ch'al mondo non ha essempio, d'ira contra il destin, che qua mi volse, di pieta\ di me stesso, e di desire tanto maggior, quanto che men I'adempio; I'occhio avampato non la puo\ soffrire. CIII E questo quel bel crin del suo tesoro, 113 quel ch'i raggi del sole, e non che l'ambra e I'oro, vincer cotanto ole? 5 Son questi quei begli occhi, onde par sempre che I'ignudo arciero, non pur gli aurati dardi, ma se medesmo scocchi? E questo il ciglio in un lieto e severo, 10 che si accompagna i gravi e dolci sguardi? E questa quella fronte, ove le gioie e pene mie son conte? Con le vermiglie rose, che fiammelle amorose 15 spirano da le labra, e da la faccia, parti che tal sembiante si confaccia? Ah, che ben I'arte esprime I'altre cose, ma non gia\ le divine e le nascose. CIV Quella divinita\, che in lei s'infuse, 114 per I'angelico viso talmente si difuse, che per far questa forma, 5 donde qua giu\ si forma quant'e\ Ia\ su\ da I'occhio uman diviso, prese terrene membra il Paradiso. E perche/ non puo\ I'arte, ch'esser seguace suol de la natura, 10 oprar intorno a la celeste parte, non e\ pittor, che non con opra e cura, ma con la mente arrivi a tal figura. Tante belta\, tanti secreti interni del suo leggiadro volto, 15 Amor meco discerni, ch'un'ombra, benche/ lieve, piu\ vagheggiar si deve che quante aurore il ciel ebbe mai sciolto, o quanto sole e\ dentro al Sol raccolto. 115 20 E quel che I'altrui lume, quando piu\ intensamente I'e\ congiunto, aver piu\ un'abondanza ha per costume, s'a I'infinita sua vaghezza e\ un punto, come qual e\ qui fia ritratta a punto? 25 A voler uguagliar donna si\ bella prosuntuosa mano non fu si\ ardita quella, che dal soperno loco tento rapir il foco. 30 Ne/ quella di quel Re cotanto insano, ch'a vibrar tolse il folgor soprano. Ne/ quella che s'estese a I'arca santa, e ne porto\ la pena. E s'altra temeraria mai s'intese 35 d'altera vanita\ non fu si\ piena, ch'a questa di costui s'appressi a pena. De I'aspetto divin, ch'io sol conobbi. 116 Imago no, disimiglianza vera, vattene prima che di cruccio i' pera. CV O lieto giorno, egli e\ pur ver ch'io vada 117 a trovar la mia vita, il mio conforto, che I'animo affannato giunga al porto, pria che di voglia si consumi e cada. 5 E ben che lungi sia l'alma contrada, che voi qual sol qui in terra al mondo ha porto, per pigliar me che in voi fu scorto, i' col pensier divorero\ la strada. Non torno a voi, perche/ con voi restai, 10 ne/ torno la\, donde non fui partito, ma ben ritorno a me, che in voi lasciai. A riavermi il mio disio m'infiamma con dirmi, che il piacer fia si\ gradito, che non che il mar, i' varcherei la fiamma. CVI Ancor che nel ritorno 118 abbia a passar il mar, ch'e\ pero\ un gioco, se tra madonna e me vi fosse il foco, lo stimerei si\ poco, 5 che per gire a trovar la vita mia, non che il foco,il morir non mi terria. CVII Deh perche/ al mio apparir ti cangi ecresci 119 con onda che rimbalza e sgorga e rugge contra legno leggier, che via sen fugge, e a chi tanto ti stima, tanto incresci? 5 Che fia se al fin qui con vittoria n'esci? Dei rostri altier, che fan che I'acqua mugge, I'orgoglio, che ti calca e sprezza e strugge, affronta, abbatti e sotto sopra mesci. A gli sdegni d'Amor crudo e superbo, 10 al vento dei sospiri, al mar dei pianti, a la fortuna de gli interni guai, lasciami, e sentan tuoi corrucci e vanti le Nompariglie, e un stuolo armato acerbo, i' no, ch'io gia sommerso e spento omai. CVIII Tu, che inghiottisti in cotanti anni e tanti, 120 le maritime forze, Greche, Romane, Arabe, e Inde e Turche, e I'anime ch'al ciel son ribellanti 5 spingesti giu\ ne le paludi lurche. A che con rabbia tal cosi\ ti sforze incontra tal soggetto ch'Amor a morte ha stretto, e che tor su con l'onde in fresca danza 10 era piu\ onor a la tua gran possanza, che tanto armarti d'ira e di dispetto? Che vuoi tu far? Ritien I'irata sforza. Leon con gregge umil non pugna, scherza. CIX Deh qual trofeo sublime, 121 deh quali spoglie opime, da quest'ambascie, che son tante morti, o crudo mar riporti? 5 I' son vinto d'Amor, non son piu\ vivo, madonna al mio partir del cor m'ha privo. Ascolta mia ragion, fermati un poco, a la vittoria tua non e\ piu\ loco. CX Lascia ch'a ripigliar I' anima arrivi 122 che non puoi far perir chi non ha I'alma. E che farai di questa nuda salma? A che gloria t'ascrivi 5 cosi\ caduca palma? Lasciami andar per via sicura e trita. Tosto che ripigliato avro\ la vita, fo contra quel che fa chi e\ in tal periglio, fo voto di tornar con breve gita 10 a sottopormi al tuo feroce artiglio. CXI La desiata luce il ciel diserra, 123 e cessato il furor de la tempesta, erger fa gli occhi afflitti e I'alma mesta a quella che fia lor si\ dolce terra. 100 5 Il desio, che fin qui' mi preme e atterra, da l'insensato suo martir si desta, e se lo spirto in tanto ben s'arresta, e\ che per troppo aprirsi il cor si serra. Novo pensier, nov'aria, novo sole 10 parmi ch'io senta, e del paese lieto questo rinovellar,senza altro,e\ segno. Finiro\ il mio camin, ma ben mi dole d'improvisi sospir. Chi sa il secreto? Chi sa che sia del mio caro sostegno? CXII Perche/ m'appresso a la fatal mia stella, 124 quindi e\ la tanta novita\ ch'io sento, e non e\ in ciel contento che il mio agguagliar potesse, 5 se non I'interrompesse inaspettato, fiero, aspro tormento, che la sorte mi da\ vie piu\ maligna, quanto piu\ mi si mostra esser benigna. CXIII Nel mio madonna a voi dolce ritorno, 125 eran li spirti cosi\ lieti e impigri, che gli affrettati passi parean pigri, e anno intero un non compito giorno. 5 Ma sentia spesso nel piu\ bel soggiorno un gelo, e il gelo in pensier tristi e nigri 101 solversi, e fremer quai rabbiose tigri, e stretto ragghiacciarsi al cor d'intorno. L'alma, che partend'io con voi restossi, 10 e novelle di voi sempre m'ha porto, me de I'affliger vostro afflitta afflisse. Maravigliomi, non s'ella turbossi, languendo voi, che sete il suo conforto, ma come in tanta doglia non morisse. CXIV L'orribil vision, che avea si\ ficca 126 la mente in se/, ch'ancor non se ne spicca, intendo al grave stato in ch'io vi trovo. E tanto a cio\ mi movo, 5 ch'altrove esser non posso mai converso. Svellere i boschi e diruparsi i fonti, e congiungersi i monti, e inghiottire il bel de l'universo; esser tratto da nuvoli soverchi 10 per aria il mar fin sopra gli alti cerchi, cader il sol dal cielo, e da I'un polo a I'altro in ogni verso stendersi un grosso velo di sempiterne tenebre cosperso; 15 e tutto I'empisperio orbo e meschino mi parea per camino. Questo sogno non fu perch'io vagghiava, ma il cor, che il sentimento vostro aggrava, 127 102 del mal piu\ che del ben fatto indovino 20 al pensier cosi\ sconci oggetti dava. L'imaginato caso de le tante belta\ gi'unte a l occaso or par che mi dimostri, che seda gliocchi nostri 25 levera\ Morte cosi\ bella faccia, non fie piu\ cosa al mondo che ne piaccia. CXV Se dolente i' partiva, 128 come se fossi I'ultima partita, era perche/ costei dovea mia vita render ben morta con la sua mal viva. 5 E se per nostro ben Dio vuol che viva, ogni lieve disturbo, ch'ella senta, ogni picciol periglio, in ch'io la veggia, cotanto mi tormenta, che I'ambascia la morte non pareggia. 10 O infelice amante, misero, quali angoscie provi e quante? Dunque se vuoi perire, e non e\ appresso al colmo anche il martire, misero, che faria I'anima tua, 15 s'a se/ chiamasse il ciel la gloria sua? 103 CXVI Tu non volesti Amore, 129 che cosi\ vaghe membra toccasse unquanco il tuo soave ardore; or vedi che le incende, 5 e poco men che smembra fiamma crudel, che dentro a lor s'estende. Con la tua gran possanza, onde tanta virtu\ natura prende, che le contrarie parti in un comprende, 10 e sopra gli accidenti rie s avanza, soccorri a questi travagliati sensi. E dolcemente stilla l'amorosa favilla\, e tal concordia e pace, 15 che in vece d'esser fieramente incensi ardan mai sempre di leggiadra face. CXVII Se la radice del mio amor ben ferma 130 era nel vostro cor, com'e\ nel mio il pie\ de la bellezza, ch'i' desio, e appresi si\, ch'ogn'or piu\ frondi germa, 5 ne\, tempi aversi, donde mal si scherma, non I avrestte cos\i posta in oblio, ne/ lasciata gia\ mai spiccar, ben ch'io partito fossi, e voi venneste inferma. Ne/ perch'io lunge andassi, e mal atroce 10 prendesse voi, dovea la vera fede, che suol restar ne I'alma, esser smarrita. Pero\ ch'Amor i piu\ lontan piu\ coce, e Morte, non che quel che le precede, spirto amoroso non puo\ trar di vita. 104 CXVIII Io desiai poterla a tutte I'ore 131 e vedere e servire, che/ d'altro cibo non si pasce Amore; ma mia fortuna dispietata e fiera 5 mi constrinse a partire. Io desiai tornar, trovai ch'ell'era a me vietata ed egra. lo desiai vederla sana e allegra, vidila di me nova e in se/ altera. 10 Ahi triste sorte, che bramar piu\ deggio, se il meglio bramo, e sento sempre il peggio? CXIX Al fin, lasso, che fia? 132 Non ardiva d'andar, poscia v'andai. I' non potea parlar, la lingua sciolsi. Ricusava ella udir la fiamma mia, 5 cominciando pian pian da le faville, tanto feci ch'udille. E quando d'attaccarle piu\ sperai, se partii, venne, e ancor ch'io via mi tolsi, dopo tempo e martir lungo tornai. 10 E se gravata fu, la mia preghiera tosto la fe' ridur cosi\ com'era. Ma che mi giova questo, e tutto I'altro resto, se in vece di parola e vista grata, 15 da me tanto aspettata, ' con un suo guardo fosco par che mi voglia dir:- non ti conosco.- 105 CXX Tanta arroganza, Amor, tanta schifezza, 133 tanto solinga, e in tal dispregio starsi, con alto aspetto e guardi fieri e scarsi, sopporti, e una che te tanto sprezza? 5 Una che di valor, che di bellezza, crede piu\ sempre gloriosa farsi, quanti piu\ a lei passi e sospir son sparsi, ed ella meno a la pieta\ s'avezza? Se tu non curi chi ti trema e cole, 10 e chi ognor ti schernisce e\ senza pena, talche/ de' fidi tuoi ti mostri indegno, benche/ d'amor si parli a voce piena, forse averra\, ne/ cio\ da me si vole, non gia\ che tu, che te lasci il regno. CXXI Ben si dira\ ch'Amor governa I'alme, 134 e che le affrena e allenta, e che puo\ darle e torle a nostre salme. E si dira\ che come piu\ gli aggrada 5 n'assicura e paventa, e consola e tormenta; e il passo tien de I'una e I'altra strada, onde felice o miser I'uom diventa. Ma quantunque I'amante e dica e voglia 10 mostrar ch'Amor a sua libera voglia n'afferra e doma e regge, a se/ I'amante fia signor e legge. E ancor ch'esser tale piu\ d'ogn'altro i' dovrei, 15 poi che a costui non cale 135 del mio strazio mortale, pur madonna ha di me cotanta parte, che in tutti i casi sfortunati e rei, quel ch'ella mi comparte 20 con la sua man, da cui mia vita pende, se morte fosse ben, da me si prende. 106 CXXII Dunque costei, che per mia pace tolsi, 136 e per un ben maggior d'ogni altro elessi, avra co' suoi tanto i miei spirti impressi, ch'io non potro\ svoler quel che gia\ volsi? 5 L'effigie sua con la mia pena accolsi, e i desir e i pensieri ardenti e spessi fien di morte crudel fidati messi; e il cor non svolvero\, s'a doglia il volsi? Con sollecito studio, affanno, e tempo, 10 adoprando natura, ingegno, e arte, potuto avro\ turbar I'almo riposo; e per temprar lo strazio empio amoroso con la ragion, che il troppo affetto parte, si\ pronto non saro\, ch'io non sia a tempo? CXXIII Erano pargoletti i miei desiri, 137 e a venir e a partir le noie preste, ne/ pur saputo avrei formar sospiri. Venne questa crudel che ho gia\ dipinta 5 e sospirata in mille carte e mille, che poi che con parole e dolci sguardi m'ebbe a suo modo cinta l'alma d'intorno d'esca e di faville, e vide farsi inestinguibil foco, 10 lieta ch io mi consume, e a consumarmi per piu\ doglia tardi, se ne gi ritirando a poco a poco. E de' suoi passi tardi ad avedermi sarei stato tardi, 15 s'io non aveva ancor tanto di lume che da me fosse vista la sua ver me feroce e oscura vista. 138 Or benche/ quanto mai I'ami e desiri, potranno oprar le miglior voglie deste, 20 ch'io solchi intatto il golfo de' martiri, 107 CXXIV Se ti s'aggira intorno 139 atra nube di sdegno, che d'ire to\ni e folgori minaccia; e inanzi notte omai ti toglie il giorno, 5 perche/ al governo del tuo fragil legno, poscia che la tempesta ancor nol caccia, ben veloce non corri, e mentre franco sei non ti soccorri? Quegli e\ di scusa degno, 10 ch'a resister si sforza, e nel naufragio suo non ha piu\ forza. Ahi che provato i' l'ho! Ma dove e\ il campo da gire, ove il consiglio,ove lo scampo? O mi salvi, o m'uccida, o mi tormenti, 15 convien ch'io vada in tutti i miei lamenti a lei senz'altro indugio ch'e\ mia ragion,mia vita, e mio rifugio. CXXV Non e\ rifugio mio, non e\ mia vita, 140 non e\ piu\ mia ragion questa proterva. E perche/ ogni ombra di mia speme snerva, esser non puo\ che mai mi porga aita. 5 La non mai piu\ da tempo alcun sentita sua crudelta\ che in cor profondo serva, l'anima mia d'Amore e d'odio serva a ritentar fu pur misera e ardita. A che I'orme cercar di questa fiera, 10 s'al precipizio corro? I' vo lasciarla. Se ne vada, si stia, sola si viva. Deh no! Meglio e\ ch'io torni e le descriva l'orgoglio suo, che puo\ confusa farla. E dolce poi mi fia s'avien ch'io pera. 108 CXXVI A se stessa si stimi, 141 abbisi sola se/ di se/ seguace. Viver non vo' s'a lei sta darmi pace. Allor che il mio desio piu\ verdeggiava, 5 e piu\ fioria la speme, si\ ch'io credeva omai d'esser felice, con quel suo sguardo rio che l alme cava, mi svelse ogni mio ben da la radice, e a reliquie di miserie estreme 10 col medesmo di novo m'ha condutto. E se vi rimanea piu\ qualche seme d'un poco di merce\ me I'ha distrutto. Pero\ senza frutto sempre crescendo il mio dolor mi sface, 15 non altro e\ da fuggir che lei che il face. Ma se ne la mia donna i' son converso, da chi debbo fuggire? Vorro\ partir da chi partir non posso? 142 Vivendo in lei saro\ da lei diverso? 20 Ahi che la voglia e\ penetratta a l'ossa, e se sanar si de' convien morire, morami, se cosi\ fu mio destino. Ma vo' sfogarmi, e mostrar pria che spire l'ultimo fiato questo cor meschino 25 - ch'aspirarlo e\ vicino a costei de lo spirto mio rapace, che s'ella e\ cruda, i' son fido e verace. 109 CXXVII Vive ragion da rischiarar gli abissi, 143 dolorose parole, irati accenti, accompagnate i duri miei lamenti e i pensier neri in quella cruda fissi. 5 Quanto gia\ mai cantando piansi e scrissi di sua belta\ con voci fioche e ardenti, rimproverate, e in quanti aspri tormenti, e in quante morti per soffrirla, vissi. Alma che fai? Di chi sospiri e pensi? 10 Andiam, ch'ancor potria toccarle il core l'aspetto, che I'estreme angoscie mostra. Se non la move poi la faccia nostra, scioglierem contra lei dal petto i sensi. E se morerem, chi mor con pro, non more. CXXVIII Parole, accenti, e spirti 144 armatevi di duol, d'ira, e di sdegno, per chiarir quanto il mio martir sia indegno. Ch'espugnate non cheggio 5 questa nostra e d'Amor dura nimica, che il cor di gelo adamantin le veggio, e pria si strugge, che scaldarsi il ghiaccio, ma cerco uscir d'impaccio, e far si\ che I'interno mio le dica. 10 E se la sorte amica, che non ci fu gia\ mai, ci fosse alquanto, al rimirar chiuso ne gli occhi il pianto, che la soverchia ambascia piover giuso non lascia, 15 e per lo fin, che del mio fral mi sfascia, trasfigurato il viso, ella avria il petto di pieta\ conquiso. 145 Ne/ piu\ bisogno fora venir con voce fulminante fora. 20 Quando a tal vista intenerir non s'abbia, 110 se ben m'ancidera\ sua fiera voglia, disfrenero\ le labbia a l'impeto e a la rabbia, mostrando con che salda fede i' soglia 25 regger I'acerba doglia. Che/ bella morte a i morti e\ caro pegno, e a i vivi di vita chiaro segno. CXXIX Salvar non mi potrai sotto il tuo scudo 146 o pura fede, e rintuzzar gli sdegni ch'al cor tremante e ignudo drizzano il colpo crudo. 5 E di fermezza i manifesti segni, nel guardo suo non rimarran si\ fermi, ch'ella da crudelta\ nol tiri e fermi? La pallidezza che I'instante morte ne i lunghi cavi de le gote imprime, 10 le luci orride e smorte, le ciglia in se/ ritorte, e la voce che chiede e non s'esprime, non potran far, i' non dico addolcire, ma ritenerla si\, che non s'adire. 15 Ah spietata, mio amor, mia fe/ sincera, questi occhi lassi, questa faccia afflitta non vedi? Ah dura e fiera piu\ che alpe, o scoglio, o fiera! O oltre ogni altra in asprezze prescritta! 147 20 Tu di valor? Tu saggia? Tu gentile, perfida? In tua belta\, tu punto umile? Da un morto e da un amante tuo leale trar la vita ch'onor, che pro ti fia crudel? Che ferir vale 25 di riforzato strale chi merce\ grida e disarmato sia? 111 A chi parlo? Ove son? Dove mi porta del mio fiero dolor la cieca scorta? Vattene, miser, pria che tu ti strugga. 30 E se in spirare, o in piegar viso, od occhi non t'e\ benigna, il lamentar trabocchi. CXXX Trasse fiato; la faccia o i lumi mosse 148 in guisa ch'aura di pietate accenne? L'usato stil d'accorsi in se/ non tenne? Non inaspri\ lo sguardo, e il capo scosse? 5 E tu che festi? Quando ella percosse la vista tua, perche/ non ti sovenne del cruccio? Ond'e\ che l'orgogliose penne che volevi spiegar non si fur mosse? l' veggio ben come l'interno affetto 10 la mente assaglia e i pensier primi spegna, allor che il desta l'amoroso oggetto. Ma godo, poi che il fil mia Parca segna, quel ch'offesa I'avria, non le aver detto. Grato il morir, pur che a lei grato vegna. CXXXI De I'ineffabil e infinita grazia, 149 che dal suo cor distilla, bear mi puo\ breve e insensibil stilla. Quando le fui davante 5 si\ che vidi ai vestigi del sembiante, ch'io mortalmente mi corrodo e spolpo, invece d'aspettar qualche conforto ' senti\ ferirmi, e quel fu il terzo colpo, e fia I'ultimo alfin, perche/ m'ha morto. 112 10 E se ben io restai cosi\ perduto a tal percossa e doglia, ch'ove gridar volea divenni muto, piacemi, poi ch'ho da seguir sua voglia, ch'e\ pur ch'esca di vita, 15 d'uscirle si\, che l'ultima partita resti da lei gradita. 150 Che/ di quel che l'e\ a grado quanto piu\ a morte dolorosa i' vado, se scorgo una scintilla 20 tant'e\ il piacer, ch'ogni mio duol tranquilla. CXXXII l' tacqui sotto il suo si\ altero aspetto, 151 ch'abbassato non fu dal mio demesso, non perche/ cio\ dettasse I'intelletto. Mia dapoi ch'ora non le son dappresso, 5 e queta e\ l'alma e il pensiero e\ schietto, d'aver tacciuto ho caro. Che/ parlando l'avrei sdegnata, e amaro per mia cagion mi saria stato il passo, che lieto in far quanto ella chiede, i" passo. CXXXIII Ch'io debbia, ahime\, miseramente uscire 152 di questa vita che in estremo langue, e che costei piu\ cruda assai ch'un'angue qual sia I'animo suo non m'abbia a dire? 5 Non vo' che per pieta\ del mio martire la viva morte mia le mova il sangue; ch'io son si\ ributtato e cosi\ essangue, che non n'ho speme no, ne/ pur desire, ma il refrigerio, che bramato avrei 10 nel profondo del tanto aspro cordoglio, era perir per suo voler espresso. 113 Deh, perche/ a me da troppa doglia oppresso non rispos'ella, quando i' dissi a lei: Volete voi ch'io mora? - - Si\,che voglio -. CXXXIV Detto m'avesse almen: - Vo' che tu mora, 153 ho in odio che tu viva, grato ho il duol che t'accora o qualche altra parola in tutto priva 5 d'ogni clemenza, talche/ I'alma ria si fosse mostra del mio viver schiva, e desiosa de la morte mia. Che piu\ che vita avrei tal morte in pregio. Ma s'obedirla a i cenni suoi mi pregio 10 che cercar altro? Non m'ha fatto certo de I'indurato cor? Non m'ha scoperto che s'avede ch'io pero, e che il consente? Se gli atti son palesi, ch'accade che palesi 15 piu\ con la voce la sua chiara mente? Se la mia sorte acerba non ha voluto mai che in cosa alcuna 154 i' possa compiacer questa soperba, servirolla in quest'una 20 ch'io mi morro\, ne/ di morir mi dole, poi ch'ella per cui vivo, a cui si serba quanto viver potrei, morto mi vole. CXXXV Ella tacer dovea, se mostro m'have 155 quanto ben empio sia I'intimo core. A me toccava dirle, che il dolore de la morte per lei non mi fia grave. 114 5 Poi che I'alma, ch'ancor quel viso pave, altro che il suo languir non mando\ fore, ne/ ch'io piu\ viva mi comporta Amore, chi le dira\ che mi e\ il morir soave? Tanta forza non ho, ch'io volga i passi 10 a lei che il sangue e ogni virtu\ m'ha spento, ne/ respirar potrei se pur vi andassi. Parli mia penna il mio penoso intento, e le faccia saper si\ come i' lassi mia vita, e per suo amor ne sia contento. CXXXVI Morto piu\ assai che vivo 156 vi cerco ancor per ultimo conforto. Ma perche/ in tutto i' fia di vita privo o prima, o tosto allor che v'abbia scorto, 5 quand'io per strada, o avanti a voi sia morto, in questo picciol piego legger questo vi prego: Madonna, elessi quel che piacque a vui; voleste la mia morte, e morto fui. CXXXVII Riguardando ch'a voi non posso dire, 157 che mi e\ donna per voi dolce il morire, e che si\ tosto ch'io vi sia da presso, o prima ancor saro\ da morte oppresso, 5 gridato ho con inchiostro: -Se non fui vivo, i' son pur morto'vostro.- 115 CXXXVIII Non ebbi vita da venire a voi, 158 e se l'avessi avuta, la voce saria stata scarsa o muta. Onde a morte vicin cosi\ vi scrissi: 5 Se per sacrar a voi mia vita i' vissi, ed e\ vostro voler che morto i' sia, ecco la morte mia. CXXXIX Poi che in vita nol dissi, 159 cosi\ l'animo mio morendo scrissi. La voglia di madonna fei mia voglia, e a i cenni suoi tutti i miei spirti affissi. 5 Se di vita pero\ vol ch'io mi scioglia, s'io le die\ l'alma, le daro\ la spoglia. CXL Poscia ch'io non potei morendo dirti 160 quel che chi e\ a morte confortar piu\ sole, pregoti che con occhi alquanto mesti, che cio\ puo\ far ch'io il morto cor console, 5 voglia mirar queste ultime parole. Vissi per non morir senza servirti, morii per viver sol quanto volesti, tal vita e morte tal donna mi desti per guiderdon de gli amorosi spirti. 116 CXLI L'orgoglio vostro e la miseria mia 161 levato m'han che in voce non v'esponga a che stato mortale e dolce i' sia. Pero\ da voi si ponga 5 le luci, e esser puo\ pietosamente, sopra la breve carta qui presente. Perche/ quel che a voi piace e\ la mia vita, e quel che a voi dispiace e\ la mia morte. Se vi spiacque mia vita, 10 mia vita fu mia morte. Se vi piacque mia morte, mia morte fu mia vita. CXLII Perche/ mia donna non gradi\ mia vita, 162 dal viver mentr'io vissi ebbi la morte, e dapoi che gradir volse mia morte, presi morendo dal morir la vita. 5 A voi che in morte al fin mi foste vita, si\ come in vita m'eravate morte, far volsi questi versi inanzi morte, per dirvi che per voi morte mi e\ vita. CXLIII Leggete in questo foglio 163 quel che il sembiante mio porto\ dipinto, piu\ fe/ mostrando in morte che cordoglio. E, oh! qualche sospiro, ' 5 o, benche/ tardi, alcun caldo desiro il rammentarvi del mio corpo estinto di la\ tirasse ove benigna sete, mentre che leggerete. Che/ viver dal piacer vostro disgiunto 10 tolsi piu\ volentier l'estremo punto. 117 CXLIV Qui giace chi non seppe mai vivendo 164 che fosse vita, e il seppe sol morendo. Di cotal fregio s'orni la mia pietra, e s'un di\ quella, che cosi\ m'impetra, 5 le giri in atto di pieta\ le ciglia se mi ravviva e spetra non fia gia\ maraviglia. Che/ se puo\ far morir sua faccia trista, ben la vita puo\ dar la dolce vista. CXLV Voi che di qua passate 165 al mio fin non mirate. Che/ se per la mia donna a morte i' corsi, e cio\ per meglio scorsi, 5 non fu giammai ne/ fia donna o morte o cagion come la mia. CXLVI Se ben mia terra qui lieta si posa 166 pero\ che fu la morte a lei gioiosa, amanti parmi che impararsi debbia che il vanto e\ fumo, la speranza nebbia, 5 vento il desir, sogno il pensier ch'adombra, e i frutti d'Amor polvere e ombra. CXLVII Quanta invidia ti porto, o caro foglio, 167 poi ch'a madonna rimarrai linanzi. E tanto piu\, che in questo ancor m'avanzi, ch'ella almen ti vedra\ priva d'orgoglio. 118 5 E se come sperar m'aggrada e voglio, la memoria di me la porta inanzi, quanto felice diverrai, se dianzi misero ti bagnava il mic cordoglio. O piu\ che d'oro, piu\ che in marmo impresse, 10 piu\ che notate a gli obelischi e archi, beate lettre di teato umore. O che desir, se di la\ si sapesse che que' begli occhi a voi non fosser parchi, raccenderei nel mio gelato core. CXLVIII Ne gli occhi miei piu\ che d'un morto spenti, 168 legger mai non degnoss; i miei piu\ che di morte aspri tormenti. E quando nudi o polve saran gli ossi, 5 in queste righe corte, che per vederla stanno avide e accorte, leggera\, forse ancor con lumi intenti, me morto e la cagion de la mia morte. CXLIX Io vi formai, voi sete il mio concetto, 169 tanta parte ho di voi, ch'io stesso da madonna saro\ letto. E se cortese mai de' guardi suoi 5 esser non volse al mio misero aspetto; fia a la parte miglior, ch'e\ l'intelletto. CL Non sol qua dentro e\ I'alma, 170 ma vi sta parte ancor de la mia salma. 119 Il pianto accompagno\ quel ch'io scrivea, e al liquido affanno 5 il mio liquido cor si congiungea. Pero\ ben del mio stato indizi fanno questi segni di me medesmo sparsi. Che/ lagrime assai piu\ che inchiostro sparsi. CLI Perche/ I'anima mia, mentre ch'io piansi, 171 non si stillo\ col pianto, e di lor due non si fe' succo tanto, che si notasse una minima sola 5 parte d'una parola? Si\ ch'io sentissi alquanto quel sommo ben cotanto, che cosi\ col pensarvi mi consola, che me gia\ quasi morto a morte invola? CLII Se questo picciol parto, 172 questo parto, ch'e\ il fin de i parti miei, toccasse un di\ costei, o il mirasse con luci non asciutte, 5 morir a le ore tutte mille volte i' torrei. E perche/ questo in vita non avrei, viver mai non vorrei. CLIII Voi che tenete la mia morte impressa, 173 e la mostrate espressa; voi segnati pensier, che co i sospiri 120 vie piu\ che con la penna affissi in carta; 5 come I'anima mia da me si parta, come aspri e dolci furno i miei martiri, aspri nel mio dolore, e dolci per suo amore, fate veder a lei con tante forze, 10 che benche/ intempestiva, de la sua ruvidezza alfin si scorze. Se a l'altro mondo questo aviso arriva, non e chi meglio di me morto viva. O tu de la mia morte viva imago, 15 per quel bel lume vago giungele al cor, si\ che si renda un poco il petto anelo, e se fu ognor di ghiaccio in fin ch'io vissi, mentre morto giaccio senta il mio piu\ che mai bollente foco. 174 20 Se non fu vita forte a scaldarla, si\ morte, subito che lo spirto il nodo sciolga, con sua vera sembianza, ch'e\ qui ritratta, spira, a lei si volga. 25 E con acuta e ferma rimembranza, benche/ morto, mi colmi di speranza. Morte, che vivi in queste nude rime, quand'ella non ti stime, prova se intorno divolgar ti poi. 30 Che s'alcun vede mai queste mie note, e gli orecchi con esse le percote, potrebbe anche ammolir gli sdegni suoi. Non e\ pensier tant'agro, che veggendo ch'io flagro 35 con si\ tenace amor su questo punto, affettuoso e dolce non divenisse, da pieta\ compunto. 175 Se moro, e il viver suo mi regge e folce, che fia se mai la morte mia la molce? 40 Amor, perche/ lusinghe e novi intoppi ordisci invan, s'e\ tempo omai ch'io mora? Tal vita peggio che la morte fora. 121 CLIV O sola a me pietosa e dolce lingua, 176 o grata a me fin ch'avro\ spiro desti, ben or convien che la mia sciolga e desti, e di mie grazie e lodi tue I'impingua. 5 Che I'alma dal mio cor non si distingua tu sei stata cagion, poiche/ dicesti il mio stato a madonna, e sol festi ch'ella alquanto il fervor de I'ira estingua. Erano gia\ le parti estreme un gelo; 10 la mente per partir sue lievi piume alzava gia\ da i derelitti sensi. Al lieto annonzio si raccese il lume, la benedetta man venne dal cielo. Oh dolce lingua! Oh tuoi tesori immensi! CLV Qual angeletto la\ dal ciel si sciolse, 177 e per salute mia si\ graziosa lingua mover volse, e porger man cosi\ benigna e pia? 5 Non e\ qua giu\ ne i cor tanta pietate, e se vi fosse ancora, il poter non vi fora. L'effetto fu divin. Somma bontate si richiedeva al mio sommo languire. 10 Scarse l'opre mortali sarian state, pero\ che il mio morire era gia\ inanzi si\, ch'io non scampai, ma da la morte in vita ritornai. CLVI Non potria mai, s'io cento bocche avessi, 178 eterno fiato, e voci alte sonore, la mia lingua a la tua far degno onore. 122 Ella non fia mai sazia 5 di portarti a le stelle, donde discese la tua tanta grazia, e celebrar quelle dolcezze, quelle che si\ I'ira e la morte disacerbar con pronte guise accorte, 10 che per la gioia lor questa mia vita non fu, quantunque fosse gia\, finita. O gioia alma infinita, troppo soperchia il mio voglioso affetto, che capir non potria riva, ne/ fondo, 15 versi, parole, e ogni stupendo effetto. O da tenebre di\ chiaro e giocondo! O ch'angelica man, che spirto eletto per me ti mosse, che celeste umore? Lingua, la lingua a te consacro e il core. CLVII Fuor de la notte in sempiterno oscura, 179 rivestito di luce, da la tomba usci\, sentito ch'ebbi quella tromba, ch'a morte i morti corpi e I'alme fura. 5 Tremante tuttavia per la paura del caso, ch'a la mente e al cor rimbomba, me ne gi\ a lei, che candida colomba mi parve, si\ cangiato avea figura. Gli occhi, donde si stava in se/ romita, 10 levo\ con atto piano, e anco umile, se non m'inganna la virtu\ smarrita. Amor con foggia nova al suo focile tempra spene e temenza, e morte e.vita, e vuol ch'a mezzo il verno abbia I'aprile. 123 CLVIII Fiorir tra neve i colli 180 e nel ghiaccio le rive, e i ruscelletti molli con acque fresche e vive 5 gir mormorando per I'arene estive mi parve, quando riveder vi volli. O che i guardi e i pensier fur sogni folli! Confuso m'ha I'inopinata vista, si\ novo i' sono a me medesmo, a voi, 10 al mondo, e a la fortuna, or lieta, or trista, ma con Amor a te, che i fochi tuoi dal mio gia\ freddo cor levar non poi. Cosi\ donna starommi, e tra dubbio e diletto e duol vivrommi, 15 se ne sete contenta, finche/ il mio gelo maggior caldo senta. CLIX O piu\ che il sole a me lucido Sole! 181 O cara, o dolce fiamma, donde I'eterno ben fruir si sole, accio\ che a te per te vivendo i' viva, 5 del tuo lume e calor porgi una dramma. Quel raggio, quel vigor, che mi ravviva, da la soprema tua virtu\ deriva. Quel sol, che mi darai de la tua faccia, quel sol viver mi faccia. CLX Ben mi diceste come state, e io 182 ben vi risposi, come I'ani pia ma a voi ce che a me mia so sete la, ma i' non era pero\ tutto in oblio. 124 5 Smisurato piacer dal petto mio, con chiaro segno di chi teme e ama, svelse quel che da me tanto si brama, che nel parlar le voci e i sensi oblio. Pur se mirate, che gli accenti suoi 10 Am or disperse, e quel che giva pria per troppa fretta sottosopra mise; e s'aggiungete in un le note incise, fu la risposta, come piace a voi, che sola sete a me I'anima mia. CLXI Tanta dolcezza presi 183 a veder che voi sete I'alma mia, che prima a proferir I'anima attesi, ma subito compresi, 5 che dal parlar smarrita era la via. E se la voce gia rotta ripresi, la lingua, che di poi mal si rimette, s'una volta travia, dal primo traboccar non pero\ stette. 10 Ma I'affetto del cor le fe' si\ note, che pote\ dichiarar le tronche note. CLXII L'anima ch'ho per voi, che da voi prendo, 184 ben preceder vorria, ma il piacer vostro che di stimar piu\ che la vita intendo, vi s'interpone e me la fende in me"o. 5 E voi, che sete il fin d'ogni mio mezzo, tra il fin de I'alma e del contento nostro vi mettete di mezzo. E io a me giungo mia senza il suo resto, pero\ che a voi s'attiene, 125 10 ond'io con me privo di me mi resto. E s'e\ ben mio quel che da voi si tiene, non pero\ me ne viene ne/ possesso, ne/ parte. Poi I'esser voi da parte, 15 si\ che ne/ me volete, ne/ pari al mondo avete, fa ch'entro a sola sete. CLXIII Se voi sete il mio cor, la vita mia, 185 che meraviglia se la lingua corse, la\ dove il suo vigor mai sempre sorse? E s'ogni mio pensier con voi s unisce, 5 e da tutt'altri sciolto in voi finisce; e da voi fura e toglie quanto gia\ mai per suo fomento accoglie, e ancor che tristo di voi sol gioisce; ben a ragion lo spirto se n'accorse, 10 e al fin del mio lagnar voi sola porse. CLXIV Sola vi porsi ben, ma non intera. 186 Voi foste mia con la meta\ di sola, perche/ adoro voi sola. L'altra meta\ disgiunta 5 mostra che non degnate essermi aggiunta. CLXV Quando la voglia nel digiuno ingorda 187 al troppo cibo troppo intenta corre, a poco a poco pria se le soccorre, e con sue forze il peso ugual s'accorda. 126 5 E se il lume eccessivo si discorda da chi per uso vecchio nol puo\ accorre, si suol dai lochi tenebrosi torre, si che il sol la sua vista non assorda. Se nel profondo poi de gli alti giri 10 s'e\ per erger la mente, a le basse opre convien che da principio si rimiri. Cosi\ madonna, al creder mio, che scopre qual sua virtu\, qual mio stato, i desiri e i rari doni suoi lenta discopre. CLXVI Famelico e\ il desir, ch'ebbe a finirsi 188 ne gli aspri giorni, in che di doglia e pianto ne/ d'alcun ben gia\ mai pote\ notrirsi. Oscurato e\ il desir, dapoi che tanto 5 il cieco affetto la ragione abbaglia, che I'e\ d'intorno come opaco manto. Infinito e\ il desir, che perche/ saglia perche/ tenti abbracciar bellezze interne, non mai se stesso in qualche parte agguaglia. 10 Dunque se la mia donna questo scerne, e se mi e\ cibo e Sole e ben sopremo, e sa come in tal caso si governe, i' piu\ spero, che temo, ancor che paia di sua grazia scemo. CLXVII Di parte in parte, e star queto bisogna, 189 le sue tante virtu\ ci fien palesi. Fermati van desire; che per lei, non per te d'amarla presi. 5 Non potresti capire I'angelica belta\ de la mia diva; segno troppo lontan da la tua riva. 127 CLXVIII Tanta letizia infondere in un punto 190 ne la disperazion d'ogni soccorso, e in un ch'era giunto a I'estremo terror del fiero punto, 5 non piacque a lei, che ben m'avria soccorso, se troppo aita non m'avesse vinto. In vece di conforto, farebbe chi piangesse il figlio estinto subito aviso, ch'egli e\ vivo, morto. CLXIX Dolci perle e rubin, dolce cresp'oro, 191 tra dolci raggi piu\ che il sol lucenti, dolci soavi angelici concenti, non scoprirete mai si\ bel tesoro? 5 Ai vostri oggetti e a le bellezze loro sono gli avidi spirti esclusi e intenti. E perche/ il voler cresce, e i notrimenti via piu\ mancando van, languisco e moro. Non basta che lo sdegno non m'ancida 10 per far ch'io viva. Perche/ viver possa mi si dia quel che mi sostenta e guida. Di tutto I'umor suo forse m'affida la donna mia dal mio martir commossa, ma in gran ben tran timor non si confida. CLXX Quel gia\ vostro voler ch'io morto fossi, 192 quel mio solervi dir: - madonna i"pero quell'eterno timor d'un guardo fiero, m'agghiaccian anco le midolle e gli ossi. 5 Parmi ch'al improviso I'occhio altero contra me a un tratto incrudelendo s'alzi, e che dal petto il cor percosso balzi. Ond'e\ si\ acerbo, e mal avezzo il gusto, che se foste ben dolce i' non vi gusto. 128 CLXXI Alma tu vedi ben ch'atti Amor colga, 193 e con che leggiadria; ch'aurati crini ritorca, allacci e snodi, e come affini in que' begli occhi il foco, e indi il tolga. 5 Vedi che luci d'ogn'intorno volga, e con che giri piu\ che il ciel divini, or le lievi, or le fermi, e or le inchini, e che concetti e che parole sciolga. Tu vedi poscia in noi quanto furore 10 I'affetto mova, e quanto si confonda per posseder costei dentro e di fore. Pero\ bench'ella n'e\ in amor seconda, dismisurata voglia il nostro core nel vasto mar di sue bellezze affonda. CLXXII Come saper poss'io 194 quanta parte di lei pigli e ritenga, se sua beltate e il desiderio mio misura in se/ non han, donde si venga 5 a scorger quanto I'una e I'altro tenga? L'infinito desio come vedra\ con occhi non finiti del non finito amor segni infiniti? CLXXIII Quando inalzo dei guardi il volo ardito 195 ai rai che il mio bel Sol da i Soli slega, I'orecchia per invidia i cieli prega, che faccian che il parlar venga sentito. 5 Poi quando il prego e\ si\ da i cieli udito, ch'ella dolci e leggiadri accenti spiega; subito I'occhio a lei si stringe, e lega per tema che da piu\ non sia I'udito. 129 Geloso il cor di questi sensi vivi, 10 per dar ne le dolcezze amate i morsi, correr s'affretta in quei bei lumi e labri. Ne/ I'incudo e\ cosi\ tocca da fabri, com'egli e\ dal desio di giunger ivi, e traboccar fan I'alma i tanti corsi. CLXXIV Non vorria I'occhio che vi fosse orecchia, 196 e questa non vorria che quel vi fosse; quel mentre che si specchia, brama tutt'altre qualita\ rimosse; 5 questa se s'apparecchia per udir tanto affissamente ascolta, che con tutte sue posse gli sguardi ne I'udir torce e rivolta. Tocco I'invido cor da gelosia, 10 la gran fame saziar tanto desia, che pascersi vorria di quella dolce faccia, che fa che si disfaccia, e che invisibilmente si consumi 15 tra que' bei labri e lumi. L'alma, che il gran piacer vol che trabocchi, non vede quanto amor madonna scocchi. CLXXV A quelle chiome d'oro, a' que' begli occhi, 197 a quel sostengo sol de la mia vita, si\ vivamente volgo ambi i due lumi, che cerco a gli altri sensi tor la forza. 5 Ma de la vista non contenta I'alma s'accende per udir le dolci note. Tosto che s'odon le soavi note, ardon d'ira e d'amor gli infiammati occhi, ch'intenta ad ascoltar non vorrian I'alma. 130 10 E perche/ i guardi abbian piu\ spirto e vita, tentan col far I'estremo di lor forza, ch'ogni vigor vital prendano i lumi. Poi quando son ben sormontati i lumi, par ch'io gli acconci per sentir le note. 15 E come gli occhi fosser di tal forza, che s'intendesse il favellar con gli occhi, da le parole che mi dan la vita pendente sta per le mie luci I'alma. In questo tanto affetto aguzzan I'alma 198 20 gli orecchi, che rivali son de i lumi. E a se/ tirando il meglio de la vita volti al bel viso par ch'accenti e note sperino di raccorre anco da gli occhi, e far che gli occhi ancor parlin per forza. 25 L'inamorato cor ch'a I'altrui forza troppo si sdegna di lasciar quest'alma, spira se stesso cosi\ fuor de gli occhi, che vola ne gli amati e chiari lumi, e ne le care e graziose note, 30 stillando in quelle ambrosie la sua vita. Vedesi a un tempo che la poca vita col fiato essala, che non ha piu\ forza, e che vuol trasformarsi in quante note sentir mai faccia quella nobil alma, 35 e in quanti giri quei beati lumi mi soglian apparir dinanzi a gli occhi. Gli occhi e I'udir ne I'amorosa vita 199 e il core a i lumi del saper fan forza, si\ che I'alma non sa ch'amor si note. CLXXVI Ben conosce madonna il mio cordoglio 200 di che le ho reso testmonio largo, ma se visibilmente non lo spargo, sol puo\ tenermi un novo e duro scoglio. 131 5 I' che a lei dispiacer gia\ mai non voglio, e che so quanti a lato abbia occhi d'Argo, da le luci e dal petto non allargo gli affanni, che nel cor profondo accoglio. Del troppo amor perche/ altri non s'accorga, 10 piu\ che possibil si cerco celarmi, e fo che incontra se/ I'affetto s'usa. Ma quantunque I'ardo poco si scorga, non e\ che non s'avanzi in avamparmi, che/ fiamma cresce piu\ quanto e\ piu\ chiusa. CLXXVII Occhi, lingua, sospetti, 201 che state contra me sempre in su I'ali, quanti colpi mortali sento da i vostri dispettosi aspetti? 5 L'amor, la riverenza, e i rispetti che a la mia donna porto, fan che dentro sopporto gli incendi che dariano a voi soggetti. Ma s'avien mai che la natura sforze 10 la ferma elezion, si\ che mie forze sian vinti da gli affetti, non gia\ del tutto mai, ma qualche poco, ben mostra I'improviso e forte lampo, che da gli occhi e dal core 15 sovente m'esce fore, che/ il desire onde avampo, ben ch'io I'occulti e prema, non e\ poco. Gran favilla non vien da picciol foco. CLXXVIII I velenosi guardi, 202 i susurri maligni, I'imaginarsi e creder sempre il peggio, son cagion ch'io dal mio voler traligni, 132 5 e I'impeto d'Amor tempri e ritardi. Si e\ fisso il pensiero di satisfar colei, che sola cheggio. E se talvolta I'accidente fiero di quel bollor, che ne le vene ferve, 10 vieta ch'io mi riguardi da quanto in me s'osserve da le genti proterve, copro\ (ma chi celar puo\ un cor sincero?) I'atto che dal mio fin tanto e\ diverso. 15 Ma mi trovo sommerso in tanti intrichi in quel che vuo' coprirmi, che piu\ temo scoprirmi, e se talor involo tempo opportun da vagheggiarla e aprirmi; 203 20 ahi che questo e\ di rado, e piu\ m'invesca ne I'amorosa tresca, si\ che fa che poi cresca e via piu\ mi consumi I'acerbo e grato duolo. 25 Deh fosser ciechi tutti gli altrui lumi, o foss'io sempre con lei sola solo! CLXXIX Stando dinanzi a voi, 204 d'altro con altre donne ad altro intente, per palesarmi a voi parlo sovente. Ma non e\ pero\ sazia 5 l'alma che corre a le bellezze vostre, e nel mezzo di lor vaneggia e spazia. E quanto men si vol, ch'ella si mostre tanto piu uscir vorrebbe e men si sazia. Sola la vostra grazia, 10 ch'era cagion del suo rapido corso, sapendo che v'aggrada ch'ella resti, I'e\ cosi\ duro morso, che puo\ far che s'arresti. Non e\ lo spron d'Amor cotanto ardente, 15 che il fren d'Amor non sia via piu\ possente. 133 CLXXX La dolcezza ch'io piglio 205 in far che il mio rettor sia al vostro cenno, costante mi mantien nel duro essiglio, che parmi aver da voi, ben ch'io sia vosco. 5 E da I'amato ciglio vien al troppo desio cotanto senno, che a i segni del mio cor mi riconosco. E gli spirti amorosi audaci e intensi, perche/ noti non sian, stringo e riparo, 10 e nel servirvi e torcere i miei sensi non mi e il dolce si\ amaro, che I'amar non mi sia piu\ dolce e caro. CLXXXI Il desio per trovar qualche ristoro 206 m'invita ad essalar le fiamme ardenti, e perche/ i miei tormenti sappia madonna che a tal son ch io moro, 5 vuol che sospir cocenti io le palesi, e altri segni mille de I'interne faville; Il desio che s'accorda con quel che a lei possa piacer, perch'io 10 di sol piacer a lei sempre desio, s'oppon, perch'io non scocchi d'Amor I'intensa corda. Quinci bramo da gli occhi gli sguardi balestrar si\ fuggitivi, 15 e dal cor gli amorosi accenti vivi. Quindi la voglia mia gia\ fatta altrui a se/ da se/ mi tira, 207 cosi\ stando io tra dui, da me quel che piu\ vuo' men si desira. 20 E perche/ a lei fia cara, e\ caro a me I'aver cosa discara. 134 CLXXXII Donna voi m'uccidete 208 col voler ch'io nasconda il foco che di spirto I'alma priva. Ma perche/ voglio cio\, che voi volete, 5 la voglia, che m'uccide mi ravviva. E il mio desir, perche/ al vostro risponda, quanto piu\ ferisce piu\ mi sana. E la morte il morir fa cosi\ vana, e si a viver m'aita, 10 che mi da\ la cagion di morte vita. CLXXXIII Non ti bastava Amor, che da tanti occhi 209 mi fosse tolto il rimirar costei, e dimostrarle gli angosciosi omei, che in altro intoppo ancor fai ch'io trabocchi. 5 Ben tutta in me la tua faretra scocchi, poi che per ch'abbia tutti i casi rei, mandi a interromper i riposi miei da chi non sa che cura il cor mi tocchi. Tosto ch'io son col mio vital sostegno, 10 eccoti gente che con noia e ciance I'orecchie e I'alma mi ferisce a un colpo. Se vuo' abbadarle moro, e se a le guance e a le parole angeliche m'attegno, I'amor segreto fo palese e incolpo. CLXXXIV Se qualche volta al mio bel sol mi meni 210 o dispietato Arciero, fai sopragiunger nebbie, anzi tempeste, da chi viene a turbar miei di\ sereni. 135 5 Son donne e cavalier degni soggetti; ma che cercan da me, che col pensiero son ne gli amati rai, ne mi puon cose dir se non moleste? Altre voglie, altri oggetti 10 vietan ch'io intenda i lor noiosi detti, pur se vuo' come deggio celar il foco, trovomi tra guai. Perche/ la luce, che quanto piu\ veggio via piu\ m'alletta, non convien ch'io miri, 15 ne/ pensi al moto dei celesti giri. Altrimente al tacere a le proposte, al dare o tronche o non proprie risposte, 211 al volger spesso i guardi, scoprirei d'essere intento a lei, 20 pero\ quando m'adatti con questi tali, e ch'io misuri gli atti, benche/ il volto sia vo\lto, con gli occhi si\, ma non col cor gli ascolto. CLXXXV Son questi quegli accenti si\ divini, 212 che tra perle e rubini escono dolci e soavi? Son questi quei concetti cosi\ gravi, 5 da quai par che s'affini la mente in figurar I'altezza loro? E questo il bel tesoro, onde il mio cor le sue ricchezze invola? Ch'io sia per ritener la voglia asccosa 10 constretto ad udir cosa che m'attrista, e non quel che mi consola e I'alma si confonda e resti sola? De le disparita\ che non han fine piu\ m'accorgo e m'affligo, 15 poi che ambe son vicine, e a un tempo in esse I'intelletto affigo. 213 136 Ben or conosco, e pria conobbi ancora, quanto si brami il bel ch n'e\ dinanzi; e se vietato fora, quanto il bramarlo piu\ sempre s'avanzi. CLXXXVI Che poss'io piu\ s'Amor mi sferza e punge, 214 e ora gli atti fa contra i desiri, ora i desiri contra gli atti pronti, e ripugnanti voglie in un congiunge? 5 Non sol i' fingo, e i miei dolci martiri non lascio,che sian conti a quei che in un gentil drapel ristretto spesso si trovan con la donna mia, ma ben ch'io gli ami e riamato sia, 10 d'odiarli son astretto. Perche/ da lei che adoro mi disvia ogni motto che alcun di lor mi faccia. Ne/ pero\ I'odio I'amor da se/ discaccia, e si\ mi bolle il petto, 15 che allor a chi piu\ mi si mostra amico, e mi e pero piu accetto, auguro peggio, che a crudel nimico. CLXXXVII Strana legge d'Amore, 215 modi contrari, disusate tempre, onde forz'e\ che il cor mi si distempre. Che/ io debbia udir novella 5 di cose, ahime\, che tanto schifo e abborro, in vece de I'angelica favella, ne/ gir con gli occhi, ove con l' alma corro; e che/ pur anche i' voglia contemplar la sua faccia onesta e bella, 137 10 il leggiadro sembiante, e'altre cose tante, di che il piacer m'invoglia. Maraviglia m'arresta spesse fiate in mezzo a i pensier miei, 15 come lo spirto sia distratto ognora e tolto quel di ch'io viver devrei, 216 ne/ pero\ mai si mora. Virtu\ d'Amore e\ questa, che quanto men nostri travagli tempre, 20 via piu\ dolce I'amar ci renda sempre. [CLXXXVIII] (missing leaf) [Com'esser puo\, che questa saggia donna] [217] [CLXXXIX] (missing leaf) [Or puo\ scoprirsi il mio martire intenso] [218] CXC Amor,nascer facesti 219 di dubbio e voglia una tua tal nimica, che se quant'e\ sapesti la vita a un tratto di parto rio torresti. 5 Se questa si nutrica, e va crescendo, il regno tuo n'e\ gito. Tu foco, ella non gelo, ma tepidezza, ch'ha il calor sentito, ne/ accesa e\ punto da I'ardente zelo. 10 S'era nata un'amica del freddo in tutto, esser poteva Amore, che al fiaccolar de le tue fiamme spesse a le tue fiamme un di\ ceduta avesse. Questa percossa da possenti forze 15 preso ha si\ poco ardore, che par lieve favilla che s'amorze. 138 CXCI Lieve favilla che i miei spirti su e 220 dal cor a dramma a dramma, mai non diventa fiamma, e mai non si distrugge, 5 ne/ mi s'appressa mai, ne/ mai mi fugge. S'Amor, che i suoi seguaci desta e infiamma, avesse costei presa, gia\ si sarebbe arresa, e di voler conforme 10 per quella strada ch'a fin dolce giunge, d'Amor seguito avria con meco l' orme. E se I'odio che gli animi disgiunge pria I'avesse gelata, la cura che mi punge 15 morte lunga e crudel non saria stata. Questo tanto languire e\ peggio che il morire. Ella sia ghiaccio o foco, che s'e\ di mezzo i' pero a poco a poco. CXCII L'opra d'Amor, che negli amanti luce 221 e\ si tepida e ascosa, che voi de I'eta\ nostra unica luce, voi, vivo sol che i petti scalda e irraggia, 5 non la vedete chiara e amorosa? Poi che sete non men che bella, saggia con dritt'occhio scoprite dal mio cor che ferite versin lo spirto a voi; 10 e se l'amata cosa de' riporre in chi I'ama gli amor suoi, e fortemente amar s'amata e\ forte, racendete oramai del vostro affetto le scintille smorte. 139 15 Con voglie cosi\ ardenti transformai mia vita in voi, che se da voi fin scorte non mi dara\ la tepidezza morte. CXCIII Di que' bei guardi che ferito m'hanno, 222 e potrian anche un di\ sanar la piaga, I'anima mia quantunque ognor s'appaga, non pero\ scorge il fin del lungo affanno. 5 E se parole sente, che la fanno del suo foco gentil sempre piu\ vaga, in questi affetti non e\ ancor presaga, ne/ partecipe d'altro che di danno. Gli occhi leggiadri accendon l' esca, e l' aura 10 de la dolce favella entro vi spira. O refrigeri a tanta arsura spenti! Poi quando a se/ quello spirar si tira, Amor I'incendio piu\ che mai ristaura con I'arme sue, che son due lumi ardenti. CXCIV Volava ardendo Amor la terra e 'I cielo, 223 distruggendo le stelle e gli elementi, Natura disdegnossi, e spinse e venti e pioggia, e neve e gelo, 5 contra le fiamme ardenti. Egli che vide spenti i suoi vigor, guardo\ qua giu\ d'intorno, e mirando piu\ chiaro assai che il giorno lo sfavillar de I'uno e de I'altro lume 10 a te drizzo\ le piume, e le facelle prese e nel bel Sol de i lampi due le accese. Da questo punto in poi sempre i fochi d'Amor fur gli occhi tuoi, 15 e gli occhi stessi furno i fochi suoi. 140 CXCV Con voi giocando Amor a voi' simile, 224 involaste a I'incauto la faretra' Egli perche/ s'aretra per poca offesa, a le piu\ gravi umile, 5 scoperto il furto, di che al fin s'avide, irossi, e non fu parco a por la mano a I'arco per ferirvi, ma vide le saette dal fianco suo divise, 10 e le due luci fide a rimirar si mise, e invaghito di voi, di se/ sorrise. CXCVI Amor seco mirando 225 dal ciel madonna, quando vide il crin d'or ch'e\ un Sol, che vince il sole, disse queste parole: 5 O chiome al mondo sole, in voi sole mi fido. Non sara\ piu\ mio nido Pafo, o Citera, o Idalia, o Menfi, o Gnido.- Poi tacendo discese, 10 e dentro vi si stese e sempre piu\ senti\ tanto diletto da questo albergo eletto, che per starvi ristretto, ivi aver volse l' esca, 15 accio\ che mai non esca e il partir per cibarsi non gli incresca. Ivi con nove frodi si pose a formar nodi, con che gli incauti cori, ond'egli ha vita 226 20 per la strada smarrita prendesse a la partita 141 che fan da i petti loro, quando il dolce tesoro li tira ne' capei co i lacci d'oro. 25 Or mentre che s'adopra intorno a si\ bell'opra, volo\ sopra la fronte, e fu si\ fiso ne I'angelico viso, che si trovo\ conquiso 30 da vago ardente lume, in cui scote le piume, s'avien che quel calor troppo il consume. Cosi\ piu\ non fatica per legarci, ne/ intrica 35 le bionde treccie come avea proposto, ma ne gli occhi s'e\ posto, e saetta nascosto, 227 perche/ niun si guardi. E son gli acuti dardi 40 e I'arco suo le ciglia e i dolci sguardi. CXCVII Se veder voglio ascolto, e s'udir deggio, 228 gli occhi agguzzo, e I'udir da gli occhi attendo. Se son per affermarmi i passi stendo, e immobil me ne sto s'andar mi creggio. 5 Mentre mi fermo, o vado, o sento, o veggio, che vegga, e senta, e faccia, non intendo. Doglia e timor da la speranza prendo, e in mezo del timor spero e vaneggio. Donna, se la famiglia de' miei sensi 10 e\ si\ confusa che I'un I'altro caccia, voi la reina sua non la reggete. Lo spirto, che vi do, disperso avete, ond'io nol trovo; e ne la vostra faccia quando pensai di spinger I'alma, spensi. 142 CXCVIII Ne i vivi giri de le due fiammelle, 229 ne' soavi cinabri de gli amorosi labri, vidi il secreto de le cose belle. 5 E spinsi a questi e a quelle I'alma pensando di trovar la vostra per coglierla, e mandarvi al cor la mia. Ben la trovai, che troppo ivi si mostra. Ma chiusa fu la via, 10 ne/ coglierla, ne/ entrar oltra potei, e prigion me perdei, ne/ vivo se non quanto la\ s'invia il mio pensier, che la\ si nutre, e cria. Or fien di pochi e rei 15 se sdegno e dura voglia vi seconda. Aprinsi i paradisi. Da i dolci sguardi e risi, a cui pieta\ risponda, me dentro a voi, voi dentro a me, s'infonda. CIC Tra rose aperte e tra lucenti raggi 230 i miei pensier ne/ ben ne/ poco saggi m'han I'alma chiusa e ascosta, e in dolce e duro carcer I'han riposta. 5 Dolce, mentre ti miro, o che I'imaginar a te m'accosta, e godo la belta\, che si\ desiro. Crudo, perch'ho martiro de la belta\ senza tua grazia ingrata, 10 che il fior e\ I'una, e I'altra e\ la radice. Anima sfortunata ne/ I'odio altrui, ne/ I'amor tuo felice, esser ne/ mia, ne/ di costei ti lice, 143 ne/ in liberta\, ne/ serva, 15 ne/ dal timor gelata, ne/ da la speme accesa, condizion proterva, poi che a nimica tal ti trovi arresa, che sei prigion da te, ma non sei presa. CC Liberi nodi, liberta\ prigione, 231 odio amoroso, dispregiato amore, desio senza ragione, intelletto disgiunto dal suo core, 5 piacer misto al dolore, iraconde repulse, entrate chiuse, speranze pronte piu\ quanto piu\ escluse, mostra voi cruda e bella, e che da voi dannata, a voi s'appella 10 I'anima mia, che se virtu\ non tira dal vostro cor, col vostro spirto spira. CCI lo vi guardai, voi mi guardaste, e i guardi 232 furono acuti dardi. I vostri si\, ma i miei? Lasso, ch'Amore voi contra me, me contra voi raccende, 5 ma diverso e\ I'ardore. Che/ sol da gli occhi fore il vostro viene, e il mio dentro non prende. S'aperto fosse I'uno e I'altro core, o che beati strali 10 darian ferite e refrigeri eguali? 144 CCII Pallido mi diceste, e a voi fu strano 233 che in tale stato i' fossi, onde tutto tremante mi riscossi. Ma se vi e\ manifesto 5 che col vostro calor il mio suggiate, e il vostro non mi date, perche/ v'apporta meraviglia questo? O piu\ pietosa, o men leggiadra siate, s'io non vi piaccio smorto. 10 Rendansi (che/ io son gia\ non bianco, morto) al cor gli spirti scossi, le forze al senno, e le midolle a gli ossi. CCIII Con la sua bianca mano a me si mosse 234 madonna e la mia cinse, e se 'I desio non m'inganno\ la strinse. Poi la sua ritirosse, 5 e allargolla e la scosse. Cosi\ dir mi potea, che ben Amor me preso e stretto avea, ma ch'ella n'era sciolta, e si sciogliea se fosse in lacci avolta. CCIV Arso da la belta\ che pria m'accese, 235 e poi nutri\ col mio desir il foco, cercai piacerle si\ ch'a poco a poco sentisse anch'ella queste fiamme accese. 5 Ma s'infinse, o non volse, o non m'intese, e parve che 'I mio mal prendesse in gioco, tal che in chieder merce/ languido e roco, I'arme de la speranza al tempio ho rese. 145 E di lei nudo nel martir agghiaccio. 10 E se in pianto mi solvo e mi ramento de lo sdegno crudel ritorno un ghiaccio. Quindi m'aveggo ben, che tal tormento fa che ardendo io d'amor non mi disfaccio, o nel disfarmi almen I'ardor non sento. CCV Questi guardi, questi occhi, questo viso 236 di madonna, che vuol ch'io mi consumi, si\ m'han racceso tutto, che son d'ardor conquiso. 5 E se non fosse il flutto e del pianto, e de I'onde, e de' due fiumi, che versan i miei lumi, me gia\ morto e distrutto, me I'incendio in faville avria ridutto. 10 Questi fiumi, quest'onde, questo pianto con che costei vuol ch'a perir non tardi, si\ allagan ciascun loco, ch'acqua son d'ogni canto. E se non fosse il foco 15 e del viso, e de gli occhi, e de' bei guardi, che par che dican, ardi, io fatto a poco a poco sarei fonte, in stillar lagrime fioco. CCVI Cosi\ i crudi occhi tuoi da i miei tran guai, 237 che fora un lago, s'io da i vaghi ardenti rai non cogliessi la fiamma, che mi dai. 146 5 Cosi\ da' tuoi begli occhi arso e\ il cor mi.o, che sarei foco omai, se non che il guardo rio tutto mi solve in lagrimoso rio. CCVII M'accendesti e uccidesti 238 quando i bei lumi tuoi ne i miei volgesti. Poscia veduto il mio vigor vivace, temendo ch'io non pera 5 a una sol morte, con la vista altera hai raddoppiato il colpo, onde mi sface il pianto, e mi distrugge morte diversa da la prima face. E perche/ I'una I'altra abbatte e sugge, 10 I'una e I'altra sen' fugge, che I'acqua il fuoco, e 'I fuoco I'acqua toglie. Si\ che coteste voglie per far ben I'alma mia di vita priva, fan che col giunger morte a morte i' viva. CCVIII Le lagrime e le fiamme 239 mi dice Amor, che cosi\ canti e piangi. Non son perch'io li liquefaccia e infiamme, morte affrettando, di che gridi e t'angi. 5 Ma fo che I'una morte e I'altra avviva, perche/ tu mai non mora, e mai non viva. 147 CCIX Vi par ch'esser debbiate 240 crudel, perche/ la fiamma di beltate in tutto non mi stempre, ma col pianto i' la tempre. 5 Questo e\ un tenermi con due morti in vita. Questo e\ un voler ch'io viva e mora sempre. Deh, porgetemi aita con tal pieta\, che da' begli occhi stille. Che s'avien ch'io sfaville 10 al vago sguardo, e il dolce sguardo ancora il mio foco tranquille, due vite mi trarran di morte fora. E s'io morro\ con queste vite, e mora. CCX Torno piu\ volte ad affissar la vista 241 in te mia donna, in te mia morte e luce, ne/ a le tenebre mie pero\ mai luce quel tanto, ch'ebbi gia\ de la tua vista. 5 Che/ nascosa belta\ da me fu vista, quando de la serena man la luce mi baleno\ tra I'una, e I'altra luce, si\ che beato fui di vista in vista. E se talor piu\ I'alza a gli occhi, sole 10 non son le dita, e tenebrar in parte I'ambizioso guanto i guardi sole. S'allor fia nuda quella bella parte, vedrem scoprirsi e crescer sole a sole, tolta la spoglia, che da noi li parte. CCXI Era mezza vestita e mezza ignuda 242 la man, che di sua man non fu mai cruda, 148 e attraversar gli occhi donde par ch'Amor gioia e fiamma scocchi. 5 Parea la nuda un neo chiaro sottile nel sol al sol simile. La vestita parea densa atra nube nel sol, che il sol ne rube. Quella godei con varia doppia luce, 10 che pur ne la memoria mi traluce. Questa mi spiacque, e ancor la mente ingombra, e offeso piu\ m'avria, se non che I'ombra spesso fa che piu\ luce vago splendor, che dolcemente adombra. CCXII Per far che gli occhi miei fosser di talpe, 243 pensaste por dinanzi a i vostri un'alpe, quando con la man nuda li copriste. Parvi cosi\ che chiuse sian le viste? 5 Spegner credete con un lume, un lume? Celar col sole il sole? La man lucida e chiara, e luce prende a gli occhi e luce rende. Ma se vostro costume 10 cosi\ oscurar vi vole, io tal sempre vi scerna, e me ne stia con questa notte eterna. CCXIII Ne I'atto che la mano a gli occhi corre, 244 tra rosati color candidi aprici, ripercossi da bei lumi felici, vedesi un ciel disciorre, 5 e uscire una aurora, 149 piu\ vaga assai de I'altra, che in brev'ora il suo cammin finisce, e tanto piu\ languisce, quanto piu\ si colora. 10 Ma questa ognor gioisce, crescendo di belta\ con la dimora. Cosi\ restasse ferma mia vista quando in lei si volge e ferma, e non mancasse, come I' alba sole 15 a I'apparir del sole. CCXIV Si\ come a i freschi mattutini rai 245 rosa vermiglia in bianchi gigli splende, cosi\ la vostra man quando si stende a i lumi dolci e gai; 5 se non che quella si disfiora e solve tosto che il sol si volve, ma la man vostra ha piu\ vaghezza sempre da I'amorosa tempre di que' begli occhi, ond'e\ il mio cor di polve. 10 Ben essi fan ch'ei si distrugga e stempre in foco tal, che venga cenere, pria che il foco in lui si spenga. CCXV Par ch'un spirto ragione 246 cosi\ sovente meco: La man che questa fiera a gli occhi pone tal lume porta seco, 5 che giunta ai rai sara\ per farti cieco. Pero\ che i gran reflessi fien cosi\ forti e spessi, che non potran gia\ mai confarsi teco. 150 Un'altro spirto vien con altri messi, 10 e dice: - Quella luce e\ si\ diurna, che se la mano eburna non vi mettesse I'angeletta nostra, tosto verria la vista tua notturna.- 247 Or tra se/ sono in giostra 15 i miei pensieri, e la ragion non mostra qual abbia maggior prove. Onde forza e\, ch'io per chiarirmi prove donna col senso, e miri i duplicati risplendenti giri. CCXVI Quei lampi, ch'io credea che da i bei soli 248 dolce foco vibrasser ne le vene, si turban folgorando ogni mia spene, ne/ voglion, ch'io di la\ conforto involi. 5 Miei guardi intanto sconsolati e soli veduto il colpo, ch'a ferir li viene, abbassan, per schifar I'acerbe pene, a la pietosa e bianca mano i voli. O voglia o no, questa convien, ch'adopre 10 la virtu\, che colori e moti scioglie onde gli aperti cieli a i cor si scopre. Ma la nimica mia de le mie voglie poi che s'accorge, e sue bellezze copre; la vita a me, non che la vista, toglie. CCXVII Se gli occhi a terra volgo, 249 e il viso a voi piu\ a rimirar non vegno, perche/, crudel, giungete sdegno a sdegno? Provai che il vostro sguardo, 5 di che tutt'arsi e ardo, s'una volta era dolce, e cio\ fu raro, 151 mille fiate amaro mi si mostrava; ond'io quantunque tardo chinaimi a contemplar la man gentile, 10 che con foco sottile mincende si\, che non vi lascia il segno, ne/ mi fa mai de la sua grazia indegno. S'ella veder potesse qual colpo Amor m'impresse, 15 e com'e\ bianca, cosi\ fosse ancora tal, che co i lampi fora 250 la sua vera pieta\ mi tralucesse, conoscerian quelle due luci altere, ch'a torto mi son fiere, 20 e ch'a ragione i' pur sempre m'attegno a questo sol di mia vita sostegno. CCXVIII Donna, se troppo fiso 251 io vi mirai nel viso, forse onesto rossor v'accese e tinse, o che I'altero lume, 5 che gia\ per suo costume non degna altri occhi, d'ira vi dipinse. Ma quella chiara congelata fiamma, quella man bianca, che non puo\ vedermi, quand'ho da lei la vita a dramma a dramma, 10 e che ne/ sdegno ne/ vergogna infiamma a che, lasso, tenermi celata a i guardi solitari e ermi? E tanto piu\, ch'a la sua dolce vista non manca mai quel che da me s'acquista'. CCXIX La leggiadretta mano, 252 sola rimasa a sostenermi in vita, 152 se tosto non m'aita pieghero\ gli occhi ad altra parte in vano. 5 Che la pieta\ fuggita da quella luce ria, che solea tenebrar la vista mia, nel vivo avorio gita s'e\ di sua mano in questa man scolpita; 10 ne/ piu\ mover si puo\, ne/ piu\ si move per discoprirsi altrove. Tal ch'io non vegga mai (che/ mai non deggio altro veder) se sola lei non veggio. CCXX L'alma pieta\, che con due larghe vene 253 soleva derivar da i fonti vivi de I'angelica luce e d'ogni bene, or trova estinti i gia\ profondi rivi, 5 e a questa man sen' viene, che, ch'io cada e moia omai, mi tiene. Far non puo\ il cor gentil, che non trabocchi se non da que' begli occhi, almen da qualche bella parte estrema, 10 che men I'ardor de i tristi raggi tema. Ma i raggi visto, che dolcezza fonda, la bella parte eletta, irati contra lei, ch'ognor mi mostri soavi perle e ostri, 15 fan che I'inessorabil, iraconda, aspra guerriera mia, poi ch'e\ costretta di lasciarla gioconda, con suo sdegno e mia morte la nasconda. CCXXI Far potess'io vendetta 254 di quella man, che m'ha rapito il core. Poi s'e\ rinchiusa e mai non spunta fore. 153 Alfin ella s'accorda 5 con le due luci disdegnose e empie, e per star contra me piu\ cieca e sorda s'appiatta, e piu\ che puo\ di doglia m'empie. Ma s'io disacerhar non posso I'ira, che tanto mi martira, 10 per la bramata via, invisibil ne stia, che contra il suo voler voler la voglio. Non fia quanto, ne/ scoglio, che da la mente e lingua mia la tolga. 15 Ovunque i rai de l'intelletto i' volga, veder lei nuda e il mio cor prender soglio, e come ch'io mai le parole sciolga, si\ vivo la dipinge I'affetto che mi spinge, 255 20 che Amor le sue bellezze a ognun divolga. Or senza altra vendetta, abbisi quella mano, abbisi il core, or si rinchiuda e mai non spunti fore. CCXXII Ben comprender vorrei 256 la man, che I'alma e se/ da me disgiunge, ma ne/ parola ne/ pensier v'aggiunge, che/ I'alimento vien da prender cibo, 5 non da I'imaginarlo. E quella di ch'io parlo, quella bellezza, che con gli occhi bibo, s'e\ lontana da lor non la delibo. Non pur un vel, ma un'ombra 10 contender puo\ la desiata vista, che quanto men s'appressa, piu\ m'attrista. Se de la dura scorza, che cotanto I'adombra, ora mai non si sgombra 15 mia vita manchera\ ch'alfin s'ammorza. 257 154 La rimembranza e il ragionar non sforza I'oggetto, che m'ingombra. E al guardo quel, che sia dal guardo lunge, per parlar e pensar non si congiunge. CCXXIII La sempre fiera e onorata spoglia, 258 mentre che veste I'amorosa neve de la mano, a levar me da me, lieve; d'ogni calor vital tutto mi spoglia. 5 Lasso, dove il mio cor volger si deve per ricovrarsi I'alma, poi che costei ne la divina salma, ha si\ nimica a la natura I'arte, che ricopre ogni parte? 10 Eccetto quella, che sen' va superba, e dispietati strali mi riserba? Se nel cercar la vita a parte a parte piu\ me la rendo acerba, meglio e\ che per finire 15 con dolce morte il mio lungo martire, si\ che tosto mi sfaccia, gli occhi drizzi a la bella e cruda faccia. CCXXIV Amor dinanzi a me squarcio\ quel velo, 259 con che a gli occhi del mondo asconder volse I'infinita belta\, che in voi raccolse, e termino\ natura e il Re del cielo. 5 Di sfrenata virtu\ d'ardente zelo, cosi\ i pensieri e i desir mi sciolse, e subito il mio spirto al vostro avolse, che in tanto ardor non mi ritenne il gelo. Voi turbata, ch'a voi senza ritegno 10 corressi, mi scacciaste, e al fin, ch io mora se tornar oso, grida il fiero sdegno. 155 Io che pur giungo al passo che m accora, tra il colpo e la ferita, ohime/, qual vegno, che/ piu\ non vivo, e non son morto ancora. CCXXV Pensando al colpo contra me si\ forte, 260 trovomi senza vita. E perche/ ancor non ho I'empia ferita, trovomi senza morte. 5 O de le vive genti e de le morte stato peggior, che non e\ in queste, o in quelle, ma di quelle e di queste ha piu\ ria sorte. O duro caso! O dispietate stelle! Perche/ ritrarmi in si\ profonde luci, 10 se i rai soavi e truci ch'io con gli occhi a suggiar tosto era mosso, fulmini son dond'e\ il mio cor percosso? CCXXVI Quando pensai che piu\ m'avesse a schivo 261 colei, che mi teneva ognor diviso da I'angelica mano, e dal bel viso, dal di\ ch'io fui de' suoi vaghi occhi privo, 5 miraila, e vidi, che I'avorio vivo alzando, il pose tra soave riso e dolce sguardo e parve un paradiso per novi cieli, e lampi e lumi divo. Anime elette, che rischiara e urge 10 e acqueta di gloria alto desio, mentre in luce e in amor letizia surge, ditemi che piacer vi formi Dio, ch'i' diro\ di che affetto il cor mi turge per la belta\, ch'intre si\ sparse e unio. 156 CCXXVII Non si\ tosto, madonna, riguardommi, 262 e sorrise e giro\ la schietta mano verso il bel volto umano, ch'io senti\i ch'ella fuor di me tirommi. 5 Gli sguardi al cor per gli occhi miei sen' giro\, e la strada con atto dolce e piano a I'uscita gli apriro\, e il riso fe' che ratto via sen' venne, e la man repentina il prese e tenne. 10 La qual cerco e vagheggio da indi in qua, tal che da me s'abborre tutto il resto che veggio, eccetto quel ch'al furto suo concorre. Che/ dove e\ il cor, la\ sempre I'alma corre. CCXXVIII Deh, rendetemi il core - 263 vi disse, e partii poi. E ritornato, voi tutta ne gli atti, e ne' sembianti amore, 5 mirandomi rideste, e la man vaga in alto rivolgeste. Sentii la chiusa via subito aprirsi, e gli spiriti unirsi, e I'alma ritornar dentro dal petto. 10 Cosi\ da la man vostra ho il cor ripreso, ma pien di tal diletto, che non mi pare il mio, tanto e\ perfetto: E s'e\ pur mio di voi tal parte ha preso, che mentre seco vivo, 15 io son con voi, se ben di voi son privo. 157 CCXXIX A I'apparir di quella man gentile, 264 di que' begli occhi e di que' dolci risi, a I'ardente focile, onde da tante bande Amor gli ha incisi, 5 sento gli spirti miei da ma divisi. Vattene vita mia, che te, morendo in lei, di morte privo, e cangio morte in vita sua, s'i' moro. Ecco non piu\ dimoro, 10 e I'alma sen' va via, ecco non son piu\ vivo, ma se pur anche vivo, perche/ il poco, ch'i' avro\ mal vivo fia, non avra\ morte ove di morso dia. Cancelled poem found on page 279 of the manuscript (CCXLI). 265 CCXXX S'a un dolce sguardo di madonna i' pero, 266 ond'e\ che non la fugge? A lei perche/ rifuggo per aver vita, se sol morte spero? 5 Tu che vedi e governi il mio pensiero, di ch'io non so la strada, Amor, dimmi a qual fin suo corso vada. Il fin de la tua mente e\ si\ perfetto, che I'umana natura, 10 e se stesso non cura, se non quanto dal ciel tien per soggetto. Tal che per farti sol tutto intelletto, I'alma del corpo spoglia, quantunque ella rimanga entro la spoglia. 15 Amor, questo e\ il morir, di ch'io dicea, quando uscivan da i sensi 158 i miei spiriti intensi ne gli occhi di colei, che in terra e\ dea. Ma qual e\ la cagion che non e\ rea 267 20 la partenza, ch'io faccio da me, quando a mirarla mi disfaccio? Allor dal velo tuo noioso e frale traendoti i suoi rai, tu purgato, ti fai 25 ne la lor vista angelica, immortale. Qui perche/ inferma qualita\ non vale, I'anima pura vedi, e lei vedendo eterno ben possedi. Dunque Amor, questa gioia e questi lumi 30 godiamci nel bel viso di quella, che qui mostra il paradiso. CCXXXI Novo piacer, che in me da voi distilla, 268 cosi\ di se/ tien ebbro il mio intelletto, ch'ognor penso, e il pensier tanto e\ perfetto, quanto stendersi a voi gode e sfavilla. 5 Ne I'alma vostra, che essi sol tranquilla, gli spirti immergo, come in proprio oggetto, seguendo lei da I'amoroso affetto attratta a me, dove suo fin sortilla. Quindi abbiam doppio ben, che gira sempre. 10 Poi quando affissa i nostri sguardi il senso, va il moto a unirsi a le divine tempre. Ma la natura nel desir immenso non vuol che la virtu\ de i cor si stempre. Che/ da\ due morti un viver troppo intenso. 159 CCXXXII Se vo' il mio cor, corro a la donna mia, 269 e se madonna vo', corro al mio core. Dovunque ella, dovunque i' vada o stia, benche/ discosti, ne congiunge Amore. 5 Ne/ fortuna, ne/ tempo, o voglia fia che scemi in due persone un sol ardore. E se non fosse la ragion, finite da un troppo vivo amor sarian due vite. CCXXXIII Or che sento d'Amor I'opra compiuta, 270 e il titillar del cor, de le midolle, e de le fibre non gia\ mai satolle, e de la mente pura, allegra, e acuta, 5 le cose, a che fu I'alma cieca e muta, pero\ ch'in altro stato ritrovolle, cosi\ comprendo ad una ad una, ch'holle dentr'a memoria tal, che non si muta. Quest'angelica donna ebbe sua voglia 10 con lenta man sempre a la mia conforme, e in modi occulti, me'I mostro\ sovente. Poi ch'ella fatta m'e\ corrispondente, come i suo amor trattasse, e i'n quante forme, dolce diletto a raccontar m'invoglia. CCXXXIV Quel che per dolcemente travagliarmi 271 fece madonna con sua faccia trista, i' non potei veder, perche/ a quel guardo, che per meglio ferirmi trasse I'armi, 5 sempre abbassai la vista. Se salda la tenea, e in gesti di martire i' le dicea: 160 Ah cruda! Ahime/ ch'io ardo! la finta sua severita\ cadea, 10 e si saria scoperto il viso del mio amor pietoso e certo. Or in dolce diporto, e in vezzosi giochi, rammentandomi i lochi, 15 i tempi, i giorni, e I'ore, e gli atti e le parole, con un soave ardore, 272 m'empie di vario, novo, almo conforto, che ne I'empireo ciel tirar mi so\le, 20 tanta dolcezza par che da lei fiochi. E narra meco il simulato caso, e qual sarebbe il volto suo rimaso, s'erano gli occhi miei contra lei duri. E per li nostri fochi 25 vuol ch'io me n'assicuri. Ne resta perch'io faccia i miei scongiuri, con dirle quanto i' ne sia ben suaso, ch'ella con luci ardenti non me 'I giuri. CCXXXV S'io sapea quel, ch'ora saper mi giova, 273 cosi\ mirato avrei, e con tanto cordoglio, dentro a quei lumi nubilosi e rei, 5 che cessato I'orgoglio, e le fiere tempeste, quasi un lucido ciel si saria mostra, allor che dopo nubi atre e moleste, fa di se/ chiara e dilettosa mostra. 161 CCXXXVI La fronte irata contra me teneste, 274 poi tacita ridendo vi volgeste. L'ira vidi ben'io, che m'ebbe ucciso. Ma del dolce sorriso, 5 che bear mi potea, perche/ quel vostro colpo feriti e tolti gli occhi miei m'avea, i' non m'avidi, ond'ora me ne scolpo. E perche/ morte fa gradir la vita, 10 la morte che mi deste m'e\ gradita. Che/ se prima piu\ volte i' non moriva, non avrei vita si\ gioiosa e viva. CCXXXVII Sentendomi colpir da i vostri sdegni, 275 ratto me ne partiva, ne/ da la soglia anch'i' passava i segni, ch'eccetto me ciascun nomarmi udiva, 5 cosi\ m'avea stordito I'alta percossa, ch'alcun mai non schiva. O me felice! Se v'avessi udito! Pero\ che ne la vostra voce vera, in voce chiara angelica divina, 10 con pieta\ chiedevate dove i' era, compunta da dolor, che si\ meschina I'anima mia cotanto a voi devota lasciata aveste, e si\ di speme vota. CCXXXVIII Che voi m'amaste, e che il sapesser quelle 276 ch'erano a voi compagne strette e fide, i' non m'accorsi, ancor che tra le belle e care vostre avea cortese ingresso. 162 5 E le grate accoglienze, e i visi degni esser dovean pur segni ch'elle sapean quanto il cor vostro appresso al mio s'accosti e annide. Fui si\ fuor di me stesso, 10 che per aver consigli ne le sciagure mie, ne' miei perigli ne/ mai con queste, ne/ con altri mai, fuor che con me, de I'amor mio parlai. CCXXXIX Per far ver me la sdegnosetta e fiera, 277 mi volesti parlar con aspri accenti, quando al principio il ragionar troncossi, e con voci languenti 5 insolito sospir venne e fermossi. Eran gli occhi possenti a falsar la vostr'ira, ma la parola che dal cor piu\ gira, e che si torce mal contra la voglia, 10 tanto men finger puo\ s'Amor la spira. Se la soverchia doglia non mi togliea I'acume de I'udir e del lume, o come scorto avrei di parte in parte, 15 che non resiste a la natura I'arte. CCXL Soviemmi ch'io vi dissi 278 esser non puo\ gia\ mai che il voler mio, che vi penetra al cor non vi sia grato, e che se ben volgeste ad altro lato 5 il viso e il guardo poco men che rio, un subito starnuto vi sorprese, che ben tre volte il capo chin vi rese, e tre volte I'assenso m'ebbe dato. 163 O ben tre volte grazioso fiato, 10 e tre volte romor dolce e cortese! Il vostro animo pio dissimular voleste, ma vincer la natura non poteste. CCXLI Perche/ il mio amor scopriste, 279 io mi spogliai la mano, e a voi la stesi, e in guisa di languir le ciglia tesi. Voi la vostra copriste, 5 e con modesto sguardo mi feriste. Allora i' non v'intesi si\ a la sprovista fur gli spirti presi. Or mi dicon quell'atto e quella faccia, ch'e\ in voi pieta\, ma ch'io vi celi e taccia. CCXLII Pose al foco la destra, 280 e poscia ritirolla verso il petto, e a le labra mise la sinestra, e fece tal effetto 5 con tanta leggiadria, che parve a caso. E dichiarito il caso, perch ella volse dir, ch'ardea d'amore, ma ch'io non palesassi quest'ardore. 165 u Il descrivere come si sentisse inamorare. Quando i due lumi in voi fiso drizzai 1 Se I'alma mia quando la tesi a voi 2 u Il conoscere che puo\ meritare con mezzo della donna. Se il viso e gli atti e le parole e i guardi 3 So che mi dite se in non pari amanti 4 Non come a me vo che a me gli occhi alzate 5 Altra luce non ho che i lumi cari 7 Alma leggiadra e bella 9 u Il risolversi d'andare alla donna nonostante il precedente timore. Veggo madonna e la mia forza miro 10 Benche/ colei che con virtu\ mi scorge 11 Tempo saria che a la mia donna gissi 12 L'esser preso da nuovo timore nell'appresentarsi alla donna. Sento gelar tutte le parti estreme 13 Perche/ tanto temer pria ch'i la vegga 14 Il confondersi nel parlare alla donna per I'altezza del soggetto. Benche/ di voi gran parte haver mi fidi 15 Poi ch'io son giunto al vostro almo conspetto 16 Il confondersi nel parlare per la copia de' concetti. Della belta\, che gli occhi abbatte e lega 17 Quanto laudare e riverir vi deggia 18 Oh quante volte questa voce ho tesa 19 Il confondersi nel parlare per la troppa affezione. L'affetto, che vorria ch'io fossi voi 20 L'ardente carita\ che I'alma lega 21 166 Il confondersi nel parlare per la disunita\ delle parole causata dall'allegrezza. Allor che la fortuna m'e\ si\ destra 22 Lieta nel suo bel volto 23 Il confondersi nel parlare per la retentione delle parole causata dal dolore. Raccolto un poco in me, se ben contempio 24 Questi che rendon fe de miei martiri 25 Il dolersi della donna che non voglia intenderlo senza che parli. Spesso da me dinanzi a voi si giunge 26 Questo color di non poter udirmi 27 Se la voce interrotta e la favella 28 Cosi\ vivo e\ I'amore 29 Dipinto porto ne la fronte il foco 30 u L'averle parlato liberamente e non aver avuto risposta. La lingua che non e\ dal cor diversa 31 Sol godo allor che del mio foco parlo 32 Forse ch'ella nol crede 33 u Amor che vede che narrar non posso 35 L'affligersi per dubbio di gelosia nato nel parlare alla donna. S'io non credeva a quel che disse amore 37 Al fin cangiato e\ amor che si\ m'attrista 38 u O ligno venen ch'apri la via 40 Il sentirsi venir meno per aver la donna a partirsi da lui. Questo sentir ch'io ve go inutil pondo 41 S'io sto chi mi dara\ a cara vista 42 167 supplicare la donna che nel partirsi voglia consolarlo di cosa che sara\ insensibile. In questo dubbio di lasciar la vita 43 Non scrivendo o parlando 44 Il celebrare il cocchio che porta la donna e mandarvi I'anima. Pria ch'ella parta i' pur lasso t'adocchio 45 Con voi quando partiste 46 Il celebrare il fiume ove entra la donna e bramare di liquefarsi in esso. Aventuroso piu\ d'ogn'altro fiume 47 Poscia ch'in acqua transformar mi deggio 48 Il celebrare la nave che ha da portar la donna e bramare di esservi dentro eternalmente. Aventuroso piu\ d'ogn'altro legno 49 Uscendo il mar da I'alvo 50 Se I'acqua al ciel ne gisse 51 Abissata la terra 52 Il dolersi del pericolo in che la donna e\ stata navigando in mare. L'immenso pregio di bellezza e onore 53 Si\ bella si\ gentil si\ ricca preda 54 Il dolersi che ritornata la donna egli debbia partirsi. S'e\ ben tornata a gli occhi miei la luce. 55 Chi crederia ch'altri sapesse mai 56 Il sentirsi venir meno per avere egli a partirsi dalla donna. Dunque dal dolce mio caro conforto 57 Lunge ch'io sia da voi dolce mia diva 58 Quanto piu\ da'begli occhi m'allontano 59 Che non si vinca amor se non si fugge 60 168 Il lasciare I'effigie sua nel fiume da lui incontrato nella sua partenza. Beato fiume che il tuo corso stendi 61 L'invidia ch'ebbi a I'acqua 62 Ne I'onda che correva 63 Se quando me n'andai 64 Chi vide I'infelice aspetto mio 65 Chi mi guardo\ ne i'acque 66 L'intenso e ardente amore 67 Se tanto spirto avesse 68 Non e\ mestier che parli 69 Madonna se vedrete 70 Il pregare il vento da lui incontrato che I'aiuti. Aura che spiri in quella parte in quella 71 Si e\ grave I'incendio che m'avampa 72 Se con lor fieri turbi 73 Il movere a pieta\ tutto cio\ che trova per camino ma non a bastanza. I' veggo che da poggi e per campagne 74 Move pieta\ le pietre 75 L'interrogare Amore sopra la grazia della donna e aver trista risposta. Poi che tu meco e io con te ragiono 76 Sotto gli alti dirupi 77 Novi consigli Amor nove risposte 78 Non e\ si\ come cruda bella? bella 79 L'interrogare Amore sopra la sua anima lasciata alla donna e aver buona risposta. Se alfin del ragionar che teco fei 80 Amor com'esser puo\ che si mantenga 81 Ma se la bella guancia 82 Perche/ I'alma non manca 83 Il non rincrescergli I'orrenda vista dell'alpe per aver il pensier nelle bellezze della donna. Scogli tremendi tenebrosi chiostri 84 169 Tenebre e fiamme e gridi 85 Il non dilettargli la piacevole vista della valle per trovarsi senza la donna. Dolci soavi amorosetti colli 86 Se questa bella piaggia non m'aggrada 87 u Il lamentarsi dell'alpe che sia tra lui e la donna. Se ben non era a la mia donna presso 88 Colui che porta il sempiterno sasso 89 Ne/ quegli che mezzo arso 90 Perduto ho quel paese 91 Il non sentirsi lontano dalla donna per lontano che ne sia. Cosi\ sentimmi abbandonar la salma 92 Non e\ si\ denso velo 93 Il non mutarsi mai di pensiero per accidenti nuovi che incontri per camino. S'ogni vista ch'io scopro e\ varia e nova 94 Ben la mia mente ogn'or si veste e spoglia 95 Il desiderare che i sensi suoi andassero alla donna si\ come vi andava I'intelletto. Se come la mia mente e\ sempre volta 96 Non penso o veggo o parlo 97 L'esser giunto al luogo destinato e dover attendere a gravi negoci facilitati da Amore. Or dopo tempo e affanno acerbo e lungo 98 Amor mi rese la favella estinta 99 La virtu\ di fermezza 103 L'amor che porto a la gentil mia dama 1n4 u qui va un sonetto, e doppo: quando piu\ da begli occhi m'allontana e I'altra che seguita. L'affligersi per sognarsi della donna e non participarne. 170 Poi che I'imaginarmi il suo bel viso 105 Quando per ristorar gli spirti stanchi 106 Non cosi\ tosto la palpebra copre 107 Del pianger quasi tutta notte fioco 108 Quella ch'e\ il mezzo e\ il fin de' pensier miei 110 L'affligersi per vederla mal dipinta e non trovarvi simiglianza alcuna. Perch'io dar possa a la virtute stanca 112 E questo quel bel crin del suo tesoro 113 Quella divinita\ ch'in lei s'infuse 114 Il partirsi per ritornare alla donna. O lieto giorno egli e\ pur ver ch'io vada 117 Ancor che nel ritorno 118 L'affligersi per il mar contrario al ritorno con pregarlo a cessare dalla tempesta. Deh perche/ al mio apparir ti cangi e cresci 119 Tu che inghiottisti in cotanti anni e tanti 120 Deh qual trofeo sublime 121 Lascia ch'a ripigliar I'anima arrivi 122 L'affligersi che ancora che s'approssimi alla donna senta nondimeno alcuni improvisi dispiaceri. La desiata luce il ciel diserra 123 Perche/ m'appresso a la fatal mia stella 124 L'affligersi per aver ritrovata la donna inferma al ritorno suo. Nel mio madonna a voi dolce ritorno 125 L'orribil vision ch'avea si\ ficca 126 Se dolente i' partiva 128 Tu non volesti Amore 129 u Il dubitare ch'ella si sia dimenticata di lui. Se la radice del mio amor hen ferma 130 171 Io desiai poterla a tutte I'ore 131 Al fin lasso che fia? 132 Il dubitare che I'amore sia per allentarsi in lui. Tanta arroganza Amor tanta schifezza 133 Ben si dira\ ch'Amor governa I'alme 134 Il voler risolversi d'amare con moderazione de gli affetti. Dunque costei che per mia pace tolsi 136 Erano pargoletti i miei desiri 137 Se ti s'aggira intorno 139 Il risolversi di lasciar la donna e partirsi dalla risoluzione per gire a lamentarsi a lei. Non e\ rifugio mio non e\ mia vita 140 A se stessa si stimi 141 Il pensare che nel lamentarsi a lei ella potrebbe commoversi nel vederlo giunto a morte. Vive ragion da rischiarar gli abissi 143 Parole accenti e spirti 144 Salvar non mi potrai sotto il tuo scudo 146 L'aver caro di non averla offesa col lamentarsi a lei per essersi perduto d'animo. Trasse fiato la faccia o i lumi mosse 148 De I'ineffabil infinita grazia 149 I' tacqui sotto il suo si\ altero aspetto 151 L'aver rincrescimento ch'ella non gli abbia detto che vuole ch'egli mora. Ch'io debbia ahime\ miseramente uscire 152 Detto m'avesse almen vo' che tu mora ' 153 L'aver rincrescimento ch'egli non le abbia detto che more per lei e percio\ volerlo mettere in scrittura. Ella tacer dovea se mostro m'have 155 Morto piu\ assai che vivo . 156 Riguardando ch'a voi non posso dire 157 172 Non ebbi vita da venire a voi 158 Poi che in vita non dissi 159 Poscia ch'io non potei morendo dirti 160 L'orgoglio vostro e la miseria mia 161 Perche/ mia donna non gradi mia vita 162 Leggete in questo foglio 163 Qui giace chi non seppe mai vivendo 164 Voi che di qua\ passate 165 Se ben mia terra qui lieta si posa 166 L'aver invidia alla scrittura poi che andra\ dinanzi alla donna. Quanta invidia ti porto o caro foglio 167 Ne gli occhi miei piu\ che d'un morto spenti 168 lo vi formai, voi sete il mio concetto 169 Non sol qui dentro e\ I'alma 170 Perche/ I'anima mia mentre ch'io piansi 171 Se questo picciol parto 172 Voi che tenete la mia morte impressa 173 L'aver inteso che sentendo ella parlare dello stato di lui si commosse. O sola a me pietosa e dolce lingua 176 Qual angeletto la\ dal ciel si sciolse 177 Non potria mai s'io cento bocche avessi 178 L'averla ritrovata non crudele ed entrare in speranza che sia per amarlo. Fuor de la notte in sempiterno oscuro 179 Fiorir tra neve i colli 180 O piu\ che il sole a me lucido Sole 181 L'aver data risposta a un saluto di lei con parole spezzate ma intelligibili. Ben mi diceste come state e io 182 Tanta dolcezza presi 183 L'anima ch'ho per voi che da voi prendo 184 Se voi sete il mio cor la vita mia 185 Sola vi porsi ben ma non intera 186 173 L Il credere ch'ella voglia dargli la grazia sua a poco a poco. Quando la voglia nel digiuno i'ngorda 187 Famelico e\ il desir ch'ebbe a finirsi 188 Di parte in parte e star queto bisogna 189 Tanta letizia infondere in un punto 190 Il credere d'aver la grazia ma non participarne per la timidita\. Dolci perle e rubin dolce cresp'oro 191 Quel gia\ vostro voler ch'io morto fossi 192 Il credere d'aver la grazia sua ma non participarne per la vehementia dell'affetto. Alma tu vedi ben ch'atti Amor colga 193 Come saper poss'io 194 Il credere d'aver la grazia ma non participarne per la concorrenza de i sensi. Quando inalzo de i guardi il volo ardito 195 Non vorria I'occhio che vi fosse orecchia 196 A quelle chiome d'oro a que' begli occhi 197 Il credere e dolersi d'aver la grazia ma non participarne perch'ella voglia I'amor secreto. Ben conosce madonna il mio cordoglio 200 Occhi lingue sospetti 201 I velenosi guardi 202 Stando dinanzi a voi 204 La dolcezza ch'io piglio 205 Il desio per trovar qualche ristoro 206 Donna voi m'uccidete 208 M Il dolersi d'essere interrotto da chi sopraviene. Non ti bastava Amor che da tanti occhi 209 Se qualche volta al mio bel sol mi meni 210 Son questi quegli accenti si\ divini 212 Che poss'io piu\ s'Amor mi sferza e punge 214 174 Strana legge d'Amore 215 Com'esser puo\ che questa saggia donna manca foglio] 217 II dolersi d'aver da lei tal risposta che par te\pida. Or puo\ scoprirsi il mio martire intenso [manca foglio] 218 Amor nascer facesti 219 Lieve favilla ch'i miei spirti sugge 220 L'opra d'Amor che negli amanti luce 221 N L'imaginarsi che la donna neghi I'assenso. Di que' bei guardi che ferito m'hanno 222 Volava ardendo Amor la terra e il cielo 223 Con voi giocando Amore a voi simile 224 Amor seco mirando 225 L'affligersi per I'esclusione imaginata. Se veder voglio ascolto e s'udir deggio 228 Ne i vivi giri de le due fiammelle 229 Tra rose aperte e tra lucenti raggi 230 Liberi nodi liberta\ prigione 231 lo vi guardai voi mi guardaste e i guardi 232 Pallido mi diceste e a voi fu strano 233 Con la sua bianca mano a me si mosse 234 L'affligersi tra I'arsura d'amore e la passion dell'animo. Arso de la belta\ che pria m'accese 235 Questi guardi questi occhi questo viso 236 Cosi\ i crudi occhi tuoi da i miei tran guai 237 M'accendesti e uccidesti 238 Le lagrime e le fiamme 239 Vi par ch'esser debbiate 240 Il cercar refrigerio col rubare qualche sguardo sereno. Torno piu\ volte ad affissar la vista 241 Era mezzo vestita e mezzo ignuda 242 Per far che gli occhi miei fosser di talpe 243 Ne I'atto che la mano a gli occhi corre 244 Si\ come a i freschi mattutini rai 245 Par ch'un spirto ragione ' 246 175 II cercar di veder la mano poi che gli sguardi sereni son negati. Quei lampi ch'io credea che da i bei soli 248 Se gli occhi a terra volgo 249 Donna se troppo fiso 251 Le leggiadretta mano 252 L'alma pieta\ che con due larghe vene 253 Far potess'io vendetta 254 Ben comprender vorrei 256 La sempre fiera e onorata spoglia 258 P Il risolversi d'andar a perir sotto lo sguardo sdegnato. Amor dinanzi a me squarcio\ quel velo 259 Pensando al colpo contra me si\ forte 260 Q Il sentire la corrispondenza dell'amore. Quando pensai che piu\ m'avesse a schivo 261 Non si\ tosto madonna riguardommi 262 Deh rendetemi il core 263 A I'apparir di quella man gentile 264 S'a un dolce sguardo di madonna i' pero 266 Il conseguire la congiunzione de gli animi. Novo piacer che in me da voi destilla 268 Se vo'il mio cor corro a la donna mia 269 Il commemorare dopo la perfezione dell'amore quei casi precedenti donde sia venuto a conoscere che la donna amava. Or sento de I'Amor I'opra compiuta 270 Ouel che per dolcemente travagliarmi 271 S'io sapea quel ch'ora saper mi giova 273 La fronte irata contra me teneste 274 Sentendomi colpir da i vostri sdegni 275 Che voi m'amaste e che il sapesser quelle 276 Per far ver me la sdegnosetta e fiera 277 Sovviemmi ch'io vi dissi 278 Perche/ il mio amore scopriste 279 Pose al foco la destra 280 187 LI GLIAMORI La disposizione di queste rime fatte in materia d'amore e\ tale, che primieramente si pone I'atto dell'inamorarsi e si con- clude nell'ultimo con I'atto della congiunzione de gli animi che segue dopo I'aversi conseguito la corrispondenza della cosa amata. Alqual fine prima che s'arrivi occorrono diversi accidenti. seguendosi I'ordine della natura aviene che inanzi che I'amante notifichi alla donna I'amor suo, squadri bene se stesso. Perche/ dovendo entrare in cosi\ degna operazione bisogna che si trovi in stato da poter entrarvi. Due sono i principi dell'operare: il 10 sapere e il volere. Adunque, egli prima sapra\ qual sia la donna e quale esso sia, e venuto in cognizione del termini del suo amore, vorra\ poi proseguirlo, quando gli paia che I'impresa sia ragionevole. Deliberato di quanto [2 ] ha da fare bisogna che venga all'essecuzione. E se a questa non s'opponesse difficolta\ alcuna tosto I'amore sarebbe fatto reciproco, che e\ quando I'amante con eccitare la cosa amata ad aggradirlo guadagni la grazia sua. Il che se in un subito o ben tosto soccedesse, la corrispondenza de gli amori non sarebbe cosi\ perfetta come suol essere quando e\ affinata per i travagli, e per la esperienza, amandosi piu\ quelle 20 cose le quali si sono conquistate con piu\ fatica, e amandosi piu\ coloro che meglio sono stati da noi conosciuti. L'essecuzione puo\ essere impedita o quando da noi manchi il venirne all'opera, o quando il mancamento proceda per altrui causa. L'amante da principio come poco esperto ancora che finalmente si sia risoluto di palesarsi[3 ] alla donna sua, resta nondimeno di farlo per la diffidenza ch'ha di se stesso. E cosi\ egli impedisce se medesimo. E poi impedito da essa donna, o se ella non gli assente,come sarebbe in non dargli risposta a proposito; o se ella gli da\ un assenso in vece d'un altro, come in contentarsi ch'egli la guardi e le parli, 30 e in essergli cortese delli sguardi e delle parole di lei, ma non in significargli che lo ami; o s'ella gli nega I'assenso con mostrar- gli per segni esteriori che non abbia altrimente accettato il suo amore. Da che ne segue che esso imaginatasi una esclusione si vada 188 tormentando nel vedere le belle qualita\ della donna e in esserne privo. El essendo cosa naturale e ragionevole che nel martire si cerchi [3 ] sollevamento, I'amante si va recreando col participa- re piu\ che puo\ della presenza della cosa amata. E mancando di possederne gran parte,s'apprende a quella poca che le e\ concessa o ch'egli medesimo si puo\ procacciare. E alla fine trovandosi senza alcun refrigerio per essergli tolto tutto quello che s'anda- va furtivamente avanzando, e\ a termine che e\ necessario o che la- sci I'impresa o che gli riesca di conseguirne il desiderato succes- 10 so. E il lasciarla bisogna che venga overo per buon consiglio, come sarebbe nell'aver conosciuto che s'inganno\ fin da principio essendo egli indegno della donna, o la donna indegna di lui; overo per di- sperazione restando [4 ] egli tuttavia nel parere di prima e volen- do piu\ tosto affligersi infino alla morte che desistere dall'amore incominciato. E perche/ all'ultimo ha da venirne la corrispondenza, non e\ il dovere che s'interrompa il corso dell'amore. Ma I'amante dee risolversi di voler morire amando qual ora non ottenga di essere riamato. La onde ridotti questi accidenti alla sommita\, non vi acca- de piu\ altro se non che la donna si muova a compassione, e raccolga 20 in grazi'a sua la servitu\ dell'amante, e che di qui ne nasca la mutua incorporazione de gli animi loro. In questa guisa tra i due atti estremi che sono I'inamorarsi e il conseguire [4 ] la congiunzione de gli animi intravengono dimezzo ordinariamente questi casi: il conoscere i termini del proprio amore, il voler proseguir I'amore, il trovarsi inesperto, il non aver I'assenso, I'avere un assenso per un altro, I'imaginarsi I'assenso negato, il tormentarsi per I'esclu- sione imaginata, il cercar refrigerio nel martire, il cercar un re- frigerio in luogo d'un altro, il sentire la corrispondenza d amore. E tutto questo sia detto per contodella materia. Quanto alla natura 30 de i versi il primo sentimento e\ in un sonetto, e I'altro in un al- tro senza che sopra essi sia composto altro. Perche/ nella qualita\ loro malamente si potea andar piu [5 ] oltre variando. I concetti che vi sono tramessi per ora sono diece principalmente secondo 189 che disopra si e\ veduto. E ciascuno e\ compreso in un sonetto, come in composizione molto stabile. E poi d'intorno vi sono ma- drigali e ballatte con qualche canzonetta che sono tutte brevi composizioni, e versi instabili. Percio\ che con esse si va vagando sopra i sonetti come sopra gli argomenti del soggetto. E se si for- massero canzoni intiere non si potrebbe per questa via corrisponde- re al contenuto de gli argomenti si\ che tra essi e le canzoni vi fosse la conformita\ che in tutta la presente orditura potra\ esser veduta. Si e fatto parimente per meglio ligare insieme [5 ] le 10 rime, che ciascun sonetto nel dare aperto segno della parte che se- gue, ripigli la passata o espressamente o in sostanza. E tanto ba- sti per la introduzione di questi amori. Dell'Inamorarsi 3. Quando i due lumi in voi fiso drizzai Amore e\ un moto dell'animo esteso a quella bellezza onde e\ cau- sato. E per esprimerlo s'e\ tolta la comparazione del sole. Il qua- le fa due operazioni cioe\ illuminare e scaldare. E la prima e\ in un instante e la seconda con tempo. E cosi\ la donna che sia bella di subito piace all'amante, e di poi e\ eletta da lui deliberato 20 che ha d'amarla [6 ] per modo che ella e causa di due affetti I'uno improviso I'altro consultato. E in questo senso si suol dire che i primi impeti non sono in nostra potesta\, e che I'elezione deriva da noi che I'amore e\ per natura e per volonta\ e che non e\ in poter nostro il voler o non voler esser commosso dall'amore, e che e\ in nostra liberta\ il risolversi o non risolversi d'amare. Ora la donna a cui si e\ affezionato per la bellezza e virtu\ sua, alla quale per- cio\ s'indri'zza il lume de gli occhi e quello dell'intelletto, e\ come il sole. E la sua sembianza e\ come la luce. Percio\ che la luce non e\ il sole, ma ci rappresenta il sole. E la sembianza della don- 30 na non e la donna, ma e quel [6 ] ritratto di tutta lei che ci sta nella mente ancora che ella ci stia lontana, per il quale ci pare di vederla, d'udirla e di parlarle. L'aria in quanto che da\ luogo 190 alla luce e\ simile alla imaginazione che riceve la sembianza. Per aver noi presente la cosa assente col mezzo dell'imaginar- sela. Il reflesso della luce fa il caldo e il reflesso dell'ima- ginazione genera il desiderio. Per che la cosa fortemente imagi- nata e\ alla fine desiderata. E si\ come il reflesso della luce quanto e\ maggiore, tanto piu\ con lo spegnere tutti gli impedimenti che gli sono contra e\ atto a raccendere, cosi\ il desiderio se e\ con efficacia, estingue tutti gli altri pensieri [7 ]e ne forma un solo a lui conforme. E I'esca cedendo alla possanza del calore 10 piglia il fuoco. E la mente o I'intelletto che vogliamo dire con- sentendo all'affetto eccessivo concepisce I'amore. E perche/ e\ pro- prio de glielementi che ciascuno inclini di gire al luogo suo, I'anima dell'amante infiammata dall'amore, come fiamma va in alto verso quella parte onde fu prodotta, e che e\ il suo fine. Il quale essendo la cosa amata, e\ necessario che voli ad essa. E in essa ha tanto da fermarsi che o rimetta le penne arse in quell'ardente ca- mino che e\ quando la donna non voglia corrispondergli in amore, per modo ch'egli [7 ] revochi il suo dissegno dall'impresa, overo conse- guisca I'anima della donna in vece della sua. Il che si fa con la 20 corrispondenza, e perche/ tutto quello che s'appetisce e\ bramato per esser in effetto cosa buona o per parer tale, e\ necessario che il diletto che va sempre in compagnia del bene mova parimente I'ap- petito. E secondo che vari sono i gradi di esso bene, come sarebbe a dire il conoscerlo, il desiderarlo, I'applicarvi I'animo, il pro- seguirlo, lo sperare di arrivarvi, il conseguirlo, e il possederlo, cosi\ diverse sono le sorti de i diletti. Ma due sono le principali, I'una e\ della elezione che si fa di volerlo, I'altra e\ dell'impetra- zione [8 ] che ne sia fatta. E l'amante con eleggere quella donna che e\ per servire, e\ portato a questo da tal piacere, che egli muore 30 in se/, per vivere in altri, in quanto che pensa alla donna sua come al suo fine. E non vuole che a se stesso sia grata cosa alcuna che non piaccia prima a lei. Dalla quale percio\ intende diprender la vita. E quel piacere che gli da\ questa morte volontaria e\ preso da lui in quel atto che fa di morire, cioe di trasformarsi nella donna. E non morendo di questa maniera non sentirebbe il piacere, per modo che il piacere che ]o fa morire nasce dall'accidente-meddsimo del 191 morire. Ne/ potendo [8 ] vivere in altri chi da altri non riceva la vita, bisogna che la cosa amata si tramuti anch'ella nell'amante. Il che aviene qualora si\ come la donna e\ talmente piacciuta all uomo che lo ha di se/ inamorato, cosi\ a vicenda I'uomo venga ad esser tanto grato alla donna ch'ella s'induca ad amarlo e questo pari- mente averra\ se la risoluzione fatta dall'amante sia tale che egli possa esser ricambiato. Il qual cambio si fa quando tra l uno e I'altra sia conformita\. Si\ che ambidue vagliano egualmente. E a punto e\ qui al proposito il nome del valore,che essendo largo ab- r 10 braccia il confarsi di complessione di voglie [9 ] di costumi e di belta\ della persona secondo la qualita\ della bellezza che conviene all'uno e all'altra. E soccedendo la corrispondenza della cosa amata ne segue similmente che ove I'amante col trapassare in lei se privo\ d'una vita e senti\ una morte sola, col pigliare la vita della donna guadagna due vite. Perche/ gode la sua propria in lei, e gode insieme quella di lei in se stesso. E cosi\ chi elegge d'amar con giudicio toglie impresa donde con una morte sola puo\ far acquisto di due vite. Del conoscere i termini del proprio amore 20 ' Se il viso e gli atti e le parole e i guardi [9 ] Essendo I'amore creato dalla volonta\, e venendo la volonta\ dall'intendere, non si puo\ amare se prima non si voglia far questa risoluzione d'amare, ne/ si puo\ farla se prima I'intelletto col sapere la qualita\ della cosa proposta non porga all'appetito essa risoluzione. Talche l'amante in sul principio ha da vedere qual sia lo stato suo e se si metta ad impresa che gli possa ri- uscire. E I'affezione e I'onore insieme che porta alla cosa amata, e I'intrinseca satisfattione con la riputazione esteriore che ha dall'aver altamente locato il core, e la virtu\ che viene ad essere 30 piu\ eccellente quando in una difficile operazione conseguisca il suo fine, sono causa ch'egli tribuisca tanto alla donna che non voglia [10 ] dire di esser pare a lei, e chepercio\ non presuma d'ottenere immediatamente I'amor suo reciproco.. E tanto piu\ che questa corrispondenza in questa sorte d'amore ha da chiamarsi piu\ tosto grazia, che premio. Di maniera che non conviene a voler per proprio merito conseguire in cio\ quanto si desidera. E dovendo nondimeno esser I amore con qualche genere di parita\, bisogna che I'amante pre- supponga che col farsi partecipe della cosa amata se non col possesso almeno col pensiero contemplandola con gli occhi e con la mente, e 192 cercando di adornarsi delle sue degne qualita\ possa rendersi grato a lei con questi mezzi. Ma[10v] perche/ sarebbe vano ogni studio che si ponesse in pigliar dalla donna vigore e in pia- cerle ogni volta che vi mancasse il proprio soggetto dell'amore che e\ la gentilezza, percio\ e\ da vedere che I'amante essamini con diligenza le maniere di essa, la quale se mancasse di questa parte tanto principale egli non ne potrebbe mai far bene. Per- cio\ che quando egli parimente si mise ad amare cio\ avenne per la gentilezza medesima, essendo I'amore negli animi gentili si\ 10 come la ragione ne gli animi razionali. E se gli animali bruti non hanno in se/ ragione gli uomini rozzi [11 ] similmente non hanno in se/ amore. E se il mostrano mai, e\ che alla fine di rozzi son divenuti gentili, intendendosi dell'amore umano che sia accompagna- to dal senno e che con tutto che sia sensuale non per cio\ passi i debiti segni. Perche/ altrimente sarebbe furore e bestialita\ e si troverebbe piu\ nei rozzi che ne gli altri, essendo essi piu\ atti a precipitare nel vizio e ne gli eccessi che non sono quei ch'hanno l'intelletto chiaro e che percio\ conoscono I'enormita\ e la consequen- za del male,trappassando con la considerazione al fine, e non restan- 20 do occupati in quello che di prima vista par [11 ] buono per esse- re comodo al senso e facile da conseguirsi. La chiarezza dell'in- telletto deriva dalla gentilezza del core, per cagione di quelli spiriti che ascendono al cervello. I quali se son sottili genera- no dal core affetti soavi, e vanno agiatamente al capo edentro vi scorrono con prestezzae si come sono mossidaefficacia d'animo cosi\ rendono il discorso pronto e libero e fanno che la mente sia lucida e prevegga di leggero senza quegli impedimenti che si sogliono oppor- re a gli ottusi e grossieri di natura. E ne segue poi che da buon ingegno nasca buon giudicio. L'amante adunque che conosce la donna sua a certi segni esser gentile [12 ] spera che possa accendersi d'amore, e i segni sogliono essere il viso, gli atti, le parole e li sguardi. Percio\ che secondo I'ordine naturale primieramente I'aspetto indica assai la qualita\ dell'animo. Poi i movimenti fat- ti di fuori dinotano quei di dentro. E nel terzo luogo soccede la favella, che e\ I'interprete dell'intelletto. E a tutto cio\ so- prarrivano gli occhi, che essendo molto spirituali sono attissimi ne gli affetti e s'accompagnano alla disposizione della faccia, 133 alla varieta\ dei gesti e al modo delragionare, e si\ come dicia- mo di quelle persone che hanno I'aria grossa, il procedere sgar- bato e la vista oscura, che esse mostrano d'esser rustiche vili e abiette, cosi\ per [12 ] contrario usiamo di dire di qualche altra che ha la presen z a grave e delicata, le maniere grandi e leggiadre, e la guardatura moderata e soave che ella non puo\ aver in se/ altro che gentilezza e che ha dell'elevato e del si- gnorile e che quanto questa par nata a punto per comandare, al- trettanto quelle altre paiono fatte a posta per servire in bassi 10 essercizi. E al parlare maggiormente si scopre la cortesia e la generosita\ e il contrasto. E I'amante da queste parti esteriori facendo concetto della gentilezza del core della donna s'induce a credere che ella se ben anche tardasse alquanto debbia final- mente destarsi, percio che quello che e dato dalla natura e che anche non appare sarebbe dato in vano se finalmente non venisse [13r] ad apparire e non si vedesse in atto. E I'amante oltre a i detti segnali della leggiadria della donna dimostrati in ogni cosa fa concetto della medesima da quello che particolarmente vede esser derivato da lei, che e\ I'effetto d'arder lui. Per 20 modo che e necessario che raccedendo ella lui con le sue virtu\, e participando egli di esse, ella da esse parimente sia raccesa essendo molto ragionevole che chi e\ amabile per le virtu\ sue note ad altri, da i quali e\ amato, divenga ancora amante d'altri cono- sciuto che abbia le virtu\ loro. Non basta come abbiamo veduto di- sopra che vi sia la gentilezza, ma bisogna medesimamente [13v] che vi concorra la parita\. E percio\ dicendo la donna di non esse- re amata da persona eguale ad essa,e che per questa cagione il fo- co che sta sopito nel suo core, non puo\ essere svegliato da virtu\ debole, risponde I'amante, che egli non ha in se/ forza ne/ abitazio- 30 ne alcuna, ma che prende se stesso da lei, e che percio\ di lei e\ la virtu\ di lui. E che non la sua propria, ma la virtu\ della don- na medesima ha da raccenderla. 5. So che mi dite se in non pari amanti Sopra il precedente soggetto si formano tre invenzioni. La prima e\ in generale quanto all'amore causato dalla donna del 194 quale chi participa se gli approssima. La seconda e\ quanto [14r] all'intelletto e la terza quanto a i sensi, convertendosi I'amante nella cosa amata con quello e con questi. Circa la prima ch'ora consideriamo, e\ da sapere che se bene ogni amore nasce da parita\, ve n'e\ nondimeno una che e\ piu\ propria del- I'altra. Percio\ che I'uno e\ intieramente uguale, come fra pari di sangue o di grado, o di valore, o di tutto cio\ insieme e d'al- tre condizioni ancora, come di bellezza e di ricchezza. E tanto piu questi sono pari, quanto piu in tutti i termini si confanno. 10 L'altra parita\ e\ fra diseguali che con I'amore proporzionato si appareggiano, secondo che il grande ama il picciolo con benignita\ [14 ] e amorevolezza, e il picciolo il grande con divozione e ri- verenza. E perche/ I'amante che ha ancora da trovarsi atto ai godi- menti del senso non ha da esser divoto e riverente alla donna per disugualita\ ma per cortesia, per cio\ egli si fa suo pari non col tenersi da meno di lei e col rispettarla amandola al meglio che puo\ e essendogli eguale quanto all'amore proporzionato, ma col farsi a lei simile di costumi, presuppon e\ndosi che nel resto vi sia ugualita. Perche non sarebbe stata buona elezione d'amore 20 intellettivo e sensuale quella di colui che si trovasse molto [15 ] differente di nobilta\ e di condizione di vita dalla cosa amata. Pero\ I'amante dice che sa bene che la donna potrebbe dire ch'egli I'ama indarno non essendo pari a lei, e nascendo il vero amore dalla parita\, ma che sa parimente che amore appareggia le virtu dell'amante e dell'amato col dispensare quei beni che sono pri'ma stati distribuiti dalla fortuna, dalla natura, e dal cielo. Veggendosi che quei che nascono senza le prosperita\ della robba della dignita\ e del corpo e che anche hanno lo spirito debile [15 ] con I'essercitarsi mettendo I'amore a quel che fanno acqui- 30 stano i beni di che mancano e piu\e meno secondo che piu\ e meno sia in potesta\ dell'efficacia loro I'acquistarli. E I'amante inferiore di virtu\ alla cosa amata puo\ col conseguirne per mezzo della sua conversazione farsele uguale. Edessendo la donna I'amore istesso per non vi essere amore se non in chi lo fa, I'amante per cagione di lei viene con I'appressarsele ad aver tanto de' suoi costumi, che e\ ragionevole che siano anche pari 195 di volonta\ si\ ch'ella aggiunga il suo desiderio a quello di lui. E fatti uguali le voglie [16r] e\ similmente ragio- nevole ch'egli desideri di viver con lei con perpetua unione delle vite loro.Accio\ che di questo modo la vita che egli ha avuto da essa si renda ad essa parimente. 7. Non come a me vo ch'a me gli occhi alzate Si mostra per la trasformazione fatta dall'intelletto dell'aman- te nella donna, ch'ella supplisce all'imperfezione di lui e che di questo modo s'eguagliano. E perche/ I'animo non passa in lei 10 se prima non e\ divenuto tale che possa far il passaggio, bisogna che primieramente vi sia il desiderio. E desiderandosi ancora quelle cose che non s'avranno gia\ mai, o che non sono in termine da potersi ancora ottenere, e\ necessario che la volonta\ sia ac- compagnata dalla retta ragione si\ ch'ella sia con speranza ben fondata. La qual nasce dal pigliare tanto della bellezza della cosa amata che a lei si paia bello. Ed essendo infinite le sue belta\ quanto piu\ I'amante le considera tanto piu\ [16 ] col mezzo loro corregge i suoi difetti e si va inalzando e dalla eccellenza della creatura conosce la perfezione del creatore. La cui divini- 20 ta\ e\ di maniera che chi ne sente una minima scintilla abandona tutto il resto e anche se medesimo per godere quel sommo bene. Per modo che il core che e\ avezzo di nutrire I'intelletto con man- dare in su\ li spiriti suoi muta il natural camino e li manda al luogo ove e\ la sua felicita\. Nella quale reside l'intelletto si- milmente che s'indrizza alla donna ed e\ tanto di lei, che non e\ piu\ dell'amante. In questa guisa si forma la elezione che deriva dal consiglio ben preso. Si\ che I'anima disgombrata delle piu\ de- boli deliberazioni accostatasi alla migliore e purgatasi per essa, la quale purgazione e\ causata dalla simiglianza che ha preso della 30 donna, si risolve di trasformarsi in lei. E in questo accidente se potesse occorrere che I'amante per essersi spogliato di se stesso, e vestitosi delle qualita\ della cosa amata, le piacesse per modo ch'ella s'inamorasse di lui, non dell'amante si direbbe essere questo amore, ma della [17 ] donna medesima. Donde si viene a conoscere la cagione della parita\ loro. 9. Altra luce non ho che i lumi cari 196 Provatasi la parita\ col mezzo dell'intelletto, si prova la medesima per la via dei sensi. De i quali essendo il vedere e I'udire i due piu\ nobili, e percio\ piu\ propri dell amore, questi sono persi. Ed e\ anteposto il vedere per esser piu\ la forza dell'amare in esso che nel compagno, e perche/ anche esso gli precede di nobilta\ estendendosi pio\ du luage, distin- guendo meglio gli oggettied essendo piu\ certo che I'udire. Ma da queste due sentimenti che sono quel che massimamente insegnano, nasce il parlare. Il quale manifesta le cose impa- 10 rate. Onde si suol dire: parla ch'io ti conosca. E fu ordina- to un silenzio di cinque anni a i discipuli, accio\ che avendo poi a ragionare sapessero bene quel che dicessero. E pero\ si adduce anche I'operazione delle parole accio\ che di questo modo tanto piu\ I'amante significhi che e\ il medesimo con la cosa amata. Si\ che avendo egli affinata la vista sua per gli occhi della don- na in guisa che di qui conosce e [17 ] apprende quello che e\ il meglio tra tutti i migliori, si potrebbe chiamar cieco non che offuscato di lume ogni volta che per questo senso non giovasse notabilmente all'intelletto. E cosi\ ancora I'armonia delle pa- 20 role della donna che viene da esse come il suono angelico dal moto delle rote de gli angeli sta di maniera ne gli orecchi del- I'amante, che gli tengono il pensiero privo d'ogni altro udito. E udendo egli altri che parlino in tanto gli ascolta in quanto col ben parlare s'accostino in qualche parte a quei concetti che escono dalla bocca di lei. E poi quando egli ragiona altro non proferisce che quello che ha compreso dalli sguardi e dalle parole [18 ] della medesima e per tanto poi che egli intende sola- mente quello che ella e\, e non parla se non quello che intende la consequenza e\ che parli con le parole di lei, e che la lingua 20 non sappia disviarsi dallo spiegare quel concetto che le e\ det- tato dal core in cui sta fermamente impresso. Concludesi adunque che derivando totalmente da lei il vedere I'udire e il parlare di lui, se egli le dispiacera\ ella non piacera\ a se stessa. Del voler proseguire I'Amore 12. Veggo adonna e la mia forza miro Poi che I'amante ha conosciuto lo stato proprio col paragone che ha fatto di se/ alla cosa amata resta che Irappetito si . 197 muova per la cognizione appresa di quel che e\ bello, movendosi egli subito che abbia I'oggetto del bene, ma essendo diversi i moti, si\ che altri son tardi altri presti altri con la debita misura, suol occorrere che nelle ardue risoluzioni piu\ tosto I'uomo pecchi in tardita\ che in prestezza. E come si sia ancor che gli effetti siano naturali, non pero\ la mediocrita\ e\ [18 ] della medesima condizione, anzi bisogna con I'esperienza e con la fatica conseguirla, e tanto piu\ spesso si erra prima che sia fatto il buon abito dell'animo quanto piu\ esso e\ difficile e 10 presupponendosi questo Amore congiunto con I'onore e con la per- fezione della vita, e\ necessario che si trovi in quella sorte d'operazione che e\ numerata fra le piu\ degne, non potendosi amare il bello col mezzo della bruttezza, e convenendo che chi vuol esser caro a persona colma di virtu\ abbia seco piu\ conformita\ che gli sia possibile, per modo che I'Amore per aver le virtu\ e le arti piu\ lodevoli indirizzati a se/ e\ piu\ eccellente di esse. Ora essendo I'uomo nuovo amante nel risolversi ad applicar I'ani- mo all'impresa sente quelle difficolta\ che ne i principi delle grandi operazioni sogliono recar travaglio alla mente. E dall'una 20 banda vien I'appetito e la ragione dall'altra. E tra se/ con- trastando quegli non guarda ad altro che alla prima apparenza, e subito dice che s'ami la bella donna perche/ la bellezza e\ cosa dilettevole, e questa mirando alle sue forze dice che si vada in cio\ con ritegno, [19 ] tal che I'uno accende il sangue e I'altra agghiaccia e or si vuole or no, e se l'appetito e\ un sprone la ragione e\ un freno. E la total volonta\ che partecipa d'ambedue e\ nel mezzo combattuta non si potendo far mai la ri- soluzione mentre due contrari restano in pie\ tuttavia. E perche/ la fortezza dell'animo e\ intorno alle convenienti speranze e teme 30 qui dove I'animo non e\ ancora forte la speranza che vien dall'ap- petito smisurato e\ soverchia e/se/milmente quella tema eccede che e\ prodotta dalla ragione difettiva. E percio\ un tal amante che teme e spera non fa questo con ben giudiciosa affezione, ma si dice che arde nel troppo bene che si promette, e sospira nel troppo male che si va imaginando. Finalmente nascendo questo so- spetto della ragione piu\ da vilta\ che da altro, ed essendo percio\ il fallo dal canto suo per essersi gia\ visto che la donna era 198 uguale all'amante, I'appetito ha I'intento suo, con tanto consentimento della ragione, che non solo la vilta\ ma essa similmente gli va sotto, percio\ che il desiderio sveglia lo spirito d'amore e poi gli fa larga offerta di soprema felicita\. E questo [19 ] e\ nella virtu\ che piu\ tosto o fanno troppo o poco che che piglino il verso di mezzo e i viziosi il dimostrano chiaramente perche/ I'avaro se vuole allargar la mano trabocca nella prodigalita\, e il prodigo volendo usare debita parsiminia si ristringe a 10 terminidell'avarizia. E se o I'uno o I'altro fa qualche atto da liberale cio\ non e\ per virtu\ ma a caso come aviene di coloro, che pare ch'alle volte parlino a proposito con tutto che non sia da loro inteso quel che dicono. L'amante nondimeno si riduce a quella primiera massima che e\ la sua franchiggia, che la bellezza della donna nel rapire i suoi pensieri potrebbe dargli tanto di se/ che di se/ il facesse degno, e di questa maniera non sarebbe altrimenti trascorso dalla vilta\ nell'indebita audacia, ma ragio- nevole si chiamerebbe la mossa sua. 13. Benche/ colei che con virtu\ mi scorge 20 Il pusillanimo prima che faccia I'animo grande ancora che sia risoluto di farlo, tocco dalla memoria della passata timidita\ non sa intieramente assicurarsi, e [20 ] con tutto che la donna che con la virtu\ sua sollieva I'amante da bassi e indegni pensie- ri il faccia ardito egli nondimeno avezzo a portare un gran peso quale e\ quello della diffidenza, che fa credere assai piu\ grave il carico della fazione di quello ch'esso sia, si crede anche d'esser oppresso dalla medesima gravezza, e quando e\ risoluto d'andare a ritrovare la sua donna si ritira e non lo fa altri- menti, e poi s'accorge che il suo poco animo fa torto a i suoi 30 meriti. Che se bene in lui non fosse forza sufficicnte non resta pero\ che dalla cosa amata d'onde i'amante pigli'a l'amor suo non glie venga tanta che gli possa esser bastevole valendo per I'ordinario tanto I"mante quanto la donna ch'egli ama di maniera che s'ella e\ di valore egli similmente viene ad esserne. 14. Tempo saria ch'a la mia donna gisse Due sono le diffidenze, l'una per I'imaginazione della passata difficolta\, I'altra per rispetto di quella c'ha da venire, 199 e poi che s'e\ descritta la prima segue la seconda nella quale si vede che l'amante [20 ] volendo mettersi ad amare la donna, dubita che ove ha qualche speranza ch'ella gli debbia esser affabile non si chiarisca del contrario, e si\ come questo poter credersi ch'ella sia per amarlo gli mantiene la vita cosi\ glie la torrebbe un suo disdegno, il quale con I'oscurita\ dello sguardo gli offuscherebbe tutto quel poco di sereno che fosse in lui. Gli par nondimeno che abbia tanto letto nelli occhi della donna con il contemplar in lei il ben supremo, e ch'abbia tanto scritto 10 nei medesimi con il riporre in essi tutte le piu\ belle parti che siano mai stati da lui vedute, che da questa dottrina che si fa dal leggere e scrivere, cioe\ con I'apprendere e con il ri- tenere I'appreso, del suo amore si siano fatti nella mente sua libri grandi pieni di quanto egli vi ha notato dentro non con altre penne che con quelle della continua considerazione. Edes- sendo spesso in noi un dialogo tra I'appetito e la ragione egli fa animo a se stesso percio\ che egli propriamente e\ la ragione medesima che e\ la sua anima: e I'appetito e\ del senso, e per consequenza del corpo, e alla fine s'assicura di risolversi per 10 esser talmente dedicato [21] alla donna che con la imaginatione la porta sempre congiunta seco, per modo che s'aviene ch'ella veg- ga se stessa dentro di lui, potrebbe anche occorrere che nel tirare se/ a se stessa, tirasse lui medesimamente e che di questa maniera egli venisse ad entrare nel possesso nella grazia di lei. Del trovarsi inesperto 15. Sento gelar tutte le parti estreme Venendo il ben amare da virtu\ e consistendo la virtu\ nell'azio- ne, non basta che I'amante operi bene dentro di se/ col ben risolversi, ma bisogna ancora che col venire all'essecuzione 30 del proponimento risoluto faccia pratticando un buon'abito dal quale piglia di poi meritevolmente il nome a vero amante. Ne/ solo per questo rispetto ha da mettersi all'operare, ma anche perche/ indarno si proporrebbe la grazia della donna, quando se ne stesse, e mai non cominciasse a palesars ele. Oltre che non e\ veramente Amore quello che e\ nell'amante senza che la cosa amata il sappia, ma e [21 ] piu tosto benevolenza per- cio\ che possiamo voler bene ad alcuno ancora che quel tale a chi si vuol bene non abbia cognizione della nostra volonca\, 200 ma propriamente non I'ameremo quando o non vi sia in effetto la congiunzione degli animi fra noi o almeno essa non sia sperata. Ne/ questa puo\ esservi o soccedere ogni volta che alla cosa amata non sia noto il nostro amore, il quale in questa parte conviene con i termini della perfetta amicizia che non si fa, o facendosi non si stringe mai tra color che non si conoscono, o che conoscendosi stanno lontani I'uno dall'altro; e tuttavolta che si sia per effettuar quello che si e\ delibera- to, quantunque nell'animo s'abbia stabilito di superare gli af- io fetti nocivi, non e\ pero\ che insull fatto non si trovi qualche rincontro che per la inesperienza piu\ che per altro non torni a disturbare la ragione, come si vede nella fortezza del core, la quale I'uomo si fa con la propria elezione. E poi nell'e- sporsi a i pericoli con tutto che vi sia ito prontamente ha qualche repugnanza del senso che I'offende, e con la frequenza dell'operare diviene abituato e si mette a non curar [22] piu\ niente della morte. Adunque I'amante che e\ disposto di parlare alla donna per insinuarsi a poco a poco nella grazia sua, e che ha superato la vilta\ che nel deliberarsi I'affligeva, 20 s'accorge che in su'l punto dell'essecuzione I'animo di nuovo gli manca. Che se ben s'avea proposto la donna eccellentissima e la propria virtu\ debolissima ma assai gagliarda per la comu- nione che col pensiero avea di quella eccellenza, nondimeno all'appressarsi all'oggetto quanto piu\ dentro arde, tanto piu\ di fuori per la tema di non riuscire diventa un ghiaccio, e all'apparir di lei sente I'antica febre che fu quella ch'ebbe nel risolversi, la quale gli ritorna quando egli e\ nell'atto dell'operare, quello che avea determinato, e si\ come dal corpo mal condizionato per la trista qualita\ degli umori nell accen- 30 dimento loro li spiriti si sogliono contraere cosi aviene del- I'animo comosso dall'amore e i segni dell'uno sono comuni con I'altro. L'amante soprapreso da cosi\ fiero accidente che si senta gli occhi impediti per la presenza della donna, e in guisa [22 ] frequentargli le angustiose battiture del petto che mandi fuori sospiri in vece di parole, non fa I'effetto che s'avea proposto. E tra se/ si ramarica dell'ardore eccessivo che e\ cagione di tanta timidita\; e perche/ avea assomigliato la sua febre a quella d'un infermo dechiara che se bengli effetti son simili e/ nondimeno diversa la cagione delluna edell'altra, 201 perche/ ove quella dell'infermo deriva da impurita\ d'onde si fa incendio simile a questi materiali che veggiamo nascere per il fuoco, la sua e\ causata dalla piu\ pura luce che sia ne i cieli, la quale piovuta negli occhi della donna gli avampa il core col penetrarvi di dentro, e pero\ si ritira a quel suo rifugio che I'indusse a disponersi d'amarla, che e\ che ardendo ella lui, sarebbe pur il dovere che ella d'onde nasce l'ardore ne sentisse similmente qualche parte, per esser I'amantc tutto cio\ che e\, in virtu\ della cosa amata. E per di notare la possanza e per- 10 fezione del caldo che e\ prodotto da lei la chiama unico mostro del sole. 16. Poi ch'io son giunto al vostro almo conspetto Sopra questo soggetto di non poter esprimere la parola [23 ] dinanzi alla donna si va discorrendo con I'aggiunta di questo senso, che non pero\ ella e\ scusata se ben non intende dall'espli- cazione della voce quello che se le vuol dire, il che si prova per vari mezzi, e primieramente con quello della trasformazione per aver I'amante collocato I'anima sua in lei. E perche/ nell'a- nima e\ quel concetto che viene spiegato dalla lingua ove esso 20 sia inteso della maniera che puo\ esser dalla donna che I'ha in se/, e che dentro vi vede la lealta\ dell'amante, e tutto cio\ ch'egli vi avrebbe da dire, non accade a significarlo con parole. Si\ come si dice delle anime che sono in Cielo, le quali si conoscono dentro di maniera che I'una sa quello che I'altra pensi senza di mandarglielo, e senza ch'ella glielo dica. Si\ che si ritrova nella cosa amata la facolta\ di udire e intendere le parole mute che sono quelle che si proferiscono con cenni, e non con la voce articolata: e anche quelle mute che sono propriamente le scritte, quali sono quelle che stanno nell'anima, e che poi son lette dalla lingua. 30 E avendo ella in se/ la scrittura dell'anima ha anche in se/ la potesta\ di vederla e di leggerla. Si dichiara anche nell'introdu- zione [23 ] di questo affetto del silenzio come esso si generi che e\ similmente per la cosa addotta di sopra ede\ passo cosi\ mani- festo che non occorre dirvi altro d'intorno. 18. Se la voce interrotta e la favella L'amante nel vagheggiare gli occhi amati vi mando\ dentro il suo core: nel quale sta scolpito ogni suo sentimento, e di ' 202 modo che da quel giorno che vi entro\ non n'e\ mai uscito. Ora che e\ venuto il caso ch'egli non puo\ proferire le parole impedite dalla paura, la donna qualvolta voglia mirargli nel core puo\ con gli occhi istessi vedere e conoscere qual sia I'intenzione di lui. 19. Cosi\ vivo e\ I'Amore Similmente per tralucere negli occhi dell'amante la prontezza dell'amore causata dal gran desiderio e I'atrocita\ del dolore che viene dal non poter palesare la volonta\ rinchiusa, non fa 10 caso se nel parlare alla donna I'affetto gli leghi la lingua in guisa ch'esso non possa discioglierla percio\ che il gridare che fa il core di lui e\ il farsi vedere per gli occhi, e questo viene a dire che si notifica I'intento proprio per altro mezzo ancora che non e\ quelle delle parole e che si man- da alla [24 ]notizia d'altri la nostra volonta\ cosi\ col fare ch'egli la vegga col fare ch'egli I'oda. 20. Dipinto porta ne la fronte il foco Il medesimo ingarbato per altro termine si dimostra di questa maniera che la fronte porta dipinto il foco amoroso, edespresso 20 il duolo della timidita\ e che percio\ il non dir altro o il ma- lamente parlare non toglie ai riguardanti il veder I'affetto che e\ nel fuoco e il pensiero che e\ nel duolo, e meno che agli altri cio\ e\ vietato alla donna, che con I'incendere con le sue bellezze fa il fuoco, e con I'agghiacciare col terrore della sua presenza fa il duolo. Del non aver I'assenso 21. La lingua che non e\dal cor diversa Fortificato ch'abbiamo I'animo si\ che sia totalmente levato quel timore che nel cominciare a parlare ci assaliva, e\ da 30 metter in campo la nostra intenzione col principiare con de- stro modo ad esporla alla cosa amata, e occorrendo di rado che di primo colpo ella sia parimente tocca d'amore verso I'amante, com'e\ stato I'amante verso lei, non puo\ di leggiero soccedere che tosto si conseguisca il fine desiderato [ 24v] anzi essendo questo amare un'opera molto dirficilee onorata non e\ il dovere che abbia una presta perfezione, veggendosi 203 che le arti che in poco tempo s'apprendono non sono di molta stima e quando anche noi fossimo cosi\ dotati di tutte quelle degne qualita\ che convengono a chi fa professione di servitore di dama, non si dira\ pero\ che queste qualita\ fioriscano mai di quella maniera che fanno quando sentono questo caldo d'Amore, il quale le rende piu\ vive e piu\ frequenti e le fa esser di mag- gior eccellenza che non erano prima. E se bene ottenuta la gra- zia desiata si potesse anche perseverare e crescere in virtu\, non e\ per questo che la corrispondenza d'Amore fosse cosi giudi- to ziosa cosi\ stabile e di tanta forza facendosi con breve indugio, come sarebbe qualora co I prima ben pratticarsi e conoscersi, e col fare diverse prove di costanza e con I'attraversare i disegni e porvi delle difficolta\ si venisse di poi ad una cara perpetua e vera unione. La onde e\ necessario ch'all'essecuzione dell'amante s'oppongano diversi ostacoli. Tra quali alcuni sono esteriori, e che pero\ procedono dalla Fortuna, come se noi e la cosa amata fossimo in luoghi disgiunti e che non si potesse esser in un medesimo, [25 ] se la donna fosse sotto altrui custodia troppo ri- gorosa se i suoi congiunti di sangue fossero nimici dell'amante, 20 s'ella s'infermasse, se passasse da una libera condizione di vita ad una obligata o da questo mondo all'altro, e cose similche per esser estraordinarie non convengono in questo Amore che e\ presuppo- sto di maniera ordinato che da se stesso induca gli accidenti senza che di fuori occorrano stravaganze alcune e pur quando avenissero non s'avrebbono da metter qui in considerazione per esser necessario che sia attaccata la prattica inanzi che intravengano cosi\ fatti disturbi i quali non rilievano fin tanto che I'Amore non sia inca- minato e per questa cagione I'ostacolo importante e che prima appa- re nella notificazione che I'amante fa alla cosa amata e\ quello 30 che deriva da lei ogni volta che non voglia udirlo. E perche/ non e\ ragionevole ch'eglidsia posto ad amare una tale che ricusi a fatto d'udirlo questo ricusarlo e\ il non voler ella intendere ch'egli le parli del suo amore benche/ nel resto I'ascolti graziosemente. Ma di qui nasce che noi che non possiamo ragionare di cosa diversa dalla nostra intenzione sentiamo in cio\ dispiacer gravissimo. Percio\ che colui che pur vuole dire una cosa per un'altra ha da essere dissimulatore [25 ] e sar\a tale o per semplice finzione come ne i propri interessi ne' quali non fa pero\ danno ne/ dispia- 204 cere ad altri o per malvagita\ e per consequenza a tristo fine, ma I'amante essendo virtuoso non e\ malvagio, e stimulato da affetto pungente non puo\ star saldo col fingere di non sentirlo, e se il grave odio e il molto amore da i magnanimi non possono dissimularsi, I'amante anch'egli, come gentile, e percio\ prossimo alla magnanimita\ non potra\ celare la volonta\ sua alla cosa amita, percio\ che la gentilezza dell'animo e\ gran principio alla grandez- za del medesimo e oltre all'essere ingenuo e libero vi e\ la passione assai gagliarda per non esser anche I'amante affinato di modo che 10 affissato alle bellezze della donna, e desideroso di goderle non senta I'affezione del senso, e di qui e\ che gli appassionati so- gliono essere piu\ lontani dalla malizia che i dissimulatori. Perche/ sono piu\ atti ad usar violenza che la fraude, e nella malizia il peccato della fraude e\ maggiore che quello della violenza. Tal che I'amante puo\ malamente fingere in modo alcuno e si trova in tale stato che se non parla del suo amore con la sua donna non es- sala quella passione che I'afflige, e si sente tuttavia piu\ ardere. E se parla te/[26 ] me di non dir cosa che le dispiaccia, e di- spiacendole udirlo ragionare di quello ch'egli vorrebbe dirle e 20 costretto a star sempre in sospetto di non traboccare in cosa con- traria alla satisfazione di lei, e pero\ si volge ad Amore, il quale e\ talmente in lui, che non solo opera nel modo volontario che e\ nell'aprirgli i sensi, ma anche nel moto naturale che e\ nell'a- prirgli la bocca, e si maraviglia come esso Amore in quanto che lo fa parlare alla donna, non lo faccia esserle grato, e in quanto che e\ cagione ch'egli sospiri non gli giovi parimente con I'essalazione della fiamma, ch'esce con lo spirare. Percio\ che la doglia sua ha da cessare o quando egli ottenga la cosa bramata o quando si di- stolga da bramarla. 30 22. Sol godo all'hor che del mio foco parlo Mentre noi siamo occupati in questo affetto d'Amore tanto godiamo quanto ci e\ permesso il poter palesarlo a colei che n'e\ cagione, ma in tal proposito ne segue o che ne parliamo o no. Se ne parliamo dispregiando noi tutto cio\ ch'ella non cura e\ necessario ch'anche a noi dis [26 ] piaccia il parlarne che e come il dispia- cerci quello che infinitamente ci piace, e bisogna\che per questo 205 desistiamo dal ragionare se non ne parliamo pensando noi a quello ch'ella ha pensato del nostro amore che e\ di non ascoltarlo sia- mo indotti anche tacendo a non stimar piu\ la vita nostra, poi che I'amore onde noi vivamo non e\ stimato, da quella donna alla quale noi vogliamo sopra tutte le altre cose aderire con l'opinione e con I'opere si\ che se il parlare apporta guerra e travaglio il tacer non reca pace ne/ riposo. E perche/ la speranza ne i dubbi fa che sempre si pigli il senso migliore e chi ama e ha causa di temere, e non e\ escluso suole sperare similmente, Amore come parte 10 sensuale vi s'interpone. E ne dice che la donna per onesto ri- spetto ricusa d'udirne, volendo inferire che la sua pudicizia non comporta ch'ella cosi\ tosto aggradisca le nostre parole, ma dall'altra banda la ragione ci ricorda che nei propri interessi I'uomo puo\ facilmente ingannare applaudendo egli troppo a se me- desimo e che percio\ [27 ] non e bene l'aver gran confidenza ov'e grandemente da sospettare. 24. Amor che vede ch'io narrar non posso Stando I'amante nel medesimo pensiero e non sapendo reggersi in tantolinfortunio, poiche/ ne/ parlando ne/ tacendo potea satisfare 20 a se stesso Amore gli aguzza tanto I'intelletto che gli fa trovare un partito molto al proposito per simile accidente che e\ ch'egli non entri con la donna a viso scoperto, ma si prepari da lunge col ragionarle, o, metter lei in ragionamento d'altre donne d'altri amanti e d'altri Amori, e con I'ascondere in cio\ di maniera I'arti- ficio ch'ella non s'avegga che egli ind rizzi questi soggetti al suo fine, e gli fa animo col ricordarle il viso gli atti, le parole e li sguardi che si trovano nella donna e che fin da principio gli fecero pensare ch'ella non potea essere se non gentile, e gli insegna che di qui imparera\ di conoscere come sia tocco il core 30 di lei notando i suoi affetti all'arrossir delle guancie, al mover degli occhi, al sospirare, al rallegrarsi e ai termini del favellare, e discoprendo da questi segni com'ella sia finalmente per opporsi o per condescendere alle voglie di lui, e quello ch'egli pero\ pos- sa sperare de i successi, e questo avertimento che e\ mosso in noi dall'Amore deriva dalla naturale in-[27 ] clinazione degli amanti che per essere gentili sono ancora speculativi, e se un rozzo casualmente punto dall'Amore si sveglia di modo che\ con I'aiuto di questa affezione accuisce li spiriti e soccorre con l'uso dove gli 206 ha mancato la natura tanto piu\ chi e\ naturalmente disposto ad amare e poi vi applica I'animo si fa maggiormente industrioso, e e\ necessaria I'arte in questo affetto come negli altri e piu\ ancora per esser di piu\ importanza, percio\ che con I'assuefazione si supera il dolore e si corregge il piacere e si modera il timore e I'audacia, e parimente si reprime I'iracondia, e tutte queste sono gagliarde passioni che vogliono percio\ diverse regole molto ben regolate e da se/ formano virtu\ particolari eccellenti. Ma la passione amorosa avendo in se/ tutte queste altre e\ forza ch'ab- 10 bia similmente bisogno di tutte le lor virtu\, e che per cio\ ora si sia temperante in non lasciarsi trasportar dal piacere del senso, ora forte nel vincere il dolore delnon poter goder la cosa amata, nel temer le aversita\ d'amore e nell'esservi ardito sol quanto e\ conveniente ora mansueto in non troppo adirarsi [ 28] per li sagni causati dalla donna. E perche/ queste virtu\ hanno due essercizi I'uno del domare gli affetti che e\ parte dentro di noi, I'altro dell'intendere la prattica dell'operare che consiste nel conoscere i tempi, i luoghi, le persone, i modi, i mezzi e simili altre circonstanze, I'amante viene ad esser composto di moderazione d'ani- 20 mo e di buona esperienza, e facendosi egli esperto a poco a poco per essere impossibile il sapere assai in cosa importante senza molto studio, ne nasce che beneamando vada tuttavia imparando di meglio amare, percio\ che gli abiti crescono dalla prima radice, che se e\ trista fa tristi frutti, e buoni se e\ per il contrario. E co- si\ la prudenza dell'amante e\ divisa in due, dovendo egli con l'una comporre le perturbazioni che sente di dentro e con I'altra farsi prattico degli agibili che nel conversare appaiano di fuori e con- sistono nelle sopradette circonsanze, e si\ come molte sono le virtu [28 ] interiori nell'amante per i diversi movimenti 30 dell'animo che egli ha da quietare, cosi\ molte sono le esteriori, perche/ quante piu\ cose del mondo egli intendera\ sara\ sempre di tanta piu\ riputazione e verra\ tanto piu\ a meritare I'impetrazione del suo fine, e quelle che saranno di maggiore nobilta\ il renderanno anche maggiormente amabile oltre che la varieta\ delle invenzioni, la prontezza dell'intendere, del rispondere e del discorrere e\ massime in chi si trova degnamente inamorato. Donde anche ne segue 207 il saper conoscere le occasioni dello spendere e spandere e dell'esporre a i pericoli e alla morte se stesso per difendere la vita e I'onore della cosa amata. La quale azione e\ gloriosis- sima negli amanti, che percio\ pare che abbiano la loro perfezione quando sono cavalieri. Essendo piu\ eccellente quell'amore che e\ accompagnato dalla piu\ eccellente virtu\: ed essendo piu\ mirabile di tutte quella che e\ la vera fortezza dell'animo con [29r] che I'uomo si mette a quei rischi di morire ne i quali non e\ spinto da altro che dalla virtu\ dell'animo istesso. La onde non 10 e\ maraviglia se I'arte dell'amare e\ tanto difficile ch'abbia ba- sogno di sofficiente esperienza. Ma se si dicesse che si e\ fi- nalmente caduto nella dissimulazione col fingere nel parlar con la donna altri amori d'altre persone e col cennare ad una parte per colpire un'altra risponderessimo che da principio I'impetuo- sita\ della passione non lascia che I'amante possa dissimulare in modo alcuno, ma che d'ipoi s'avede che quella fizione che non e\ con malignita\ e\ alle volte profittevole e non disonorata. E que- sta suole anche essere nei magnanimi quando con essa evitare li scandali. 20 26. Alfin cangiato e\ amore che si m'attrista E\ occorso un caso in questa dissimulazione, che mentre egli parla- va d'altri inamorati e osservava quei segni della faccia degli occhi e del trare [29 ] dei Fiato e del parlare della donna che avea imparato di dover notare, ha conosciuto o piu\ tosto creduto di conoscere in certo proposito ch'ella ami altra persona che lui, e qui opresso dalla gelosia ha sentito rapirsi del petto I'anima come se le fosse estirpata da un serpe di quei della profonda Stige che e\ quella che nell'Inferno e\ diventata il frigidissimo Cocito: per essere questo affanno causato dalla invidia, i cui 30 serpenti sono di veneno di gelo, per modo che ove si promise un amore dolce e soave se I'ha trovato amaro e pungente, si\ che non e\ possibile che prenda mai riposo alcuno: correndo pur sem- pre col pensiero alla felicita\ di colui ch'ha la grazia di quella donna ch'egli ama tanto e da cui all'incontro e\ cosi\ poco stimato. E gli pare che debbia essere da lei aborrito, ancora che alla scoperta non glielo dimostri. E tanto piu\ s'afflige considerando quale egli si fosse in sul [ 30 ] principio del suo amore e quale ora si ritrovi per essere piu\ rincrescevoli assai le mutazioni delli stati quanto sono piu\ improvise, piu\ fuori dell'aspettazione 208 e piu\ dall'uno estremo all'altro. 28. 0 maligno venen ch'apri la via Questo amore che fu cominciato con giudicio non potea esser interrotto da vera gelosia, dovendo esso ritrovarsi alla fine reciproco, e non essendo percio\ ragionevole che altro amante ponesse il piede inanzi a questo, il quale avedutosi negli altri congressi avuti con la donna che ella non ha punto quel pensiero che egli s'era imaginato, esclama contra la gelosia, che fu cagione del suo vano sospetto e insieme si viene ad escusare se e\ stato 10 troppo creduto, perche/ la forza della suspizione in chi ama e\ grandissima, donde ne nasce che questo veneno facilita sempre il timore e lieva la spera\nza e scorrendo per le vene genera melinconia e opinioni stravaganti e tutte [30 ]nemiche al ben proprio, e tor- ce la ragione in guisa che il core porta la pena de' suoi falli, e tanto piu si scusa, perche ardendo d'amore era anche piu atto a sentire il contrario dell'ardore che e\ I'orribilita\ indotta dalla gelosia, la quale con la soverchia temenza ci fa stupidi ed e\ pero\ piu\ fredda del timore ordinario. 30. Forse ch'ella nol crede 20 Assicurati di non essere esclusi e dubbiosi nondimeno del successo per non avere ancora noi avuto risposta alcuna dalla donna nostra andiano conietturando diversi rispetti tutti pero\ a nostro van- taggio, per i quali ella se ne stia sospesa e non ci voglia risol- vere. E tre principalmente sono le cause che noi ci imaginiamo che possano partorire questa irrisoluzione, o che ella non creda che noi per ancora I'amiamo, e credendolo o che ci ami in effetto e nol dissimuli, ma non cel mostri ancora o che ci ami e il dissi- muli a posta per frenare il nostro amore troppo ardente. E quanto al primo caso non basta [31 ] che'noi giuriamo che quanto e\ bella 30 la donna tanto noi siamo leali, e quanto ella crudele tanto noi tormentati per modo che si\ come la bellezza e la fede di lei e di noi sono in sommo grado, cosi\ vadano del pari la crudelta\ e il tormento dell'una parte e dell'altra. Percio\ che quello che consi- ste ne i fatti come e\ la prova dell'amore non e\ adempito con la parola, ne si puo obligare quello in che non si ha azione, non 209 avendo noi azione in quello amore di che non abbiamo ancora reso conto alcuno o se reso, non reso a sufficienza. E per tanto la donna non crede a i giuramenti ma aspetta il corso della lunga servitu\ quanto al secondo caso la corrispondenza va per gradi: essendo essa in prima di volonta\ e poi di segni esteriori che al sembiante la esprhimo: e finalmeate di opere che effettualmente la dimostrano.Che si\ come I'amante inanzi che con I'operare facesse vedere in atto I'amore suo [31 ] alla cosa amata glielo significo\ con la presenza e anche inanzi a questa 10 significazione le aplico\ I'animo senza che niuno se ne accorgesse, cosi\ cambievolmente bisogna che la cosa amata prima che mandi da gli occhi la pieta\ sua verso lui glie la porti col core. Quanto al terzo caso essendo noi sempre per esseguir tutto cio\ che vuole la donna nostra, la sua voglia viene ad esser la nostra legge la quale per nascer da lei e\ conveniente che ci abbia in quel rispetto che ha da portar chi comanda a chi obedisce, e massime chi comanda a chi obedisce per cortesia, e percio\ non dovendo ella abusare questo suo imperio e\ da credere che se non ci rac- coglie come noi vorressimo, cio\ non avenga per sua soperbia, 20 ma per nostra moderazione accio\ che ella non ci facendo ancora conoscere I amor suo temperato, corregga il nostro eccessivo, volendo ella che per ora la occulta grazia di lei sia il fine di che noi s'abbiamo da contentare [32 ] e cosi\ la nostra mente vaneggiando d'una opinione in un'altra e\ come una persona inferma che per mutare luogo spesse volte non pero\ muta in meglio I'in- firmita\, percio\ che essa mente che e\ travagliata da vari dubbi e che diversi rimedi si va procacciando non trova cosa che intiera- mente le satisfaccia e rimane tuttavia sconsolata. Dell'aver un assenso per un altro 30 32. Di quei bei guardi che ferito m'hanno L'assenso che desideriamo che La donna ci dia e\ ch'ella ci risponda in guisa che ci mostri d'accettare I'anore che le portiamo, ma perche/ non le piace di notificarci cosi\ tosto la sua intenzione e non ci ributta pero\ da quella speranza in che noi andiamo conti- nuando, in vece di assentirne con la bramata risposta ci compiace in questa parte sola di lasciarci esser alle volte alla[ 32 presenza sua, e di non esserci avara ne/ delli sguardi ne/ delle parole, delle quali nondimeno spesso ci ritroviamo p'rivi, ma non 210 e\ cosi\ della vista degli occhi suoi avendosi piu\ facilmente copia di vederla che d'udirla E perche/ I'anima purificatasi alquanto nella contemplazione della cosa amata e\ al proposito per prevedere alquanto cio\ che debbia succedere non puo\ pro- nosticarsi il suo essito ma solo coniettura la longhezza di quella afflizione, in che si vede perseverare e godendo di non esser discacciata arde volontieri all'incendio di quegli occhi,che sono propriamente I'arme d'amore, perche/ egli con gli occhi accende I'esca de i cori per essere il lume causa del 10 caldo e con le parole che sono percussione d'aere spira nel foco, e ce\ssando esse parole con le quali cessa ancora quello spirare ricorre agli occhi medesimi, co' quali rinforza I'ar- dore di modo che in tanta arsura non vi e\ refrigerio che vaglia. 33. Volava ardendo Amor la terra e il cielo [33r] perche/ invece dell'aspettate parole questo amante ha sguardi dalla donna sua che piu\ sempre avivano il suo fuoco e che nol lasciano mai privo di speranza essendo essi i veri instromenti d'amore, egli va discorrendo sopra la possanza che hanno con fingere alcuni casi dell'amore istesso, quali so- 20 gliono venire in mente a coloro che fortemente amano, e che in- sieme eccedono nel celebrare la cosa amata con fingimenti poetici. E primieramente si piglia I'opinione di quei savi che credettero che il mondo fosse composto di concordia e di discordia. E que- sto per essere di modo inclinati gli elementi a congiungersi in- sieme e a concorrere alla generazione che il caldo entra nel freddo e il secco nell'umido. E si mostra che Amore cagione di tutto cio\ andasse ardendo d'ogni intorno ogni cosa, e che la natura intenta al conservare non meno che al generare si disde- gnasse contra lui e presa I'occasione de i venti delle pioggie 30 e nevi che dall'affetto [33 ] suo si creavano spingesse questi venti e queste pioggie e nevi nelle sue facelle e ch'egli accor- tosi che erano spente e veduti gli occhi di donna che con essi risplendeva piu\ che il giorno si piego\ ad accenderle dentro di loro, di maniera che avendo preso i fuochi qualita\ da quegli occhi e quegli occhi qualita\ da quei fuochi, da quel punto in poi sempre i fuochi d'amore furono gli occhi di questa donna e/ gli occhi di questa donna i fuochi d'amore. Il che e\ come a dire che ove e amore ivi e la cosa amata e ove la cosa amata ivi amore, e che 211 la cosa amata accende massimamente I'amore con gli occhi. 34. Con voi giocando Amore a voi simile Negli occhi parimente si ripone la forza d'Amore con I'indurre un furto fatto dalla donna a lui mentre insieme giocavano, per- cio\ che avendo ella tolto gli la faretra e come suol esser la natura d'Amore [34 ] essendosi egli adirato di questa cosa lieve la\ ove d'una grave non fara\ poi stima alcuna risoluto di ferirla fa presto a mettere la mano alle saette, ma s'a vide che esse erano nella faretra levatagli dalla donna e mirandola negli 10 occhi per inferirsi di qui che altre sa tte egli non ha che quegli occhi, s'invaghi di lei e ne sorrise. Quasi che dir vo- lesse che era pazzia la sua a voler ferire colei che era il mezzo con che il mondo era da lui ferito. 67. Amor seco mirando Ancora che le chiome siano assai atte a tirare a se/ gli animi degli amanti, nondimeno con I'elezione fatta da Amore si mostra che la maggior virtu\ e\ posta negli occhi. Questa elezione e\ ch'egli di prima vista s'affeziono\ assai a i capelli della donna e talmente che ricuso\ tutti i piu\ cari nidi che egli abbia in 20 luogo alcuno [34 ] e si delibero\ di mettersi tra mezzo a loro e d'albergarvi in perpetuo, anzi per non avere mai da partirsene penso\ di servirsi di quei crini per lacci da prendere i cori degli amanti di ch'egli si pasce, accio\ che avendo quivi il suo nutri- mento non gli accadesse mai di gire altrove per procacciarselo. E avenne che mentre era in su la fronte per formare i nodi per I'effetto da lui dessignato vide gli occhi della donna e cangio\ subito pensiero e albergo. Per modo che si risolvette di prenderli per sua stanza e di non stare piu\ nelle chiome, con animo di va- lersi delle ale sue per sventolarsi ogni volta che il troppo calore 33 di quei lumi I'offendesse. E ove avea prima pensato di ordire legami nascosti per far preda de i cori degli amanti, concluse che in questo altro luogo li sguardi sarebbono i suoi strali e le ciglia I'arco suo, con che potria ferire cosi\ celatamente [35 ] che niuno se n'accorgerebbe. 212 Dell'imaginarsi I'assenso negato 38. Se veder voglio ascolto e s'udire deggio Doppo una lunga dimora non avendo mai I'amante ritrovato la corrispondenza da lui tanto desiderata ne/ pur conosciuto a segno alcuno che egli fosse per averla, ando\ notando qualche indizio per il quale si potesse avedere s'egli indarno l amasse, e ne trovo\ uno molto principale che e\, che I'anima che egli ha collocato nella cosa amata non e\ stata raccolta da lei, perche/ sempre che ricorre ad essa per prender I'usata vita si trova 10 confuso e si certifica che ella e\ dispersa per non esservi la grazia della donna, la quale se vi fosse non volgerebbe mai il pensiero a lei che non si consolasse tutto e che in continente non avesse lo spirito suo [35 ] unito e vivace, donde poi potesse essercitare I'intelletto e i sentimenti a voglia sua. L'esser dispersa I'anima, prova per il disordine che ha ne' sensi e negli affetti i quali sono sottosopra e non gli rendono piu\ la solita obedienza come se una famiglia mancando il governo del patrone andasse a traverso si\ che nella casa l'uno occupasse I'ufficio dell'altro e insieme si discacciassero. E perche/ la donna 20 e\ la reina dell'amante, s'ella non vuol reggere i movimenti di lui, e\ forza ch'essi la facciano male: e ch'egli concluda che non spinse ma spense lo spirito suo nella cosa amata quando a lei penso\ di spingerlo. Perche/ in luogo di porlo in parte ove meglio si conservasse il mise in tal travaglio che non pur non vive meglio ma e\ come se in alcun modo non vivesse. Che astratto che e\ I'in- telletto e totalmente fisso in quello che\ si vocrebbe e che non si puo\ conseguire [36 ] stiamo tuttavia irrisoluti, la\ ove se si possedesse quanto si vorrebbe, la mente restarebbe libera e saria poi pronta a far altro. Ma mentre e\ in dubbio sopra una cosa, 30 e\ nelle altre inutile, la quale imperfezione e\ tanto maggiore, poi che quando anche s'intendesse quello che si considerasse e si fosse sicuro di quanto si bramasse, nondimeno fin che I'in- telletto fosse applicato alla cosa considerata o bramata i sensi malamente farebbono I'ufficio loro. Per essere queste due facolta\ dell'animo di tal natura che quando I'una gagliardissimamente opera I'altra e\ quasi ociosa e stante poi la perplessita\ della mente, tanto peggio i sensi potranno essercitare la virtu\ loro, il che si conosce o quando in luogo del vedere s'odae d"udire 213 si vegga e di stare si vada e di andare si stia o quando ben che si ascolti quello che e\ da ascoltarsi e si miri quello che e\ [36 ] da mirarsi, e s'affermi ove e\ d'affermarsi e non si manchi di gire ove e\ da gire, con tutto questo non s'intenda cio\ che sia sentito o visto, ne/ s'accorga del moversi o del non moversi per esser I'animo nel luogo nel quale e\ il pensiero che e\ cagione che nel resto si faccia una cosa per un'altra; essendo altrove il vigore che da\ moto e moderazione all'opere dei sentimenti. E quanto agli affetti occorre similmente che 10 quando e\ da sperare si tema e s'abbia dolore come se il male fosse soccesso, e quando e\ da temere si speri e si tenga la speranza per certezza. E di qui I'amante conosce che non solo e\ tutto nella cosa amata, ma che vi e\ confusamente per non tro- varsi in lei con I'animo quieto. 39. Ne i vivi giri de le due fiammelle [ 37r ] Si va dechiarando come I'anima mandata nella donna non sia da lei accettata, e ora si dice che ella s'invaghi\ delle bellezze che vide negli occhi e ne i labri della cosa amata. Il cui secreto per la sottilissima investigazione e considerazione di chi 20 ama conobbe cosi\ chiaramente che non pote/ fare che non corresse a quegli occhi e a quei labri, credendosi che cola\ ove era tanta perfezione abitasse I'anima della donna, e che percio\ dovesse nascerne un contracambio si\ che I'una entrasse nel luogo del- I'altra col mandare I'amante la sua al core della donna e col ricevere quella della donna per se/; ma avenne effetto contrario al pensiero. Percio\ che se ben I'anima della cosa amata era veramente in quelle parti, non pero\ I'amante ebbe grazia d'ac- coglierla ne/ di intromettere la sua come desiderava; e cosi\ v stando escluso ancora che in atto non posseda [37 ] la belta 30 che e\ la vita sua, non e\ pero\ che non la goda colcontemplarla non avendo egli altra vita che quella che di quando suo fine cerca di prender e mantenere, vero e\ che tanto I'afflige l'esclusione che teme di vivere male e poco se lo sdegno che e\ di ributtarlo o anche la dura voglia che e\ di non accettarlo continua piu\ troppo nella sua donna, la quale percio\ prega che voglia con quegli occhi e con quei labri essergli cortese di tali sguardi e risi che s'apri a lui la strada di p\assagli al 214 core ove e\ la grazia che tanto desidera e che e\ il suo para- diso percio\ che di questa maniera ella non potra\ raccoglier lui che egli parimente non raccolga lei. Donde I'una e I'altra anima si cambieranno col gire questa nella sedia di quella e quella nella sedia di questa. 41. Tra rose aperte e tra lucenti raggi Continuando nel medesimo argomento si pone questa [38 ] contra- rieta\ che si\ come si e\ chiuso I'anima in labri aperti e s'e\ nascosta la medesima in occhi lucenti cosi\ si sia fatto bene e 10 male ad amare questa donna e se n'abbia piacere e doglia e si sia tra I'amore e I'odio,tra la speranza e il timore e finalmente tra la liberta\ e la prigionia. Per modo che i pensieri dell'amante siano stati non ben saggi e non poco saggi che e\ I'opposito, si\ come anche il carcere ove egli e\ serrato gli riesce dolce e crudo. Il che tutto gli incontra per avere egli dall'una banda giudicato prudentemente e avenirgliene pero\ dilettazione in avere collocato I'animo in creatura cosi\ bella. E dall'altra fatto trista elezione e sentirne pero\ affanno in aver tentato impresa che gli e\ fallita, essendo la bellezza il fiore da lui amato e la grazia radice da 20 lui non ottenuta che e\ come a dire che la grazia sia il vero bene e il centro, e la bellezza I'imagine di tal bene [38 ]e la circon- ferenza.Nella guisa a punto che si dice di Dio posto per il centro degli angeli. E quindi ne segue che I'anima dell'amante sia sfor- tunata e felice. Percio\ che la felicita\ consiste nella propria virtu e la fortuna negli accidenti esteriori, quale e\ questo del bene abbattersi, per modo ch'ella e\ sfortunata nell'odio della donna e felice nell'amore con buon giudicio da lei prima eletto. Ed e\ in termine che come estesa alla cosa amata non e\ piu\ del- I'amante e come non accettata.dalla cosa amata non e\ anche di essa. 30 E cosi\ viene ad essere ne/ in'stato di liberta\ ne/ in stato di ser- vitu\: e come applicata alla d'onna non e\ cosi\ timida del suo mal essito che il timore I'abbia agghiacciata. E come non raccolta dalla medesima non spera tanto che sia accesa dalla speranza. Talche dura e iniqua e\ veramente la sua condizione poi che s'ar- rende a tal nimica, che se ben se[39 ] le e\ fatta prigione essa pero\ non vuol prenderla. E se ne causa chel'ama di quello amante essendo ita di quello modo nella cosa amata non e\ piu\ ne/ di lui ne/ di lei. 215 43. Liberi nodi liberta\ prigione Gli e\ cosa ragionevole che essendosi dati noi alla cosa amata ci siamo allacciati a lei e che non essendo stati accettati siamo anche rimasi in liberta\. E che similmente restando noi tuttavia col pensiero nelle sue bellezze abbiamo la nostra liberta\ imprigionata. Di modo che succedono tutti questi altri effetti che cosi\ I'odio che crediamo esserci portato dalla donna sia amago da noi come I'amor nostro dispregiato da lei. E che come I'appetito sia senza ragione cosi\ I'intelletto sia disgiunto del core. Per [39 ] non 10 ricevere da esso gli usati , ma solo dalla imaginativa di quelle bellezze. E che quanto il contemplarle dia piacere, tanto rechi doglia il non possederle. E che non meno le speranze escluse siano pronte di quello che le repulse Si trovino iraconde e chiuse entrate. E concludiamo che queste contradizioni mostrano la donna bella in quanto che noi persistiamo in amarla e cruda in quanto che ella persevera in non aggradirci. E mostrano parimente che noi dannati da lei a lei medesima e non ad altra ci appelliamo: essendo questa causa di tal natura che non vi e\ creatura al mondo che meriti di rivederla se non quella istessa che n'ha condennati. 20 lalche/ I'anima che tiene che non siano state intese le sue ragioni e che a torto abbia il giudicio contrario standosi con questo affet- to se non puo\ vivere intieramente coltirare la[ 40 ] vita dalla grazia della donna posta nel suo core che e\ radice della vita, va vivendo al meglio che puo\ con lo spirare con lo spirto della donna medesima preso con la vista e con la considerazione da gli occhi da i labri dalle parole e dalle altre parti esteriori di lei. 44. lo vi guardai voi mi guardaste e i guardi Come I'amante pigli il foco dalle bellezze e non dal core della donna e come egli abbia mandato il core proprio a lei si viene a 30 conoscere con questo soggetto che ambidue da principio si guardorono e che i guardi di ambidue furono ardenti saette ma di natura diver- sa percio\ che amore accese I'amante contra la donna e la donna con- tra I'amante con dissimile qualita\ venendo I'ardore dell'uno dal core senza trapassare nell'altra, e uscendo I'ardore dell'[ 4 v] altra dalle parti esteriori con I'entrare nell'altro Tal che se questi e quella avessero parimente aperti i cori cio\ e\ pronte e conformi le volonta\, le ferite sarebbono uguali perche/ insieme s'infiamarebbono e uguali i refrigeri perche/ insieme si porgerebbono 216 il medicamento che e\ la corrispondenza degli amori. 45. Pallido mi diceste e a voi fu strano Dall'aver infuso I'intelletto nella cosa amata senza ritirarlo o ricever quello di lei in vece del suo, I'amante si escusa se le e\ parso pallido con dirle che il soverchio calore di essa priva lui del proprio, e che se ella non e\ o men bella si\ che egli ritiri a se\ I'anima di lui, o men crudele si\ ch'abbia almeno quella di lei non pur sara\ pallido, ma totalmente bianco e morto, percio\ che la piu\ possente virtu\ dell'anima che e\ 10 I'intellettiva rapisce le due altre che sono la sensitiva e la vegetale per modo che e\ ridotto a termine che non pur ha bisogno [41r] delle forze del senno ma di quelle del core e delle ossa significandosi per queste due parti il senso e il nutrimento. 46. Con la sua bianca mano a me si mosse Per la parola che disse la donna all'amante ch'egli era pallido, egli le rispose che questo derivava da lei e cosi\ ora per l'atto che gli fece di pigliargli la mano, d'alquanto stringerla e poi di ritirarla allargarla e scuoterla venne ad accorgersi ch'ella volea dirgli che quantunque egli fosse legato d'amore, ch'ella nondimeno 20 n'era sciolta, onde anche la mano fu da lei aperta e che quando pur si trovasse legata cosi\ sciogliea i legami come scoteva la mano, le quali credenze son tutte false come dal soccesso si comprendera\, ma chi assai ama, assai teme del modo che si vide nella falsa ge- losia posta di sopra. Del tormentarsi per I'esclusione imaginata 47. Arso dalla belta\ che pi'u' m'accese [41 ] Alla purgazione dell'animo concorrono molte cose molto im- portanti e tra le altre il passar per gli infortuni e virtuosa- mente superarli con eleggere ne i mali il minore in vece del bene 30 si\ che la persona non s'abbandoni, ne/ si prosterna e\ parte assai profittevole per conseguire una tanta perfezione. E magnanimo e\ colui che non si lascia immergere ne/ dentro al golfo delle prosperita ne tra le tempeste della fortuna contraria, la quale 217 si vince con una virtu\ che participa di tutte le altre e che e\ pero\ maggiore dell'ordinarie. La onde accio\ che gli amanti tanto meglio quietino deono prima essere trava- gliati da i disturbi come di presente occorre nella imaginata esclusione, percio\ che dopo I'essersi tanto tempo aspettato che la donna si mova anch'essa ad amare e veggendosi per le sopra dette conietture che s'e\ lontano da riva, si sente af- flizione gravissima e tale che I'animo si piega a tanta per- cossa ma non per\o si rompe, perche continua [42 ] piu\ che 10 mai nel suo fermo propronimento; e conoscendo quella bellezza tanto amabile vuol tuttavia amarla dolendosi nondimeno estrema- mente che sia da essa discacciato. E se ben gli pare d'esser privo d'ogni speranza, non e\ che non possa anco andar nutrendo il foco col desiderio. Il quale e\ ora piu\ ora meno accompagnato dallo sperare; e non per questo cessa mai tanto, che esso foco si sperea. L'amante adunque si querela che non abbia mai potu- to raccendere la donna si\ come egli fu da lei racceso; e dice che ella o non intese quali fossero i menti di lui; o che non volse amarlo ancora che intendesse quanto egli meritasse; o che 20 se ben volse finse di non volere. Che in consequenza e\ il me- desimo percio\ che I'effetto e\ che ella non mostra di curarlo. E stanco omai di piu\ lamentarsi lascia di credere piu\ che egli sia per conseguire I'amor suo. E disnudato di questo vigore sente maggiormente il martire e in guisa che s'agghiaccia. Es- sendo I'orrore freddo piu\ che I'ordinario timore, come vedessi- mo di sopra. E se poi quella passione si rallenta [42 ] talche/ il ghiaccio distilli in pianto; che pianger non si potrebbe se si fosse troppo afflitto; questo pianto non dura ma di nuovo ragghiaccia per la memoria dello sdegno donde il core tanto si 30 contristo\. E di qui si raccoglie che non e\ maravi gl'ia se l aman- te non e\ disfatto dall'ardore che e\ piu\ eccessivo quanto gli e\ piu\ negato il suo oggetto. Premendo noi massimamente in quello che ci e\ vietato, poi che la condizione del suo terrore che lo fa di gelo e di pianto, e di pianto e di gelo, e\ cagione che egli o non si disfaccia, o disfacendosi no 'I senta. Il quale argomen- to si e\ preso accio\ che I'amante duri tanto piu\ nerralpena e anche tanto piu\ si vada affinando. 218 48. Questi guardi questi occhi e questo viso La maniera prima del variare sopra questa invenzione e\ tale, che la luce della donna con I'accender I'amante il riduce a termine che s'egli non s'aiutasse con I'umidita\ del suo pian- to sarebbe a questa ora in faville. E che per I'opposito e\ tanto il flusso delle sue lagrime che se non se gli opponesse [43 ] I'incendio che egli ha dalla donna si disolverebbe in un fonte. 50. Cosi\ i crudi occhi tuoi dai miei tran guai 10 E I'istesso detto piu\ strettamente col prendersi gli occhi della donna e gli occhi dell'amante. Perche/ ove quegli infiamma- no questi spengono la fiamma. Anzi con gli occhi medesimi della donna nell'amante si genera I'ardore mediante la bellezza e il martire mediante la crudelta\. Perche/ sono e belli e crudi. E cosi\ anche ne gli occhi medesimi dell'amante si trovano I'ar- dore e il martire. Essendo che egli sfavilla per essi alla pre- senza di quella belta\. E piange similmente per essi col vederla crudele. [43 ] 51. M'accendeste e uccideste 20 Ricercandosi a una gran vivacita\ una gran mortalita\, pare che la donna conosciuto I'amante troppo ardito volesse farlo morire di rissoluzione non solo fatta per I'arsura ma anche fatta per il pianto. E egli pero\ prova che di questa maniera verra\ piu\ lungamente a vivere. Che ove una morte sola I'uccideva, I'una aggiunta all'altra gli dara\ vita. Levando l'acqua I'estinzione che gli apporta il foco, e lwvando il foco quella che gli viene dall'acqua. 52. Le lagrime e le fiamme Gli animi agitati da varie passioni formano diversi pensieri 30 e rendono la [44 ] mente atta a concipere molte fantasie e a piegarsi facilmente qua e la\; e la fanno esser molto volubile. E percio\ I'amante che credeva vivere per quelle due morti muta proposito; edpensando che I'intenzione della donna non sia di 219 distruggerlo in foco ne\ in lagrime, ma di tenerlo in uno stato che ravivando I'una morte con I'altra, egli ne/ mai mora ne/ mai viva. Perche/ si\ come cessando I'una di esse se ne morrebbe, cosi\ continuando ambe due mai non more. Ma ne/ mai vive: perche/ e\ sempre participe ora dell'una morte ora dell'altra. 53. Vi par ch'esser debbiate Ci possiamo anche imaginare che la donna ardendoci con le bel- lezze sue voglia poi con la sua crudelta\ tormentarci accio\ che noi col pianto estinguiamo I'ardore. Ma perche/ un cosi\ 10 grave male che ci e\ fatto da lei non comporta una tale escusa- zione, si dice che questo e\ un volere con due morti tenerci in vita e un farci vivere e morire sempre che e\ il contrario di quello che prima si disse del non morire ne/ vivere mai. E si prega che ella aggiunga alla vaghezza delli sguardi [45 ]la dolcezza ancora. accio che il foco dell una sia non estinto ma consolato dall'altra. Perche/ di questo modo se ben con queste due vite si morisse, anche volentieri si vorrebbe una tal morte. Del cercar refrigerio nel tormento 54. Torno piu\ volte ad affissar la vista Se le soverchie prosperita\ levano I'occasioni agli animi grandi di palesare quella generosita\ che consiste ne i travagli, e di far quelle imprese che riescono tanto maggiori, quanto e\ piu\ possente [45 ] I'opposizione che hanno contra, le aversita\ ec- cessive troppo interrompono il corso dell'operare e quella per- fezione di vita che e\ il cumulo de i beni e che percio\ non si pro- duce quando totalmente vi mancano i commodi della fortuna. E se per questo I'amante si trova combattuto da continuo sospetto d'una esclusione che sarebbe la morte sua o non e\ pero\ posto 30 nel grembo delle buone venture, non ha anche da essere cruciato cosi\ fieramente che non abbia qualche sorte di [46 ] refrigerio. Onde egli mosso dal naturale appetito che e\ di fuggire il male e dalla ragione che ditta che si prenda il danno more in luogo di guadagno, studia de sollaggiarsi col goder quel tanto della sua donna ch'ella non puo\ negargli. E poi che non ha piu\ la solita 220 introduzione e non gode a voglia sua quelli sguardi e quella presenza di che non si contento\; essendo desioso di passare piu\ oltre e d'esser certificato della bramata corrispondenza, cerca da nascosto di veder di lei quel[ 46 ] piu che puo e farsi che ella non se n'abbia d'accorgere. E mostra d'averla vista altre volte furtivamente e/essersi beatificato in tanta sua calamita\, col vederle la luce della mano balenare tra le luci degli occhi. Poi per essere anche travagliato in questa sua miserabile condizione di vita, si lamenta che questo refri- 10 gerio gli sia diminuito. Poi che se ben sovente puo\ risguardarla negli occhi non vede piu\ quell' [47 ] atto dell'elevazione della mano ignuda. E dice che s'ella si scoprisse schietta come e\ e s'alzasse a gli occhi si vedrebbe aggiungere un sole a un sole, ma tra mezzo all'una e a gli altri s'interpone il guanto che impedisce questo splendore. 55. Fra mezzo vestita e mezzo ignuda L'efficacia dell'amante e\ cagione ch'egli penetri di maniera nelle bellezze della cosa amata, che vi scopra qualita\ da non poter [47 ] esprimersi con parole proprie, ne/ con termini ordi- 20 nari. Ed e\ constretto pero\ a servirsi di vocaboli translati e di comparazioni. Onde questo amante nel vedere la mano della sua donna mezzo coperta dal guanto e mezzo scoperta attraversar- si a gli occhi, da' quali pone che Amore scoccasse gioia e fiam- ma, figura che la parte ignuda fosse come un nuviletto bianco e chiaro e cosi\ picciolo che paresse un neo che [48 ] ancora che s'opponesse al sole non percio\ gli fosse d'impedimento, ma tanto se gli assimigliasse che venisse a participare della na- tura del sole medesimo. E che parimente la parte vestita rap- presentasse un nuvolo grosso e nero che posto dinanzi a quei rag- 30 gi totalmente ce gli rubasse dalla vista. E recreandosi con la memoria dello spettacolo da lui veduto, dice che circa la noia portatagli da quel guanto che vestiva e celava insieme parte della mano, essa gli sarebbe anche stata di maggior [48 ] dispiacere se non che cavo\ diletto da quell'ombra che gli faceva il guanto. Prendogli in cio\ intravenirgli quello che aviene delle vaghe di- pinture che avendo dall'una banda il lume e dallmaltra l'ombra, nel qual sito spesso a posta si pongono, la vaghezza loro splende 221 volte per troppo dolore si va imaginando il peggio, cosi\ nella considerazione della cosa amata, perche/ essa troppo gli piace, nel men bello non che nel mediocre [49 ] va tro- vando il bellissimo. 56. Per far che gli occhi miei fosser di Talpe Pare che una volta la donna s'avedesse che I'amante s'avanzasse per mirarla ne gli occhi e che ella po'gli nasc'ndesse con alzare la mano verso loro. E su questo egli dice che I'intenzio- ne di lei fu col negargli quegli occhi onde egli da\ lume ai suoi, 10 di farlo come una talpa che se bene ha gli occhi non pero\ vi vede. Si\ che i suoi similmente sarebbono stati in lui privi della luce. Ma che m'e\ seguitato tutto I'opposito. Perche/ quell'atto fu un voler col lume levare il lume. E perche/ s'intenda parita\ nei lumi e la ragione rimanga valida, vi soggionge che fu un volere levar col sole il sole portando quella mano splendore a quegli occhi e [49v] ricevendone da i medesimi. Si\ che s'augura una notte per- petua di questa maniera, che se dee perdere la luce per aver la mano in quel termine opposta alli sguardi suoi, brama di starsene eternalmente in questa perdita\. 20 57. Ne I'atto che la mano a gli occhi corre Mostra che la mano levata a gli occhi e da essi ripercossa e\ simile all'aurora; ma che e\ poscia da piu\ di lei, in quanto ch'ella col piu\ colorarsi piu\ viene a mancare, e dura percio\ pochissimo la\ ove la mano e\ sempre piu\ vaga per ben ferita che sia da quei lumi. E fa la vista di lui che la rimira simile all'aurora per conto della brevita\ del tempo che le e\ concesso. Mancando essa a quel cospetto si\ come fa I'alba all'apparire del sole. 58. Si\ come ai freschi mattutini rai 30 Usa I'istessa similitudine per diversa comparazione perche/ la mano posta a gli occhi e\ come una rosa tra bianchi gigli toccata dal sole oriente. Ma e\ di miglior condizione di essa per venir meno la rosa tosto che il sole si sia ingagliardito; e per continuare tuttavia piu\ la vaghezza della mano quanto piu\ 222 . . . . . . sta vicina a quei lumi; e assimiglia parimente il suo core alla rosa in quella parte che e\ del disfarsi; ardendo esso di modo per il foco che gli viene dagli occhi della donna che prima che il foco sia spento e\ di cenere, si\ come la rosa che manca prima che il sole sia tramontato. 59. Par che un spirto ragione Ne i dubbi non ancora risoluti non vi puo\ essere una ferma opinione. E percio\ i pensieri dell'amante travagliato tirano in diverse parti. E se uno promette male non resta un altro 10 di far il contrario. E in questa elevazione della mano dalla sua donna gli suscita come in visione una fantasia che forse quell'atto non sia a fine [50 ] di cecarlo, si come egli da principio s'imaginava. Percio\ che ove si potrebbe credere che la mano lucida aggiunta a i lucidi raggi degli occhi il privasse- ro del lume, si puo\ anche essistimare che la mano che non ha raggi, ma e\ chiara come avolio, scemi tanto la forza del lume di quegli occhi che temperi quella possente virtu\ la quale da per se/ leverebbe I'altrui vista. E I'amante poi che sente la ragione dell'una parte e dell'altra ne vede che I'una sia 20 cosi migliore dell'altra che vi si possa acquietare, a similitu- dine di quel giudice che bisogna che col senso si chiarisca e vada percio\ in sul luogo contenzioso, si risolve di provare con I'esperienza qul debbia esser la qualita\ della luce della mano accompagnata alla luce degli occhi. Col gire piu\ che gli sia possibile a contemplare ambidue. Mostrando d'essere indutto a questo dalla sola necessita\. Del cercare un refrigerio in luogo d'un altro 61. Quei lampi ch'io credea che dai bei soli Scorreva questo amore furtivo troppo inanzi se non era discoperto 30 che ove da prima fu cosi\ ben governato che non era chi se ne ac- corgesse. Ando\ di poi frequentando spesso e impetuosamente la . sua occulta operazione per modo che non potendo I'amante servare [51 ] la debita pazienza, ne/ simulare queto si conveniva, la donna finalmente avedutasi ch'egli S'avea preso per fine di va- gheggiarla ne gli occhi, alle volte rubandole qualche sguardo, 223 si delibero\ di guardarlo con disdegno e di farlo pero\ desistere dal suo proponimento. Ma egli che prima che mancare a se stes- so ha da tentare ogni altra cosa, privo del refrigerio che s'in- gegnava di sottrarre da quegli occhi, onde solea ricreare le vene arsiccie, per non restare in tutto desollaggiato chinando la vista per fuggire il colpo della guardatura crudele la giro\ verso [51v] la mano che stava bassa. E si credeva d'aver fatto un acquisto sicuro non essendosi mai per alterare la qualita di essa mano, che e\ sempre bella e pare sempre pietosa, e non ha in s~ muta~ionc 10 alcuna che la mostri mai disdegnata. Ma la donna accortasi anche di questo altro furto e non avendo il riparo di ributtare I'aman- te del modo ch'avea fatto con [52 ] la fiera dimostrazione de gli occhi, si mise il guanto e coprendo quelle bellezze levo\ a lui non solamente la vista, ma la vita ancora. La quale egli prendeva dal veder quella mano. 62. Se gli occhi a terra volgo Per non perdere questo ultimo rifugio della mano essorta la donna sua a non volergliela [52 ] celare. E le fa conoscere che ella non ha da disdegnarsi s'egli pur sempre corre a quella mano e non da lei non puo\ aver cosa che le noccia, essendo soave il foco che gli ne viene; e in guisa che non porta seco I'afflizione che de- riva dagli occhi, i quali se son belli possono insieme esser [53r] infiammati da crudelta\; e comenda la mano talmente che finge che s'ella potesse aver i raggi che nascono dalli sguardi mostre- rebbe di fuori quella pieta\ verso lui, che gli e\ negata da quelle luci, che hanno in se/ I'attitudine di mostrarla e nol vogliono fare, per modo che e\ ben ragione che egli non cerchi altro soste- v gno che questo che gli e\ porto da essa; e questo affetto [53 ] 30 conviene all'amante, perche/ quello che e\ contrarieta\ appresso gli altri pare a lui che sia altrimente. E vuol pertanto che la mano della donna sia di natura sua cosi\ pietosa, che non le obedisca in mostrarsi crudele come si mostrano gli occhi. 64. Donna se troppo fiso Dichiarato che ha che egli ragionevolmente non sivollge piu\ ad altra parte che alla mano, dichiara similmente che ella a torto gli la nasconde con [54 ] dirle che forse avea qualche cagione 224 di arrossire quando egli la mirava nel viso percio\ che l one- sta vergogna I'accendeva parendogli che la pudicizia non comporti tanta audacia d'uno amante, o era da disdegno infiammata, per non parerle che si trovino al mondo occhi degni d'affiliarsi ne i suoi; ma che essendo la mano senza facolta\ del vedere non ha da commoversi quando e\ fissamente guardata,non potendo essa ne/ vergo- gnarsi ne/ disdegnarsi. Chw/ se ben e\ lucida e\ come una fiamma con- gelata, e non ha la vivacita\ del lume degli occhi con che gli og- getti si discernono. E conclude che non e [54 ] punto il dovere 10 che quella donna gli occulti la mano, e faccia pero\ che i guardi di lui rimangan solitari edermi per restar senza cosa che piu\ pos- sa piacer ad essi. E se vogliono piu\ tosto starsene senza mirar piu\ altro vengono ad essere come i luoghi inabitati. E tanto gli par conveniente che ella gli dovesse conceder quella vista per- che/ quantunque di la prenda la vita sua a dramma a dramma non pero\ le toglie cosa alcuna, non le mancando mai niente per ben riguardarvi ch'egli faccia. 65. La leggiadretta mano Rendesi la ragione perche/ la pieta\ sia corsa nella mano, la 20 quale percio\ e\ sola [55 ] rimasa a tener vivo l'amante ed e\ questa, che la comniserazione e\ uno affetto che deriva da soavita\ di spiriti, onde la persona pensando alle altrui disgrazie, e parendole indegne di chi le riceve, vi applica molto I'animo e quasi che anche potessero intravenire a lui o a' suoi piu\ cari, s'intenerisce e ne sente passione. E lo sdegno e\ un accendimento di spiriti dispettosi conmossi contro chi e\ indegno di possedere o di tribuirsi quello che egli si trova avere o che si vuole ascrivere e in che noi ancora pretendiamo o possiamo pretendere [55 ] Per modo ch'essendo gli occhi qualche sorte d'interesse. 30 pieni di sdegno, la commiserazione chiamata pieta\ non vi puo\ aver luogo, e ricorre pero\ alla mano, ove par che si sia scolpita, tanto espressamente vi si vede. E su questo I'amante si\ come e\ rivolto alla sola parte che contiene la pieta\ cosi\ desidera di non aver mai piu\ a veder altro, quando di essa debbia rimaner privato. 225 66 L'alma pieta\ che con due larghe vene poi che si e\ detto come la pieta\ fugga dagli occhi della donna, seguita che si vegga come essa non possa rimaner celata e appaia volentieri nella mano. Solevano [56 ]gli occhi quasi due vivi fonti oltre alle due vene di luce donde deriva il ben perfetto averne due altre colme di pieta\, la quale trovando la strada troppo essiccata dall'ardore dei guardi disdegnosi, muto\ il con' sueto camino, e non si estinse ne/ si ristrinse di dentro. percio che era impossibile che cosi\ degno affetto che nasce da cortesia, 10 mancasse gia\ mai e non si facesse conoscere in qualche modo. Che/ come il magnanimo nella turbulenza riluce ancora tanto che ad ogni minima occasione che se gli appresenti mostra in cosa piccola quanto [56 ] egli sia grande, il che non possono far coloro che per altri tempi non siano gia\ stati abituati nelle virtu\ e nelle opere gloriose, cosi\ I'animo gentile avendo in se/ continua incli- nazione e quasi abito naturale a dimostrarsi cortese, non puo\ pretermettere di non palesarsi al meglio che gli sia possibile per tale quale esso e\ in effetto, e se gli manca una via da far questo ne cerca e trova finalmente una altra, la onde il cor 20 della donna amata, che si presuppone gentilissimo, poi che s'ha veduta chiusa la fontana de gli occhi non ha potuto far che non versi [57 ] fuori da qualche altro lato la sua infinita gentilezza, si\ come a punto aviene di quei luoghi alti spongosi di dentro che, perduta una vena donde spicciavano I'acqua di che erano pregni, necessariamente se ne formano una altra. E perche/ I'abitazione ha da esser simile all'abitatore, non potendo questo virtuoso affetto comparire negli occhi, che e\ la piu\ bella parte di tutte le altre, dovea eleggerne una altra delle piu\ belle che potesse, edessendo costretto a discostarsi da gli occhi per I'arsura loro 30 ch'estingue la sua morbidezza [57 ] gli e\ convenuto abbandonar la faccia e discostarsene ben lungi, ne/ veggendosi parte alcuna discoperta piu\ lontana dal volto ne/ piu\ prossima ad esso di belta\ di quella della mano, alla mano se n'e\ andato e ivi si discopre. Ma gli occhi invidiosi vedute le vaghezze di che la mano non e\ mai scarsa a chi la contempla, portano I'aviso alla donna e I'aver- tiscono di questo fatto contrario alla intenzione di essa. Onde ella che e\ non meno iraconda che implacabile aspramente coruciata recando a se/ sdegno e morte all'amante veste subito la sua mano. 226 [ 58r] 67. Far potess'io vendetta Alla fine non potendo piu\ sofferire che cosi\ spesso e cosi\ lungamente gli sia nascosta quella mano entra in suspizione ch'essa non sia d'accordo con gli occhi, e che non s'appiatti a posta per star cieca e sorda contra lui accio\ che non s'ab- bia a movere a pieta\ del suo tormento quasi che sia atta a vederlo e ad udirlo, ma la gran passione fa ch'egli non solo si muti da quel pensiero che avea della tanta gentilezza che fosse in lei e ch'ora la giudichitimpia, ma le assegni ancora 10 qualita\ che vi si possono ben imaginare ha non gia\ credere. Perche/ ci imaginiamo anco le cose che sappiamo non esserci, come che siamo in Francia con tutto che [ 58 ] noi siamo in Italia, o che voliamo con tutto che cio\ sia impossibile e del credere non e\ cosi\. Essendo esso intorno a quello che overo e\ in effetto tale quale e\ creduto, overo ragionevolmente o secondo noi dovreb- be esser tale. Cosi\ I'amante adirato contra la mano desidera di vendicarsene. E non potendo farne altro mostra di satisfarsi in questo, che ove ella non vuole esser veduta egli continuera\ di celebrarla per virtu\ dell'efficacia d'Amore in modo tale, che 20 la dipingera\ a tutto il mondo e ove similmente ella si pensa di tenergli il core, egli con I'intelletto se la rendera\ presente. E si\ come anche lontano da lei la vedra\, cosi\ riavera\ insieme il core che gli tolse quando si nascose nel guanto. [59 r] 69. Ben comprender vorrei Se ben credeva di valersi tanto della forza dell'imaginazione e della lingua che con tutto che la mano fosse occultata egli nondimeno dovesse da se/ porrela dinanzi e divolgarla d'ogni intor- no, non ha potuto pero\ conseguire I'intento suo. Ma si e\ aveduto che I'amore senza fondamento del senso e\ tra noi molto debile. 30 E che non basta pensare alla cosa amata e ragionarne, ma bisogna anche poter esser con lei e vederla. Perche/ altramente che e\ forte inamorato a lungo andare per la troppa lunga assenza di troppo ardore abbruscia o finalmente si raffredda. Egli [59 ] adunque poi che gli manca il nutrimento degli occhi onde suol vivere, va avicinandosi alla disperazione. E ove diceva che non pure il guanto, ma ne/ uno scoglio potrebbe torgli dagli occhi 227 la vista di quella mano ora tiene che un'omhra non che un velo potrebbe impedirgliela. Essendosi fatto cauto per I'e- sperienza che quando il senso si ricerca per la perfezione d'alcuna cosa la parola e il pensiero non vi aggiungono. 71. La sempre fiera e onorata spoglia Considerando che il guanto allora [60 ] onorato quando veste la mano della donna e insieme allora crudele perche/ &liela nasconde, spoglia lui dell'anima nel far I'ufficio del vestire essa, e vedendo che tutte le parti della persona di lei sono 10 coperte per essere in cio\ I'arte non imitatrice e compagna del- la natura ma nimica sua coprendo le bellezze naturali e divine che dovrebbono essere perpetuamente ignude, non sa piu\ dove voltarsi per ricuperare I'anima perduta se non si volge al viso che e\ discoperto ma che poi gli minaccia estrema ruina es- sendo armato [60 ] di strali che si riserhano all'uccisione di lui. E perche/ gli pare che meglio sia dolcemente e tosto morire che gir mendicando una vita penosa quale e\ quella ch'egli cerca nascostamente di procacciarsi dalla cosa amata ora da un verso ora da un altro, e la quale con tutto questo non puo\ mai impe- 20 trare a sufficienza, si risolve di dirizzare gli occhi alla faccia della sua donna accio\ che come da crudelissima tosto sia ucciso; e come ucciso da bellissima, dolcemente se ne muora. [61r] Del sentir la corrispondenza d'Amore 72. Quando pensai che piu\ m'avesse a schivo Negli affetti eccessivi dell'animo quando la perturbazione e\ di maniera agitata che arriva al suo colmo e si fa conoscere per tale che veramente vi sia arrivata, ancora che non socceda I'effetto che si puo\ aspettare da un accidente simile, non resta pero\ che il caso non abbia avuto I'indizio della sua 30 grandezza. Si\ come ora si conosce nell'ultima risoluzione di questo amante che disposto di proseguir I'amor suo verso la sua donna e non potendo piu\ continuarlo, non delibera di desi- stere dall'impresa col pigliar partito di nuovo [61 ] inamoramento e col nuovo cacciar il vecchio o d'applicar la mente a qualche altra diversissima professione o d'allontanarsi dalla'comd amata o di mutare il preso proponimento in qualche altra via, ma elegge 228 di finir la vita prima che I'amore. Il qual fine sta attendendo da una terribile ributtata della donna che al sicuro il certifichi dell'odio ch'ella gli porti e I'accori insieme. E benche/ I'atto del morire non segua, vi si e\ arrivato nondimeno [62 ] di passo in passo. E i precedenti segni della esclusione dell'amore e della vita ancora sono apparsi a bastanza. Ma dovendo soccedere la corrispondenza della donna, ora e\ stato il tempo opportuno ch'ella conoscendo la constante vera lealta\ di chi I'ama non soffra di tentar piu\ oltre la pazienza di lui. E per esser tanto piu\ 10 grati i beni quanto piu\ fuori d'ogni aspettazione soprarrivano,e in cio\ avendo essi tanto maggior forza d astraer l'animo, e\ avenu- to che I'amante che si credea di perire a quei colpi che andava a ricever dalla cosa amata, e che per I'opposito se la trova beni- gnissima rimanga di modo [62 ] beatificato dalle bellezze tutte insieme unite e sicuramente godute che si sollievi sopra di se/ e penetri con la mente rapita ai Cieli I'alta gloria di la\ su. Il quale effetto pensarono gli antichi che fosse furor divino che ac- cendesse quei soli, che hanno la perfezione o del profet izzare o dell'esporre i sacri misteri o delpoetare o dell'arder nell'amore. 20 Ed egli percio\ ove prima si mise a parlar con bassi termini privi d'ogni baldanza e propri de i miserabili, ma pero\ che risonavano in parte gli usati accenti amorosi, vista poi ne i movimenti della donna sua la somiglianza del [63 ] Paradiso, cango\ concetto e stile, e sormonto\ assai piu\ che facesse mai per tempo alcuno. E non poten- do esplicare il secreto della immensa belta\ che vide e dell'infini- to piacere che senti\, ricorre a quegli eletti che stanno piu\ appres- so a Dio, e dice che quando essi avranno espresso il diletto loro, egli da quella espressione pigliera\ parole con che potra\ notificare il suo. E si\ come ha comparato la sua vista a quella del Paradi- 30 so, cosi\ prende quei che vi stanno, e che dechiarando I'affetto che e\ in essi, diranno quel medesimo .che e\ in lui o cosa simile [63v] E questa vista e\ molto al proposito per quelle tre parti visibili e molto spir tuali e vaghe nella donna che si sono poste nell'op- portunita\ che I'amante colse a caso quando ando\ a vederla percio\ che ella alzo\ la mano ignuda verso la faccia, rise, e giro\ sguardi soavi, e la mano massime in quel moto per la lucidezza e purita\ sua, e per il rivolgimento si confa\ col Cielo. El riso con la scintillazione; e il guardo col lume le quali due parti sono nel Cielo parimente e il lume rende luce, e per la luce s'intende 229 il conoscere, e la sintillazione dinota I'amor che e\ il [ 64 ] ben volere, e il Cielo si pone per la letizia che e\ il possederlo percio\ che letificati sono quei che hanno conseguito I'intero adempimento dei desideri. Il quale consiste nella sola possessione celestiale, e quei posseg ono il Cielo che l'hanno veramente voluto. E quei veramente I'hanno voluto che lo hanno ben conosciuto. Per modo che la luce fa I'amore, e I'amore la letiziaje la letizia e\ nella mano per la possessione che si prende da essa, e I'amore nel riso, essendo solito di sorridersi, quando si vuol significar 10 buona volonta dell'animo [64 ] e la luce e\ nel guardo veggendosi apertamente che esso la partorisce, e gli eletti di Dio ascendono per tutti tre questi gradi donde I'alto lor disio di gloria divina quanto alla luce li rischiara: quanto all'amore li stimola e quanto alla letizia gli acqueta. Di maniera ch'essi godono quella tripartita dilettazione che questo amore provo\ in un raccolta, ed egli per comprender il misterio de i tre piaceri nati da queste tre bellezze nella guisa che solevano far i caballisti usa una parola pregnante con la quale viene ad abbracciarli perche\ dice a quelle anime elette, ditemi [65 ] che piacer vi formi Dio, e 20 intende che piacer vi formi Dio, cio\ e\ vi rappresenti Dio: che e\ la luce che fa conoscerlo. E che piacer vi formi Dio, cio\ e\ Dio in fori da in voi: che e\ I'amore, che fa volerlo. E che piacer vi formi Dio, cio\ e\ vi faccia diventar Dio medesimo che e\ letizia, che fa possederlo. E cosi\ questa parola Formare ha avuto questa efficacia, accio\ che in soggetto cosi\ alto si pren- desse qualche termine della sacra e occulta dottrina. 73. Non si\ tosto Madonna riguardommi v Con due invenzioni si spiana questo [65 ] medesimo concetto secon- do I'ordinario corso degli amanti, percio\ che chi amando giunge 30 alla impetrazione della corrispondenza, e all'improv iso sente I'affetto di tal dolcezza senza alcun dubbio s'inalza con I'in- telletto e va in spirito, ma poi passato quel punto ritorna uomo come prima se non che intanto e\ da piu\ che non era dinanzi in quanto che ha composto I'animo, ha acquietato I'intelletto e si e\ aggrandito col duplicar la vita per il guadagno fatto di quella della cosa amata. Primieramente si dice come il cor fosse rapito in quegli atti tanto leggiadri [66 ] e di poi nell'altra inventione 230 come fosse rimesso al luogo suo. E intorno alla rapina si dividono i movimenti della donna in questa guisa, che lo sguar- do di lei aperse la strada per gli occhi dell'amante donde il cor gli dovea uscire, e il riso I'alletto\ di modo, che il fece uscir fuori, e la mano ripentinamente il prese all'uscita. E tanto e\ il piacere che ebbe di tal perdita, e/erche/ iu con soa- vita\ maravigliosa e non con punto di violenza, che non pote/ di poi veder altro che quella mano e quegli altri due Ministri [66v ]che furono complici compagni e processori nel furto, cio\ 10 e\ il guardo e il riso; non potendo egli piegar I'intelletto ad altre parti che a quelle che gli tengono il core. Perche/ ove e\ il suo core ivi e\ il suo bene, e ove e\ il suo bene, la\ si transferisce la mente e la voglia sua. E perche/ al possesso che ha della donna, concorrono prima il conoscerla bene e il vo- lerla efficacemente, di ragione s'e\ fatto che dopo il guardo seguiti il riso, e dopo il riso la mano, essendosi dichiarato che la mano e\ la possessione, il riso la volonta\ e il guardo la cognizione. 74. Deh rendetemi il Core 20 [67 ] Ripiglia I'amante il suo core cosi\ perfetto e pieno di tanta dilettazione che dubita che non sia il suo, e in effetto non e\ il suo. Ma perche/ se bene egli sente la corrispondenza e puo\ credere che la donna si sia transformata in lui, non ha pero\ anche la intera certezza, non potendo essere questa total transformazione cosi\ presta, egli sta in dubbio se sia il suo o altro core. Ne/ altro puo\ essere che quello della cosa amata che col tirar a se/ quello dell'amante gli ha mandato il suo in luogo d'esso. Ma egli tutto occupato nel [ 67 ] godimento del piacere non vuol ora contemplar sesia o non sia il core 30 della donna. Oltra che non osa di parlare ancora tanto inanzi. E qui si vede la possanza dell'affetto sensuale e insieme la condizione della corrispondenza. Che se ben si fa in un momento, non e\ pero\ conosciuta allora ch'e\ fatta, ma bisogna seguitar piu\ avanti, e veder se gli effetti sono conformi alle accoglienze alle parole e alla volonta\, che allora se n'ha certificazione assai maggiore. E cosi\ anche non fu la risposta della donna in un subito [68 ]ma con debita consulta: acci\o che l'amore venisse 231 ad essere tanto piu\ sicuro che quando I'amante dimando\ alla donna grazia che gli volesse rendere il core, ella non gli ri- spose allora, ma stette sopra di se/ edegli partito e poi ritor- nato la vide in quel gesto, dal quale conobbe tralucere la gra- ziosa concessione, che tanto gli satisfece che egli ardi\ di dire che avea tal parte di lei, che cosi\ la goderebbe quando non fosse alla presenza sua, come quando non vi si trovasse. Ora in questo accidente e\ occorso il medesimo che di prima [68v] cio\ e\ che il guardo aperse la strada allo amante all'entrare non all'uscire, 10 accio\ che il core vi andasse, e il riso fece gircelo, e la mano vel colloco\. Per modo ch'esso amante senti\ aprirsi la chiusa via perche/ mai piu\ in questa guisa non era stata aperta, non avendo egli prima che ora ricevuto I'amor della donna. La quale apertura ha relazione al guardo. E li spiriti s'unirono essendo che nelle perfette azioni sogliono restringersi. La quale unione e\ posta per rispetto del riso. E I'alma ritorno\ nel petto, per essersere partita alla trasformazione che fece di se/ nella cosa amata. Il quale [69 ] ritorno concerne l'effetto della mano. 76. S'a un dolce sguardo di madonna i" pero 20 Perche/ la luce e\ origine dell'amore e del possesso della cosa amata conseguita ch'essa sia perfettamente dall'amante ne segue senza alcun dubbio la total perfezione di lui. Percio\ che otte- nuta la grazia della donna, e postosi a riguardarla negli occhi che e\ la parte piu\ spirituale di tutte I'altre, parendogli di aver trovata la strada di penetrarle nel core, e con la continuazione degli sguardi [69 ] accorgendosi di averla trovata e di non esser- ne punto ributtato s'avanza di maniera che per goder I'animo pu- rissimo della cosa amata spoglia il suo della qualita\ impura che e\ comune co' brutti animali e che manca insieme con l'estinzione 30 del corpo. E in guisa I'assottiglia con la mente che I'intelletto si separa dal resto dell'anima. Talche/ I'amante rimirando quegli occhi e avendo in essi tutto I'intelletto suo vi rimira I'intelletto parimente il quale per essere la celeste particella che Dio ci ha dato, essendo visto da noi per consequenza il [70 ] sommo bene e\ ancora da noi veduto e perche/ il veder I'immortalita\ cosi\ libera- mente e\ il possederla, ne nasce che il sommo bene siaporcio\ pos- seduto. E chi gode questo participa del Paradiso. Per modo che 232 godendone I'amante con la vista della donna e\ del Paradiso similmente participe. Ma in tal caso aviene che il disgiungere I'intelletto dal senso sia come specie di morte. Perche/ la tanta contemplazione che solleva tanto li spiriti migliori fa che il corpo resti come essanimato. E si\ come veramente si more quando tutta I'anima si parte da tutto il [70 ] corpo, cosi quando I'una principale facolta\ dell'animo si divide dall'altra principa- le, si fa un passaggio in parte simile a quello della morte. pero\ conoscendo I'amante che in un certo modo egli a un dolce sguardo della donna viene a perire, ragiona col suo more, e gli dimanda donde avenga ch'egli volontariamente e volentieri se ne corra a quella morte, e essendogli risposto da more che il suo fi- ne e\ di morire quanto all'anima corporea, ma non quanto allin- tellettiva, che e\ divina; e che percio\ buona e\ la sua elezione, volendosi sempre il meglio e essendo meglio il perire quanto al [71r] corpo e il viver quanto all'intelletto che il contrario, con- ferma che e\ cosi\ apunto, ma dubita come possa essere che in uno accidente cosi\ grave non senta tale violenza, che si disfaccia. Percio\ che volendo egli pure sempre correre a quegli sguardi bi- 20 sogna che voglia questo perche/ sia cosa buona, e che esseguisca la volonta\, perche/ sia cosa riuscibile. Della volonta\ si e\ parla- to nel primo dubbio, ora si tratta nel secondo della essecuzione e Amor gli risponde, che questo non e\ un salto da un estremo ad un altro, ma che vi e\ di mezzo la purgazione fatta col debito modo. Percio\ che la donna col raggio de' suoi lumi a poco a poco tira a se/ la piu\ nobil parte dell'anima [71 ] e cosi\ la libera da gli impedimenti delle perturbazioni e della fragilita\, che la purifica. E fatta pura e vista tale da esso amante n'e\ nata la separazione e la beazione senza che I'anima sia stata punto violentata. Adunque 30 levati nella sud etta maniera i due dubbi si conchiude che la donna con la luce degli occhi e con la gioila che ne deriva e\ qua giu\ I'imagine del Paradiso, e che e\ soprema felicita\ il goderla. 75. Perche/ il mio amor scopriste Quantunque la donna quando le pare che ne sia il tempo faccia la esser allacciati insieme di vero nodo d'amore e\ Mecessario ch'egli fosse di tanto valore nel tempo ch'elesse d'amar lei, che in buona 233 parte fosse atto a destarla a riamarlo. E s'ha pero\ da credere ch'ella fin da principio inclinasse I'animo verso lui. Ora ch'egli ha sentito la corrispondenza conclusa per la divinita\ veduta negli occhi della donna si e\ accorto di questo nel tornargli a mente un atto che gia vide e noto ma non intese. E si come crede d'esser totalmente derelitto dalla donna ando\ pensando a quei suoi gesti del tempo passato dai quali potesse meglio compren- dere la sua [72 ] disaventura che fu della mano di lei che 10 col levar la sua e poi col ritirarsi gli fece conietturar che ella volea dirgli esser disciolta dai legami d'amore; cosi\ di presente per trovarsi di contraria opinione s'imagina da altre cose pagsate tra lui e lei contrario accidente. Per- cio\ che si ricorda che gia\ quando ella non gli era scarsa di qualche suo dolce sguardo occorse che egli per discoprirle I'amor suo si cavo\ il guanto e con modo che con le ciglia le chiedeva pieta\ glie lo espose, ed ella per I'opposito si mise il guanto e soavemente il risguardo\; ne/ potendo in quel tempo intenderla, ha ora conosciuto quello ch'ella volse 20 [73 ] allora di notare che e\ che ben gli avea compassione e che I'amava si\ come era significato dal guardo, ma che biso- gnava tener celata questa sua intenzione in quella guisa che I'atto del nasconder la mano gli volea inferire. E perche/ il significato era pur assai ben chiaro, si scusa se non po- te/ capirlo per essere stata tanta la dolcezza di quel movi- mento che li spiriti suoi da essa soprapresi gli tolsero le forze del discorso. 78. Novo piacer che in me da voi distilla Sentita e certificata la corrispondmnza d'amore restavi la di corripondenza che e\ stata il fine dell'amante, percio\ che egli nel principio dell'innamoramento loco\ I'animo suo nella cosa amata, accio\ che anche una volta ella facesse il medesi- mo verso lui, essendo perfetto quello amore che consiste nel- la parte perfetta, qual e\ la intellettiva e dove e\ il meglio si lascia sempre il men buono. Per modo che quando gli animi siano congiunti si che I'uno goda dell'altro, la congiunzione corporale non vi puo\ capire propriamente non potendo avervi 234 luogo il piacere men [74r] nobile ove il piu\ nobile e in opera. E se il senso concorre con I'intelletto come e\ nel vedere e udir la donna, esso e\ instrumento e mezzo al contemplarla e non e\ principale, come sarebbe negli amori venerei, ne' quali cessa la prima contemplazione. Ma perche/ potrebbe occorrere che con nodo legitimo questi amanti personalmente si stringes- sero, in tal caso si direbbe che quello atto fosse accessorio e che piu\ tosto come naturale che come volontario dovesse essere desiderato e che intanto e\ commendato in quanto noi siamo compo- si di natura e di [74 ] intelletto; e non possiamo talmente ri- mover I'uno dall'altra, che sia in nostra faculta\ I'abbandonar la natura e I'essercitar sempre I'intelletto. La quale perpetua essercitazione e\ sola di Dio e delle divine creature. Ed e\ vera felicita\, che per la debolezza de' nostri corpi e per la variazione delle cose fortuite non puo\ mai ritrovarsi in questo mondo compitamente, e se ben Dio contempla sempre se stesso per non peggiorar di condizione, come farebbe se mirasse cosa alcuna altra, perche/ ogni altra cosa e\ inferiore a lui, non pero\ I'uomo ha tal forza che conosciuta che ha I'eccellentissima 20 operazione della mente [75 ] possa con essa perpetuare; anzi non solo e\ necessitato a partirsi dal miglior bene col rila- sciar I'arco della speculazione e col satisfar a i sensi, ma operando anche intellettivamente non puo\ sempre esser intorno al piu\ degno oggetto, e bisogna che vada variando, e che per- cio\ si discosti ora piu\ ora meno dalla somma felicita\, per- che/ altrimente ascendendo e sempre piu\ attenuandosi i nostri spiriti il corpo ch'e\ I'albergo loro si raffredderebbe in guisa, che con I'essalazione dell'intelletto, esso parimente verrebbe tosto ad estinguersi. Laonde avendo [75 ] l'amante 30 I'intento suo per la congiunzi\one dell'animo della donna col suo e del suo con quello della donna, conclude che se troppo stessero nella efficacissima conteplazione, ove daprima si disse che I'amante da una morte guadagnava due vite, si direbbe di poi tutto I'opposito. E per esserdue i piaceri maggiori che s'abbiano amando quello dell'eleggere la cosa amata, e quello di conseguirne I'amore reciproco, I'amante pone ora che novo sia il piacere che distilla dalla donna in lui, 235 essendo stato prima il piacere ch'egli ha sentito [76r] l1 che der'iva da lui nel trasformarsi nella donna, e essendo di presente quello che riceve nella tramutazione che fa la donna di se in lui. E conoscendo egli che il perfetto amore e\ la cognizione di cosa perfetta, tanto si profonda nella cosa amata che s'inebria di lei, e non pur gode il sommo bene ma sfavilla per la continuazione del go- dimento che egli desidera. E si\ come egli porta I'anima sua in quella della donna, per non poter egli vivercfuori di lei, 10 cosi\ la donna non potendone star senza porta la sua [76v] in quella di lui, onde avi ene che ambi vanno girando di pensiero in pensiero tanto amando I'amante se stesso, quanto e\ amato dalla cosa amata. E amando egli la cosa amata per amar se stesso amato dalla cosa amata. Ed e\ fatto il medesimo dall'altra parte. Il che mostra esser venuto vero quanto si disse da principio, cioe che I'amante col sentir una morte quale era il separar I'anima da se/ e darla alla donna con amor reciproco farebbe acquisto di due vite, dovendo poi aver la sua in quella della donna e quella della donna nella sua. 20 Ma essendosi detto che il troppo affiger la mente nelle [77 ] perfette considerazioni la debilita e puo\ far disvenir lei con lo svenimento di tutta la persona, egli inferisce che quando sono presente si\ che il senso accompagni I'intelletto e gli presti vigore, che e\ quando presentialmente si veggono e rimirano il moto dei giri degli animi loro e\ tale che si ritringe e si fa sempre piu\ veloce, assimigliandosi in questo all'ultimo cerchio delle Gierarchie del Cielo. E dinota che tanto rapido sia questo amore per la prontezza della volonta\ che I'avviva, e accende infinitamente che la natura [77v] 30 non vi puo\ resistere, e che a posta fa marcar le forze delli spiriti, accio\ che nell'immenso desiderio la virtu\ dei cori non si distemperi. Si\ che.socceda il sopradetto caso dell'in- correre in due morti per voglia di troppo vivere: I'una delle quali e\ la risoluzione dell'intelletto, I'altra I'essanimazione del corpo, che facilmente suol avenire a chi e\ troppo contempla- tivo. E questo sarebbe effetto totalmente contrario alla in- tenzionc dell'amante, che si\ come abbiamo detto si mise alla 236 impresa d'amor per far con una morte sola il guadagno di due vite. Onde si fa una ferma conclusione, che nell'amor one- stissimo [78 ] si dee anche ricreare i sentimenti e che qui tra noi non puo\ conseguirsi il perfetto amore che sta nel Cielo; e che come animali razionali e uomini debbiamo amar ragionevolmente e umanamente insieme. Ne/ per ora mi resta che dir altro sopra questa orditura d'amore. 237 [79r]11 primo numero e\ de i Discorsi il secondo e\ dei Versi chiamati gli Amori. Gli Amori 3.1. Dell'inamorarsi 10.3 Quando i due lumi in voi fiso drizzai 10.3. Del conoscere i termini del proprio amore 17.4 Se il viso e gli atti e le parole e i guardi 17.4 So che mi dite se in non pari amanti 26.5 Non come a me vo' ch'a me gli occhi alzate 31.7 10 Altra luce non ho che i lumi cari 33.9 Del voler proseguir I'amore 35.12 Veggo madonna e la mia forza miro 35.12 Benche/ colei che con virtu\ mi scorge 38.13 Tempo saria ch'admia donna gissi 39.14 Del trovarsi inesperto 41.15 Sento gelar tutte le parti estreme 41.15 [79v] Poi ch'io son giunto al vostro almo conspetto 44.16 Se la voce interrotta e la favella 46.18 Cosi\ vivo e\ I'amore 46.19 20 Dipinto porto ne la faccia il foco 47.20 Del non avere I'assenso. 47.21 La lingua che non e\ dal cor diversa 47.21 Sol godo allor che del mio foco parlo 51.22 Amor che vede ch'io narrar non posso 53.24 Alfin cangiato e\ amor che si\ m'attrista 57.26 O maligno venen ch'apre la via. 59.28 Forse ch'ella nol crede 60.30 Dell'avere un assenso per un altro 63.32 Di que' bei guardi che ferito m'hanno 63.32 30 Volava ardendo Amor la terra e il ciel 64.33 Con voi giocando Amore a voi simile 66.34 Amor seco mirando. 67.35. [80r] Dell'imaginarsi I'assenso negato. 69.38. Se veder voglio, ascolto, e s'udir deggio. 69.38. Ne i vivi giri de le due fiammelle. 72.39. Tra rose aperte e tra lucenti raggi. 74'41' 238 Pallido mi dicestee a voi fu strano. 80.45. Con la sua bianca mano a me si mosse. 81.46.. Questi guardi questi occhi questo viso. 84.48.. Le lagrime e lefiamme. 86.62. Vi par ch'esser debbiate. 88.53: Dea\ cercar refrigerio nel tormento. 89.54. Torno piu\ volte ad affissar la vista'. 89.54. [80 ] Era mezzu vestita e mezzo ignuda. 93.55. Per far che gli occhi miei fosser di talpe. 97.56. Ne l'atto che la mano a gli occhi corre. 98.57. Si come a i freschi/ mattutini rai. 99.58. Par che un spirto ragione. 99.59. Del cercare un refrigio n lungo d'un altro. 100.61.